E se anche da noi… |

di - 17 Maggio 2006

Tanti se lo staranno chiedendo, in questi giorni, mentre divampa il caso Moggi. Lo scandalo è di quelli grossi, ma certamente non distruggerà il tempio del Dio Pallone, sulle cui are continuerà a bruciare l’oppio di popoli alla cui truffata buonafede è davvero molto, molto difficile credere. Del resto, come ebbe a scrivere Leonardo Sciascia -uno che di “cupole” se ne intendeva- “l’Italia è un paese senza verità. Ne è venuta fuori, anzi, una regola: nessuna verità si saprà mai riguardo ai fatti delittuosi che abbiano, anche minimamente, attinenza con la gestione del potere”.
E tutti noi, dall’editorialista del Corsera al pescivendolo del mercatino rionale, sappiamo -e perfino speriamo, con una fame e sete di giustizia che sa di sciacalla e vendicativa trepidazione- che potenzialmente ce n’è per tutti. Perché l’ex direttore generale della Juve non è soltanto il manovratore, ma l’attore (di spicco, certo, ma non monoloquente… intercettazioni docent) di un teatrino che ha tante, tante altre marionette. Inevitabile il coinvolgimento di politici (addirittura il coriaceo ministro Beppe Pisanu, vien quasi paura a pensarci), imprenditori e chissà quant’altro: una catena di Sant’Antonio teoricamente illimitata, organica ad un struttura globale. E sfaccettata. In cui, a voler trovare tutti i link, si fa la fine di Hansel e Gretel nel bosco.
E allora sarà il caso di farsela, questa domandina: quand’è che le nebbie di Corruttopoli si diraderanno anche sull’artbiz? Superconsulenti e megacuratori dai cachet hollywoodiani, budget gonfiati per mostre-soufflé, soprintendenti con la patente di satrapi, critici a gettoni, quotazioni stellari per operine da tre soldi, direttori assenteisti e presidenti-ombra di fondazioni e musei che, costretti dal conflitto di interessi più che da un sincero briciolo di etica professionale, si nascondono dietro assistenti e pupilli (largo ai ggggiovani!), tot-ennali strombazzate con gran dispiego di forze e, soprattutto, di risorse pubbliche… tutto regolare? Domanda retorica.

Scava scava, gratta gratta, perché non sconfinare anche nel privato, nella rete di gallerie in grado di influenzare il mercato e le scelte istituzionali? Nella pletora di ‘procuratori’ (vabbene, non si chiamano così, ma insomma…) che fanno da pusher di artisti per le tot-ennali di cui sopra? Basta aver pazienza, dirà qualcuno, e fede, se non in Das Kapital, nella ciclicità del tempo: certi eccessi sono naturalmente e storicamente destinati al collasso, e peggio per qualche collezionista che ci ha messo e rimesso fior di quattrini.
Ma quando operazioni culturali discutibili ingoiano il denaro di tutti a beneficio dei soliti pochi, gli affari loro diventano affari nostri (o tutt’al contrario). Solo che il più delle volte a noi toccano i pacchi, a loro i premi. E allora, chissà, forse un giorno anche nel dorato mondo dell’Arte fioccheranno le inchieste… Utopie giustizialiste? Sogni forcaioli? Non è il caso di invocare l’Armagheddon togato e non si può sperare sempre che la scure della magistratura si abbatta su intrallazzi noti e arcinoti. Sarebbe il caso di darsi una regolata prima. Come? Inutile, ingenuo l’appello al “chi sa, parli”. Chi sa, proprio perché sa, non parla. E come finirebbe, poi? Forse col solito finale già scritto à la vogue italienne, con star, comprimari, talpe e topi di corridoio intenti a piagnucolare, urlare, diffamare, depistare e infine insabbiare. O forse ci sarà il sospirato repulisti. Ma giusto una spolveratina, senza esagerare. E dopo? Forse sarà come con i vecchi boss della mafia, consegnati allo Stato ormai decotti ed esautorati, col rimpiazzo già pronto dietro la porta. Forse sarà come coi tanti rottamati della Prima Repubblica, Ercolini-sempre-in-piedi che, dopo anni di tribunali, istruttorie e processi, sono ancora lì. Lì nel mezzo.

anita pepe

[exibart]

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  • Il caso più clamoroso di super moggismo nell'arte è nel 1964 con l’assegnazione del Gran Premio della Biennale di Venezia all’alfiere del Neodadaismo americano, Robert Rauschenberg, premio per la prima volta assegnato ad un americano. ( pare che le opere furono trasportate in italia con l' airforceone l'aereo presidenziale!)Pur senza nulla togliere alla grandezza ed alla qualità artistica dell’opera di Rauschenberg, in molti giudicarono la scelta l’esito di accordi precedenti l’inaugurazione della mostra. L'evento, che sembrò un'ulteriore conferma dell'imperialismo culturale americano, fu apertamente sostenuto dal gallerista newyorkese Leo Castelli, la cui strategia si basò sulla costruzione di una fitta rete di gallerie amiche a cui concesse un forte guadagno sulle opere vendute. Inoltre la moglie di Leo Castelli, Ileana Sonnabend, aprì una galleria a Parigi nel 1962 contribuendo considerevolmente a diffondere l'arte americana per mezzo delle numerose gallerie satelliti dislocate nei principali centri europei.

