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“Via turpiloquio e sessismo dai luoghi della cultura”: Giuli e Sangiuliano intervengono sul caso MAXXI
Politica e opinioni
Inutile e pleonastico ripetere qui ciò che tanti giornali hanno già ampiamente riportato. Il turpiloquio andato “in scena” nella serata del 21 giugno al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma ha sollevato un caso di mobilitazione unico nel suo genere, che coinvolge dipendenti e vertici delle istituzioni e che a distanza di 10 giorni torna a far parlare di sé. Tutto questo parte dalla serata inaugurale dell’Estate al MAXXI che, anziché essere come di consueto un’occasione di incontro con il pubblico e presentazione del programma di incontri che anima la stagione romana, è diventata un grottesco teatrino con protagonisti il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi e il cantautore Morgan, amico di lunga data. Ciò che ne risulta è un momento di volgarità e sessismo totalmente anacronistico e decontestualizzato da quello che è il più importante museo di arte contemporanea pubblico d’Italia (tuttavia, ci si chiede, in quale contesto al mondo non lo sarebbe?). Uno spettacolo delirante e totalmente autoreferenziale che ha avuto come esito quello di offendere non solo il pubblico presente, ma anche chi quotidianamente rappresenta l’istituzione e lavora al suo interno.
Tanto che al MAXXI accade una cosa senza precedenti, ovvero viene inviata una lettera indirizzata al presidente del museo Alessandro Giuli firmata da 43 dipendenti su 49, la quasi totalità dell’organico. <<Con rammarico sentiamo di rappresentarle il nostro dispiacere per i contenuti degli interventi del sottosegretario prof. Vittorio Sgarbi che in nessun modo collimano con i valori che da sempre hanno contraddistinto il nostro lavoro all’interno di questa istituzione, luogo di cultura libera, inclusiva e critica nei confronti di pregiudizi e luoghi comuni>>, si legge nella lettera, alla quale Giuli risponde invitando i dipendenti a un colloquio individuale e privato. Nel frattempo, il caso fa il giro della stampa e viene condannato da intellettuali e protagonisti della cultura, immortalato da meme e ironia social. Come, ad esempio, Giovanna Melandri, ex Presidente del MAXXI, che scrive sui propri canali: << È dal 12 dicembre, giorno del passaggio di consegne, che ho ritenuto più appropriato e istituzionalmente corretto non commentare mai le vicende del Maxxi, che merita sempre di essere amato, tutelato e rispettato come luogo di ricerca, bellezza e innovazione. Però di fronte a questo spettacolo non posso sottrarmi. Oggi provo sgomento e davvero una grande tristezza>>.
A seguito dello scoppio mediatico anche il Ministro della Cultura si espone pubblicamente. <<Sono da sempre e categoricamente lontano da manifestazioni sessiste e dal turpiloquio, che giudico sempre e in ogni contesto inammissibili e ancor più in un luogo di cultura e da parte di chi rappresenta le Istituzioni. Il rispetto per le donne è una costante della mia vita. Per me essere conservatori significa avere una sostanza, uno stile e anche un’estetica di comportamento>>, dichiara Gennaro Sangiuliano, in una lettera firmata 2 luglio. <<La libertà di manifestazione del pensiero deve essere sempre massima e garantita a tutti, ma trova il suo limite nel rispetto delle persone>>. Ma quale pensiero?, sorge spontaneo domandarsi. E prosegue, <<anche le forme dell’espressione non devono mai ledere la dignità altrui. Le istituzioni culturali, e so che Alessandro Giuli è d’accordo con me, devono essere aperte e plurali ma lontane da ogni forma di volgarità. Chi le rappresenta deve mantenere un rigore più alto di altri>>. A questo punto giungono le scuse di Giuli, che le presenta direttamente al Tg1, affermando, <<mi sento di sottoscrivere completamente e convintamente le osservazioni di Sangiuliano: il turpiloquio e il sessismo non possono avere diritto di cittadinanza nel discorso pubblico e in particolare nei luoghi della cultura. Quindi a posteriori non c’è spazio per alcuna considerazione che ricalchi lo schema che abbiamo visto nell’inaugurazione dell’Estate al MAXXI. Tutto nasceva con presupposti diversi, doveva essere una libera e mite conversazione tra un artista e un sottosegretario>>, aggiungendo, <<non ho alcuna difficoltà a dirmi rammaricato e a chiedere scusa alle dipendenti e ai dipendenti del MAXXI con cui fin dall’inizio ho condiviso questo disagio. Sono scuse che il MAXXI fa a se stesso e a tutte le persone che si sono legittimamente sentite offese da una serata che nei presupposti doveva andare su un altro binario>>.
Un commento ben accolto dai dipendenti, i quali diffondono una seconda lettera dai toni concilianti per far sapere che: <<in nessun modo le nostre parole erano intese come atto di sfiducia nei confronti della presidenza della Fondazione, piuttosto erano volte a consolidare il dialogo costruttivo e aperto. Nel rinnovarle la piena fiducia, cogliamo l’occasione per ringraziarla del confronto e del tempo che ci ha dedicato>>. Una brutta vicenda che pare essersi risolta candidamente, con la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti. Meno che dal diretto interessato, il quale si è già dichiarato innocente e vittima di fraintendimento (argomentazioni simili, come da manuale, sono solite tirare in ballo termini come “espressività creativa” e “cancel culture”, usate in modo inappropriato). Ha inoltre precisato che in nessun caso intende dimettersi dalla sua carica pubblica, non ritenendo quanto accaduto di alcuna gravità. Il rischio di un bis è dunque dietro l’angolo e il danno non può essere altro che collettivo.