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Elezioni 2022: ci sono programmi per la cultura?
Politica e opinioni
Il prossimo 25 settembre gli italiani saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. E come in ogni tornata elettorale, abbondano promesse e impegni per fronteggiare i tanti problemi che affliggono questo splendido Paese. In un contesto già afflitto da oggettive e gravissime crisi globali come guerra, cambiamenti climatici, pandemia e drammatico aumento dei costi a fronte di salari che rimangono invariati, è nella natura delle cose che queste tematiche abbiano la primazia nei programmi.
Tuttavia la situazione culturale del Paese è, dati alla mano, allarmante e necessita interventi strutturali urgenti. Ecco una rapida panoramica su quanto proposto in materia dai principali partiti, con la premessa che questi testi, reperibili sulle rispettive piattaforme online, sono estremamente superficiali e assomigliano più a mere enunciazioni di valori e propositi che a un’articolata spiegazione su come raggiungere i risultati attesi. È il motivo per cui molte proposte si assomigliano e ricorrono anche nei programmi di schieramenti opposti. La maggior parte delle idee viene ripetuta da quasi tutti i partiti: valorizzazione dei borghi, che già era obbligatorio perseguire perché inserita nel PNRR, miglioramento dell’Art Bonus e altre detrazioni fiscali dedicate a startup e iniziative imprenditoriali under40, valorizzazione dei depositi museali, digitalizzazione della cultura (senza specificare mai a quale dei tanti significati di questa definizione ci si riferisca), incentivi alla lettura.
In realtà nessuno entra nello specifico.
Il Partito Democratico, perno della coalizione di centrosinistra “Italia Democratica e Progressista”, sottolinea l’imprescindibilità della dimensione pubblica del settore e la necessità di nuove e rinnovate forme di partecipazione da parte dei privati. Ovviamente la linea indicata è quella della continuità rispetto all’attività svolta in questi anni dal Ministero della Cultura presieduto dal dem Dario Franceschini: nell’ambito museale ad esempio si intende aumentare il numero degli istituti autonomi, e anche nel processo di selezione dei direttori si insiste sull’importanza dei bandi internazionali. Un punto interessante è l’intenzione di valorizzare i musei più piccoli e delle aree più interne attraverso prestiti pluriennali di opere dei musei più grandi.
Tra le proposte, ci sono quelle di potenziare l’Art Bonus e l’attuale piano in favore dell’arte contemporanea, avviando allo stesso tempo quello sull’architettura contemporanea.
Al centro, l’accoppiata Azione/Italia Viva presenta una serie di punti che prevedono, oltre lo snellimento burocratico e il potenziamento dell’Art Bonus, l’offerta di un viaggio a Roma – per i giovani tra i 18 e i 25 anni – vincolato alla visita dei siti archeologici e museali, un carnet di 10 ingressi omaggio negli istituti di cultura a favore della popolazione con ISEE sotto i 15.000 euro, un programma di gemellaggi tra scuole e luoghi della cultura. Nell’ottica di un maggior sostegno finanziario, ogni donazione dai privati sarà replicata dallo Stato: questo dovrebbe incentivare gli enti alla ricerca di finanziamenti esterni.
Nella coalizione di destra, Fratelli d’Italia propone il rilancio dei borghi e quello delle periferie, detrazione fiscali per donazioni e per le startup, valorizzazione dei depositi dei musei e digitalizzazione della cultura.
La Lega offre un programma ovviamente simile, solo un po’ più articolato. Si vuole avviare un processo di liberalizzazione che favorisca l’ingresso di persone e imprese private nella valorizzazione del patrimonio culturale. Tra le proposte, anche qui si trova il sostegno alla riqualificazione dei borghi, attraverso un finanziamento ai progetti ammissibili non coperti dal PNRR, la valorizzazione delle opere dei depositi dei musei, anche attraverso prestiti a istituti situati in zone meno attrattive da questo punto di vista, e il potenziamento dell’Art Bonus. Tra i punti è citata l’esigenza di semplificare il funzionamento delle soprintendenze. Su questo tema, Forza Italia propone una revisione dei rapporti tra queste strutture e gli enti locali. Inoltre, in ottica lavoro, indica l’esigenza di un piano assunzionale per garantire accessibilità di fruizione ai siti. Interessante è il riferimento al mercato dell’arte: si propone di semplificare e di adeguare la legislazione italiana a quella europea, non spiegando però in quali termini.
Nel programma del Movimento 5 Stelle, l’ambito cultura è praticamente assente se non come volano per il turismo. Tuttavia, due punti centrano argomenti cruciali, ignorati dagli altri: un piano assunzioni per porre rimedio alla drammatica carenza di personale degli istituti culturali statali e, d’altra parte, un freno alle esternalizzazioni che stanno generando, oltre al precariato, distorsioni al ribasso in ambito salariale.
Per quanto riguarda +Europa, la proposta è quella di affidare con più frequenza la gestione dei siti culturali a soggetti privati, al fine di ridurre la spesa pubblica e incentivare, tramite la concorrenza, l’individuazione di strategie di valorizzazione efficaci.
Leggere questi documenti conferma che l’argomento cultura sia stato eluso questi anni – evidentemente anche prima della pandemia e della guerra – e che si sia buttata giù in fretta e furia una serie di banalità da dare in pasto agli elettori, solo in parte giustificata dalla repentinità con cui si è sviluppata la crisi di governo che ha portato a queste elezioni. Probabilmente i partiti non hanno mai ragionato seriamente su una strategia culturale in questi anni e quanto riportato è semplicemente un frullato di ovvietà ottenuto scopiazzando alcune linee del PNRR (ad esempio per quanto riguarda i borghi), cavalcando mode del momento (riqualificazione attraverso la street art) e scrivendo tutela e valorizzazione a caso, come se fossero due importanti novità del 2022 e dimenticando che sono entrambi principi costituzionali che dovrebbero essere già ampiamente garantiti.
Eppure, il Sistema Produttivo Culturale e Creativo, stando ai dati di “Io Sono Cultura 2021”, annuale report stilato dalla Fondazione Symbola, genera 84,6 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 5,7% del totale italiano. Non sono numeri propriamente trascurabili, oltre ovviamente al valore intangibile dell’impatto sociale della cultura e del benessere personale che rimane inestimabile. Meriterebbero certamente un’attenzione maggiore da parte di chi intende prendersi l’onere e l’onore di guidare questo Paese.