03 maggio 2013

Dal Poverismo al Miseralismo

 
Si inaugura oggi alla galleria romana CO2 "Il teorema di Gauss", con tre opere di Mattiacci, Parmiggiani e Zorio scelte da tre giovani artisti, Gianni Delvè, Marco Morici e Giovanni Oberti e corredate tre testi critici. Da oggi i tre “junior” iniziano un lavoro in galleria sulle tre opere. Pubblichiamo il primo testo, Profezia sulla mostra, dove Gianni Garrera, tra altre osservazioni, punta l’indice sui rimuginatori che trasformano l’Arte Concettuale in arte concettosa

di

Claudio Parmiggiani, Senza titolo, 2009, 130x130 cm, delocazione con fumo e ali di farfalla, collezione Galleria Franca Mancini courtesy CO2

Profezia sulla mostra di Gianni Garrera
La mostra diventerà un parallelo o una disputa tra antichi e moderni. La contemporaneità ha già le sue antichità. Il moderno produce continuamente antichità, perché anche per i contemporanei è fatale diventare antichi. Dapprima saranno esposte le opere degli antichi (Mattiacci, Parmiggiani e Zorio). Anche se ogni possibilità presuppone qualcosa di reale, i tre moderni (Delvè, Morici e Oberti) potrebbero scegliere di non fare nulla: hanno tempo fino alla fine della mostra per operare. Intanto potranno atteggiarsi ad artisti e ostentare l’affinità con la promessa del proprio talento designato. Dovremo presagire i segni del loro futuro solo dagli ornamenti che porteranno addosso.
Secondo Schelling i fenomeni che si producono nelle opere degli antichi si costituiscono come paradigmi di principi costitutivi di entità presenti in natura in tutta la loro realtà. Se sono assolutamente ideali, le opere diventano assolutamente reali, cosicché, considerate dal lato reale, le forme dell’arte degli antichi diventano manifeste come corpi celesti. Esistono, quindi, astronomie che non hanno origine dal firmamento celeste. 
La fisionomia di un pianeta o di un astro, come quelli di Mattiacci, è un cosmo autonomo che ha una natura di influssi e di incidenza sull’identità, sugli umori e sulle fortune del mondo. Anche il ciclo del rinnovamento periodico dei movimenti artistici influisce sulla fortuna dell’umanità.
Il firmamento interno all’opera ha la stessa indipendenza di quello celeste, per il rapporto di corrispondenza e analogia tra entità appartenenti ad ambiti diversi. 
Gilberto Zorio Stella Rossini 2006, 160x130cm cuoio e rame collezione Galleria Franca Mancini courtesy CO2

