L’operazione critica così allestita, ad ogni modo, nel contrapporre pur
schematicamente la destra di Sironi alla sinistra di Guttuso e
Vedova, consente all’osservatore di
riflettere un poco sulle dinamiche proprie di artisti e gruppi del secolo
scorso, così come innescatesi a partire da ideologie intese quali vere e
proprie fedi sociali. Al tempo stesso, l’occasione porta a interrogarsi sulla
fisica della storia e dello spirito che ha portato allo scioglimento attuale di
ogni rapporto fra arte e società, all’evaporazione della presenza critica immediata
dell’artista nella società (italiana, va da sé, ché un discorso più ampio
sarebbe qui impossibile, se non altro per spazio).
Sottolineavo l’aspetto dell’immediatezza perché è evidente come non si
possa chiedere agli artisti di ricoprire un ruolo sociale di per sé (a pochi
chilometri da Cherasco, per dire, ad Alba, è in corso una splendida
retrospettiva sulla pittura di paesaggio di Giorgio
Morandi: forse
uno degli artisti più appartati e schivi del Novecento, ma chi avrebbe
l’avventatezza di negarne il magistero? Una bellezza come interna necessità ed
esterna misura, viene da dire, è in ogni tempo la vera rivoluzione propagabile
dall’arte, ma andiamo avanti).
E tuttavia colpisce come negli ultimi decenni, dagli anni ‘80 almeno,
sia venuta meno anche la costante – fino a quel momento praticamente
antropologica – degli artisti (non di spettacolo, sia ben chiaro) che aspirano alla
ribalta sociale conducendo discorsi dichiaratamente politici, occupandosi cioè
del presente nel presente, con tale attività consentendo così un più animato
confronto complessivo. In effetti, al netto degli scatoloni museali calati come
plop sculpture nei contesti urbani e poi privi di politiche culturali
che ne animino seriamente la conduzione, o, ancora, di un sistema
galleristico-commerciale che legittimamente persegue il profitto e dal quale
non si può dunque pretendere un ruolo educativo, nell’attuale contesto di
profonda crisi economica e politica chi manca all’appello sono propriamente gli
artisti intenzionati a incidere direttamente con il proprio discorso nel corpo
sociale.
Ci troviamo così a dover (meglio, a sentir) prendere per analisi e provocazioni
feconde le marachelle di un Maurizio Cattelan che, per quanto alle volte
pure geniali, rimangono comunque ben dentro i meccanismi delle trovate
pubblicitarie, sostanzialmente innocue per le strutture vigenti di potere
(perché, con buona pace di ogni discorso post-post-postmoderno, un potere c’è.
Che quotidianamente si condensa catalizzando la prona mediocrità circostante,
opera, spesso si subisce).
Già immagino cosa mi si dirà: ma di artisti combattivi ce n’è fin
troppi, è il circuito della comunicazione piuttosto a esser loro chiuso,
condannandoli all’invisibilità. Vero, ma è altrettanto vero che i movimenti
delle avanguardie storiche le loro ribalte se le sono prese senza aspettarsi
che fossero i mass media dell’epoca a dar loro spazio, inserendosi direttamente
e con la forza delle idee nel discorso pubblico del proprio tempo: “Le
libertà espressive sono di chi se le prende”, rilevava il già detto Turcato
(del quale, per chi si trovi dalle parti di Terni, si consiglia un’ottima
retrospettiva in corso al Caos).
Corresponsabilità gravi in questa deriva privatistica, non si può
negare, sono da ascrivere a una critica che ha cessato di svolgere il proprio
ruolo di analisi (per l’appunto) critica a beneficio della società e maieutico
per gli artisti stessi, assestandosi in una dimensione intermedia tra mera
promozione commerciale e storia superficiale dell’arte. Ma, anche per questo, è
proprio dagli artisti che si vorrebbero ora atti concreti di una volontà nuova,
non negoziabile, lontana da interessati padrini: uno scatto di orgoglio
intellettuale, insomma, a difesa di un ruolo anche pubblico che hanno
meritoriamente conquistato nel passato, e che comporta nondimeno conseguenti
responsabilità.
Quando, fra qualche decennio, si guarderà agli anni che ci sta toccando
vivere, è molto probabile che si vedrà con maggior chiarezza quanto un’idea
distorta d’individualismo, una polverizzazione della sfera collettiva
determinata da modelli economici privi di fondamenta umanistiche e prosperati
nella confusione del dopo-‘89 abbiano indebolito il corpo sociale nel suo
complesso, rendendolo spiritualmente più povero e insoddisfatto.