  • Nel gioco del calcio
    la partita più sfacciatamente tarocca è comunque soggetta alla variabile indipendente delle azioni in campo ...la palla e “rotonda” e se Dio vuole, tutto può succedere.
    C’è un regolamento (esiste!) , c’è un risultato e tutto quel che accade di illecito (almeno sul campo..), potrebbe essere facilmente rilevabile con la moviola se fosse riconosciuta dalla lega come “prova effettiva” ma purtroppo ciò non è mai accaduto a causa dell’opposizione dei potenti oggi indagati!
    Nel giuoco dell’Arte invece,variabili non ce ne sono -tutto va come vogliono che vada!
    Non esistono regolamenti o parametri di giudizio.
    L’arte nasce sottoposta al potere ...non lo è diventata!

  • Se non ricordo male, fu proprio Guido Rossi, ora commissario nel pallone, a teorizzare qualche anno fa il mercato dell'arte come 'contromercato' a causa delle sue dinamiche particolari (in sostanza, l'opinabilità dell'arte contemporanea fa sì che tutto sia vendibile e condizionabile nelle sue quotazioni, e quindi vai con gli intrecci tra gallerie, musei, critici benevolenti e via discorrendo). Del resto, di recente le due maggiori case d'aste del mondo, Sotheby e Christie sono state pesantemente condannate dall'antitrust americano per aver gonfiato le quotazioni e altre amenità. Insomma, ogni tanto anche nel sistema dell'arte qualche lume o qualche scossone arriva, ma per cambiare radicalmente mi sa che non basterà colpire il moggi di turno, è un problema di cultura più ampio (facezie tipo ruolo di arte e artista nella società, o più direttamente qual è il disegno di società che si ha in mente).

  • attenzione pericolo di torte! quando anita mette il pepe in culo alla zoccola..gran talento!

  • E bisognava aspettare un cambio di governo per annunciare lo scandalo.

    Questa é comunque la nostra maniera di procedere in tutti i campi, dentro i nostri confini siamo vincenti e anche un poco arroganti, quando poi bisogna confrontarsi con con il mondo (oppure il "giocattolo" si rompe) non siamo capaci di di continuare ad esserlo, purtroppo siamo abbituati a un sistema protettivo che inizia con la famiglia e continua con la "famiglia" e nel mondo globale questo sistema fortunatamente non garantisce piú. Ovviamente come sempre ci sono le eccezioni, ma la maggior parte di noi vuole successo e fama rapidamente, allora puoi trovare figli di noti imprenditori/collezionisti che diventano artisti, stelline o ex stelline della televisione e figli d'arte che si lanciano in questo mondo, magari aiutati dal proprio cognome o da amici del "salotto buono". Molti imprenditori aprono gallerie per riciclare denaro e contemporaneamente apparire. Per fortuna peró le cose costruite su basi poco solide crollano presto.

    Un sistema di potere cosí forte come quello del calcio nell'arte non esiste, non ho mai visto programmi come "quelli che l'arte" "tutta l'arte minuto per minuto" "contromuseo" "la domenica dell'arte" "il processo di Bonito Oliva" o "mai dire arte", per lo meno non in questa proporzione e concentrazione. Poi comunque anche l'arte é uno spaccato di mondo, di umanitá, el il bastardo di turno lo trovi sempre. La parte corrotta piú antipatica dell'arte contemporanea sono la stampa e i media (che novitá!) spesso scrivono un gran bene su tutto rovinando cosí a lungo andare lo sviluppo futuro dell'arte contemporanea e contemporaneamente favorire i galleristi senza scrupoli che comprano a 10 e dichiarano 100 al fisco. Inquietante é poi il fatto che alcuni critici curino mostre per gallerie private e contemporaneamente scrivano per riviste importanti cercando di spingere i colleghi a scrivere ottime recenzioni (o in quantitá notevole) su artisti da loro lanciati.

  • Beh...io già da qualche settimana...in tempi calcistici non sospetti...ho fatto la mia bella denuncia sul comportamento poco democratico di ICOM Italia. Un comportamento definito dai colleghi americani come "mafioso"...il colmo è che ho dovuto difendere, da nazionalista, ICOM da tale corrispondenza.

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