Nell’influsso delle stelle sul mondo rientra anche quello delle stelle disegnate. Anzi, una stella tatuata da Zorio agisce sull’uomo più di una sfera celeste, ha il potere di annullare la separazione dei due firmamenti: quello microcosmico e il suo correlato macrocosmico. La natura della stella incisa nell’opera è fatta in modo da poter surrogare in avvenire una stella vera, la stella dipinta verrà scambiata con le vere stelle del cielo e potrà essere assunta in cielo come firmamento suppletivo nel momento in cui il vecchio cielo verrà arrotolato (Apocalisse 6, 14) e le stelle vigenti si spegneranno. Le costellazioni naturali non hanno avvenire e verranno armonicamente superate, nei nuovi cieli, dalle opere stellari degli uomini. Vi sono forze attrattive che procedono dai firmamenti autonomi di Zorio o Mattiacci. Sono opere riconducibili alla sfera sovralunare. E a proposito delle influenze astrali di questi lavori antichi sui tre moderni, i giovani, pur sapendo che rischiano la lunaticità, dovranno lasciarsi imprimere e costellare da queste opere, verificando la loro propensione a sottomettersi a simili astri. 
Invece (come fa Parmiggiani) le opere della sfera sublunare traducono la monotonia del tacito e infinito andare del tempo, affinché la minuta trasformazione di una successione di per sé insignificante e transeunte divenga una successione significante. Identificando traccia e aura, viene chiesto alla polvere di darci la nostra icona quotidiana, non tracciata da mano umana, in una fede nel panteismo del vestigio. 
È vero che in un’epoca riflettente, quando si vede comparire una figura, anche se introdotta con la massima parsimonia, sembra di vedere un fossile antidiluviano che richiami alla memoria un’altra forma di esistenza, quella in cui il figurativo aveva una parte importante nel mondo.
Questa non è più nemmeno un’epoca di riflettenti, ma di rimuginatori, per l’evoluzione dell’arte concettuale in arte concettosa, o analogamente, rispetto ai materiali, per il passaggio da una sorta di poverismo a un miserabilismo. 
Se gli antichi, come pensa Jonathan Swift, sono api che traggono dalla natura il loro miele, e i moderni sono ragni che filano dai propri escrementi, la modernità tesse preferibilmente opere escrementizie.
La rinuncia dei moderni ad assumere l’opera d’arte come categoria della totalità, significa non fare presa sull’elemento prosaico del pensiero. 
L’arte che sta sotto il segno dello stile miserabilista avrà attrazione per l’opera avvizzita e un po’ stantia, perseguirà l’avvilimento estetico, lavorerà più che mai sulle matrici balorde e stralunate, sulle patologie dell’opera, fino alla leziosità, appuntando l’attenzione sulla configurazione documentale dello scarto urbano nella sua formulazione più trita e perciò più pittoresca. Oppure sceglierà lo stile culinario dell’affumicazione dell’opera, dell’artisticità speziata e atmosferica.
Eliseo Mattiacci, Dinamica orizzontale, 2005, 235x15,5x10 cm, putrella in ferro, sfere di ferro, collezione Galleria Franca Mancini courtesy CO2

Il carattere plebeo di alcune opere potrebbe garantire ancora la loro grandezza? E se le opere mantenessero ancora una parentela, ormai del tutto fuori moda, con un’idea sorpassata di popolo? L’evoluzione delle stirpi estetiche ha implicato l’estinzione degli istinti popolari? È possibile che la scomparsa di una fantomatica ispirazione popolare e di un’appartenenza anche solo a un’ideologia di popolo cominci a farsi sentire nell’arte? L’arte moderna, trasformata in superfluità, si regge sulla legittimità di un lusso spirituale e spiritoso? L’obbligo di essere attuali e aggiornati è soggetto più all’attrattiva del progresso, al radicalizzarsi delle mode che alla fenomenologia della storia? E sfrutta solo la pendenza della contemporaneità? Se, a causa della complicità con la vanità della propria classe di provenienza, l’arte è per lo più l’occupazione dei figli di una classe doviziosa e egoista, non si rischierà mai più un’estetica armata, nemmeno una neutralità armata?
Tutt’al più, se gli antichi saranno visti come eccellenti vittime della coazione a ritornare su ognuno dei loro stereotipati motivi principali, come monotoni giri d’astri, i tre moderni potrebbero avere la sfacciataggine di sabotarli, semplicemente limitandosi a inserire sotto il quadro empireo di Zorio un comò o un divano, e così la disputa sarebbe risolta con lo scherno degli antichi, tacciati di essere diventati antiquati, compatibili con le condizioni domestiche degli appartamenti borghesi. Perché i tre giovani artisti sono i pretendenti e si potranno installare in galleria come i Proci.

2 Commenti

  1. …e dal miseralismo arrivando alla pedicure di schilling potrai passare alla stella cadente di zorio far west ? Ho dei dubbi..e poi se i tre artisti sono galoppo perchè non emigrano ad ariasfissiantopoli ? Cordialmente.

  2. la vera modernità tesse con la stessa materia dell’essere,è reale ed ideale insieme,progettualità mentale astratta e messa in opera concreta : computer art……Dio geometrizza il kosmos….l’ethos, il gesto soggettivo dell’artista-genio,la concettosità ecc. è merce rara – antica battuta ancora da sotheby’s,mummie tenute in vita ad arte da un sistema ormai morto che però si auto-definisce ancora vivo…….la vera arte è come il kosmos ri-producibile all’infinito senza perdita di qualità : ratio numerica.

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