In una cronica situazione di mancanza – o mala gestio – di fondi pubblici, fa da contraltare una situazione più dinamica ma sostanzialmente “timida” del privato, settore nel quale però il lavoro precario o il sommerso purtroppo spesso spadroneggiano e dove le grandi realtà virtuose rimangono un miraggio per la maggior parte degli operatori, penalizzati dal numero ridotto di enti cui rivolgersi e dalla naturale scrematura legata alla scarsa richiesta di professionalità specializzate. È datata settembre 2011 la pubblicazione del Documento dei lavoratori dell’Arte, che ha richiamato l’attenzione sulla situazione drammatica del settore, per la prima volta dopo moltissimi anni mobilitato per ottenere un riconoscimento dei propri diritti, compressi duramente anche dal provvedimento dell’Inps che ha escluso gli artisti dal sussidio pensionistico.
Quali sono, quindi, le reali prospettive di chi si inserisce nel settore dei beni culturali in Italia? Quanti professionisti può realmente assorbire il comparto della cultura nel futuro prossimo? Tanti da giustificare una richiesta così significativa di corsi post laurea? Perché, se si guarda alla proposta formativa degli atenei italiani, balza agli occhi la quantità dell’offerta orientata verso corsi che incrociano tecniche artistiche e studi teorici, master che dovrebbero qualificare i professionisti del settore culturale. Tanto più la situazione appare paradossale in considerazione delle difficoltà in cui versa il settore in Italia: ai tagli dei vari governi, si è aggiunta la recente legge di stabilità che ha praticamente congelato i fondi a disposizione degli enti pubblici, costretti a riconsiderare i piani espositivi quasi azzerando gli investimenti.
In questo scenario fuligginoso, le prospettive che si delineano per chi decide di avventurarsi nel settore delle arti visive e della cultura, può venire però dall’estero, ossia dai Paesi limitrofi della comunità europea, più disposta a investire le proprie risorse nel settore della ricerca, anche umanistica, o nei Paesi emergenti, sempre più allettanti anche per via dei mercati fortissimi e delle fiere internazionali che trascinano gallerie, investitori e collezionisti sempre più lontano dalla vecchia Europa.
Osservando il panorama delle proposte delle università italiane, si delineano due filoni principali, nei quali suddividere la formazione: quello economico-gestionale della cultura e quello teorico-curatoriale. Queste due macro aree ovviamente si intersecano, dando vita a corsi ibridi che cercano di ovviare alla vecchia problematica dei master, ovvero quella di essere una sorta di parcheggio post-laurea in attesa di incappare in uno stage che permetta l’agognato ingresso nel mondo del lavoro.
Ma quanto costa accedere a questa formazione? Le rette variano da un’università all’altra, e oscillano tra le poche migliaia di euro e le decine di migliaia. Durata, natura privata o pubblica dell’istituzione e il prestigio di questa incidono sulla variabilità del costo, così come la presenza di docenti e professionisti a presiedere le cattedre dei corsi. I master SDA Bocconi presentano costi che variano tra i 18mila e i 20mila euro: tre le proposte legate alle arti il Master of Science in Economics and Management in Arts, Culture, media and Entertainment che fa riferimento al Centro ASK, ovvero il Laboratorio di economia e gestione delle istituzioni e delle iniziative artistiche e culturali della blasonata Università Bocconi di Milano, e l’ACME, l’Arts, culture, media, entertainment, con didattica in inglese, che si attesta attorno ai 12mila euro l’anno. L’Università, a fronte dei costi significativi, vanta però un dato statistico di assoluto rispetto, con un numero di diplomati dell’ASK dichiarati assunti pari all’89 per cento nel 2011, inseriti in istituzioni di alto profilo come il Louvre di Parigi o la casa d’aste Christie’s.
Sulla scia di queste due corsi si inseriscono i master dello IED, istituto privato con una predilezione per il design, che propone un Master Curatore Museale e di Eventi o un Master Professional Art Management, quest’ultimo al costo di 18mila euro.
Aperta competizione invece tra la Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, e l’Accademia di Brera. La prima offre un ricco Biennio di Arti Visive e Studi Curatoriali, dove il corso di fotografia è tenuto niente meno che da Francesco Jodice e le cattedre vantano nomi come Mario Airò e Marco Scotini – responsabile anche del Dipartimento di Arti Visive – mentre la seconda propone un Master di II° livello in New Media Art Design, a 10mila euro, con internship annesso di Studio Azzurro. L’Accademia di Belle Arti di Venezia a sua volta propone un Corso in Pratiche Curatoriali e Arti Contemporanee, arrivato alla 18esima edizione, in collaborazione tra il Centro Espositivo Pubblico Sloveno di Venezia. Sicuramente uno dei corsi più noti, che offre una proposta formativa di 200 ore a un costo accessibile, che si attesta sui 1.500 euro complessivi.
Un’offerta decisamente ampia, quindi, che collide con la realtà di un settore in sofferenza da anni, nel quale in realtà si continua ad entrare con l’esperienza sul campo, marcando anche qui una distanza con quanto accade all’estero, dove la formazione nelle arti visive è una realtà praticata e sostenuta da tempo. Ma che, nonostante le difficoltà, forse trova una solida sponda nell’attrazione sempre più forte esercitata dall’arte contemporanea. Anche in Italia.
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