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Bonus 18app: il caso che lega il Governo, la Cultura, la Gen Z, il “goblin mode” e il desiderio
Politica e opinioni
<<Non aboliamo la App 18. È una fake news>>. Così Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, ha cercato di schermarsi dalle accuse moltiplicatesi nelle ultime ore, a seguito della diffusione della notizia che riguarda il nuovo emendamento all’articolo 108 della Legge di Bilancio avanzato dalla maggioranza. L’emendamento è a firma è dello stesso Mollicone, assieme agli onorevoli Rossano Sasso (Lega) e Rita Dalla Chiesa (FI) e consiste nell’abrogazione del Bonus 18app a favore di una redistribuzione delle risorse su altri settori culturali, dallo spettacolo all’editoria. Alcuni non hanno superato il primo vaglio, giudicate inammissibili, tra cui il finanziamento del 150esimo anniversario della nascita di Guglielmo Marconi o della rievocazione storica della “Girandola” di Roma, spettacolo pirotecnico che celebra la fondazione della Guardia svizzera pontificia. <<È tutta propaganda, non abbiamo detto che aboliamo il bonus cultura e basta, le opposizioni difendono un totem>> ha anche affermato Mollicone nello stesso intervento. Fatto sta che il Bonus come lo conosciamo adesso smetterà di esistere e verrà sostituito da una nuova Carta cultura, con benefici legati alla soglia Isee. Con quali modalità, si deciderà a partire dai primi di gennaio, a seguito di alcuni incontri con diverse categorie coinvolte.
Il Bonus 18app e il legame con la generazione della post pandemia
Ma a cosa serve il bonus 18 app? Istituito nel 2016 per iniziativa di Matteo Renzi, consente a tutti i giovani che abbiano compiuto 18 anni di spendere 500 euro in cultura, con un ventaglio di opzioni che comprende non solo libri, ma anche cinema, teatro, spettacoli, concerti, biglietti per musei, mostre, aree archeologiche, parchi naturali; può essere speso in corsi di lingua straniera ma anche musica e recitazione. A chiedere il proprio “regalo dei 18 anni” sono stati oltre 440 mila giovani nell’ultimo anno, generando una spesa di più di 220 milioni di euro. Un trend in crescita, che nel 2017 registrava 356mila utenti e che ha visto superarsi progressivamente di anno in anno. Inutile dire che il flusso di spesa registrato abbia un’incidenza particolarmente significativa nell’era post pandemica, in cui le perdite di tutti i settori della cultura incidono ancora pesantemente nel bilancio. Al di là di numeri e statistiche, tuttavia, il dato su cui soffermarsi è puramente umano, oltre che generazionale. Riguarda in modo diretto la cosiddetta “Gen Z”, la generazione che ha avvertito su di sé il peso maggiore di ripetuti lockdown, della “scuola da remoto”, delle interazioni che si smaterializzano sempre più nella dimensione digitale, di un mondo “analogico” sempre meno accattivante. La dimostrazione la offre l’Oxford Dictionary, che ha eletto come Parola dell’anno 2022 “Goblin Mode”. Ovvero, quella voglia innata di essere impresentabili, di non fare proprio nulla, di starsene sul divano assorbiti da uno schermo, incuranti del mondo e dell’healty food. Un atto di ribellione contro gli onnipresenti standard da prestazione, è vero, ma anche una voglia sempre più diffusa di solitudine e autoisolamento, di rifiuto, in definitiva, del mondo che si anima fuori dalla porta di casa. Ma cosa c’entra tutto questo con l’imminente cancellazione del Bonus cultura?
Cultura come esperienza condivisa e fonte di connessione
Mi pare non casuale che, ogni opzione in cui è possibile spendere il bonus, sia rivolta a una forma di collettività: un concerto, uno spettacolo a teatro, una serata al cinema, una visita al museo, un corso di recitazione, sono tutte attività che difficilmente si svolgono in solitaria. È quindi lecito pensare che, oltre al bisogno di “imparare qualcosa di nuovo” vi sia la necessità di condividere un’esperienza culturale con gli altri, stringere nuovi legami, inserirsi in nuove forme di comunità? È quindi vero che la cultura, oltre all’economia, agisce su diversi livelli esistenziali di un’intera generazione? Si potrebbe anche dire che, secondo i dati, la spesa maggiore è stata destinata ai libri (circa l’80%). Eppure, le ultime tendenze ci raccontano come anche la lettura non sia più così tanto un’attività da svolgere in solitaria: dalle sessioni di lettura collettiva su TikTok – animate da nuovi influencer chiamati “booktoker” che godono di ampio seguito soprattutto tra i più giovani – alla prolificazione di festival di letteratura in cui ascoltare e incontrare gli autori è avvertito sempre più come una necessità. Il bonus, infine, agisce su ciò che a 18 anni è solitamente vivido e confuso allo stesso tempo: il desiderio. La questione del desiderio non è di certo secondaria. Insomma, come li spenderò questi 500 euro? Solo porsi questa domanda vuol dire affrontare tutta una serie di interrogativi che rimangono irrisolti nella maggior parte di noi per tutta la vita (e questo è bellissimo): cosa mi piace? In cosa vorrei investire il mio tempo e la mia attenzione? Quali sono gli interessi che vorrei coltivare? In definitiva: chi sono?
Cultura come costruzione del desiderio e dell’identità collettiva
Ecco che il desiderio diventa una forma di tensione, analisi, introspezione, autodeterminazione genuina. Uno spazio in cui la ricerca rappresenta più il mezzo del fine, in cui il fallimento è concesso e la sperimentazione parte del tentativo di costruzione di qualcosa di più ampio. Un concetto ben espresso dalle parole di Chiara Valerio in un recente articolo di Repubblica, in cui l’autrice, parlando del concetto di merito, dice che <<la scuola insomma non è un posto dove essere misurati e messi in graduatoria ma è, prima di tutto, il luogo dove la Repubblica garantisce spazio e tempo per esercitare la curiosità di conoscere il mondo e la possibilità di comprenderlo e parteciparvi>>. Sono questi i fatti sociali e umani di cui il Governo dovrebbe tenere conto nei prossimi tempi, in cui l’emendamento vedrà la sua applicazione pratica. Un bisogno di cultura, cura e collettività che forse nessuna Girandola di Roma potrà rimpiazzare.
Posizione chiara e non di schieramento, Capacità di sintesi di un fatto importante. Brava bravissima