Al momento siamo nel mezzo del guado, e tocca tenere la testa alta per
respirare: una simile posizione, viene solo da aggiungere, se non altro
consente anche di guardare più lontano.
luca arnaudo
[exibart]
Carmine e Celestina sono due "scugnizzi" che si imbarcano su una nave per l'America. La recensione del nuovo (e particolarmente…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…
Un'artista tanto delicata nei modi, quanto sicura del proprio modo d'intendere la pittura. Floss arriva a Genova in tutte le…
10 Corso Como continua il suo focus sui creativi dell'arte, del design e della moda con "Andrea Branzi. Civilizations without…
Visualizza commenti
quindi hai torto
evviva cézanne e morandi, paesaggi magistrali di quest'ultimo compresi!
ricapitolando a beneficio di tutti e soprattutto di chi scrive: 'geni' è plurale corretto di 'genio'
'genii' è sconsigliabile e comunque divenuto obsoleto dal secolo XIX in poi
... sto con la signora del settore. i commenti di cristiana curti sono pedanti, saccenti e, infine, noiosi.
-'genii' è sconsigliabile e comunque divenuto obsoleto dal secolo XIX in poi-
lol sei bravo a leggere yahoo answers tramite google e a vantarti nei forum, guarda che devi valutare diverse voci prima di esprimere un giudizio, addirittura hai copiato lo stesso aggettivo che hai trovato lì sopra 'sconsigliabile' AHAHAHAAHAHAAHAHAHAAHA dai ritenta e sarai più fortunato, magari la prossima volta ti documenterai meglio e ripeterai meno a pappagallo ciò che leggi sul primo sito ricavato da google così potrai formulare una definizione che valga la pena leggere, magari cerca anche sul devoto oli non sul primo de mauro paravia che leggi su yahoo answers, grazie . il plurale di genio va distinto dal plurale di gene, ed è consigliabile continuare a usare la doppia i dato che gli accenti acuti non vengono mai usati nel linguaggio scritto (da siena in giù si disconosce completamente il congiuntivo figuriamoci l'uso dell'accento acuto) .
Ma chi se ne fotte con chi stai, lillipuziano!
Caro hm, io sono nato sotto Siena e non solo conosco perfettamente il congiuntivo, ma so anche che i nomi delle città si scrivono con l'iniziale maiuscola. E'curioso che al nord, in cui albergano bande di materialisti analfabeti, ci sia qualcuno che pretenda di dare lezioni di grammatica agli altri.
-Caro hm, io sono nato sotto Siena e non solo conosco perfettamente il congiuntivo-
sei un'eccezione .
-ma so anche che i nomi delle città si scrivono con l'iniziale maiuscola-
il linguaggio del web ignora le lettere maiuscole, dovresti capirlo dal titolo del sito nella barra superiore del tuo browser. in ogni caso ignorare le maiuscole è FUTURE ITALIAN, lo avevo già definito anni fa su alcuni blog (molti sono stati chiusi dalla polizia postale potresti chiedere a loro x delucidazioni) .
-E'curioso che al nord, in cui albergano bande di materialisti analfabeti, ci sia qualcuno che pretenda di dare lezioni di grammatica agli altri.-
l'italiano moderno è nato a firenze (centro nord). mi spiace per te .
Okay, pace, ho sbagliato anch'io, generalizzando. Però a me questo FUTURE ITALIAN spaventa un po', non vorrei che diventasse NO MORE ITALIAN.
Buonasera,
sono il perplesso autore dell'articolo che tanti commenti ha scatenato. Perplesso, in effetti, perché a parte alcuni primi post attinenti al tema dello scritto, o perlomeno a qualcuno degli artisti citati, la stragrande maggioranza pare più interessata a questioni da accademia della crusca dei poveri, o, peggio, a prendersela con i pochi commentatori che, curiosamente, d'arte in un sito dedicato all'arte hanno inteso occuparsi. In tutta franchezza, mi chiedo quale sia l'utilità di un simile confronto. Insomma, internet abbonda di social networks e similia dove ognuno può fare ampia bacheca del proprio ego, eventualmente con annessi tormenti grammaticali: perché dunque non provarsi, di tanto in tanto almeno, a prendere parte a una discussione su temi più generali, ma tendenzialmente pure più utili alla collettività, in un contesto che - pare il caso di farlo rilevare - ai temi dell'arte è dedicato?
Cordiali saluti, LA
Avverto nel suo intervento, Arnaudo, un pizzico di narcisismo autoriale che, non si offenda se glielo dico, la fanno vistosamente debordare in sentieri che in verita' non le competono (mi riferisco al suo invito alla frequentazione di social Networks ad esempio..).
Non è , inoltre, sicuramente pedante farLe osservare che i commenti agli articoli di questa rivista , prima di venire pubblicati vengono rigorosamente controllati dalla Redazione della stessa.
Concludo per significarLe che, prima di sparare nel mucchio, sarebbe stato doveroso da parte sua dare una chiara identita' degli autori dei commenti da Lei ritenuti non adeguati ai temi che ella ha ritenuto proporre con il suo articolo perche' altrimenti è troppo facile manifestarsi con sufficenza perplesso.
La saluto, Arnaudo.