Ho fatto un sogno, ero sotto la Tour Eiffel e …

di - 24 Marzo 2014
Parigi riconosciuta da sempre per la sua vitalità e eclettismo artistico, gode di un’identità culturale riconosciuta a livello internazionale. Questa accoglie ogni anno un nutrito novero di mostre, eventi e artisti che vengono in residenza, ad esporre, o a confrontarsi con una ricchezza culturale che la celebra come una delle capitali più visitate al mondo con 72,1 milioni di ingressi nei principali siti culturali registrati nel 2012. Nello stesso anno la mostra di Dali al Centre Pompidou ha registrato 790.090 visitatori, quella di Edward Hopper al Grand Palais 784.269, mentre sono 240.414 gli ingressi per Daniel Buren al Grand Palais, solo in poco più di un mese. Ma oggi, con la crisi che morde anche la Francia, il futuro culturale della città è a rischio crisi o la necessità di cultura dei parigini può spostare l’ago della bilancia nella scelta dei candidati a sindaco?

L’attuale sindaco di Parigi ha deciso di non ripresentarsi alle prossime elezioni, il cui primo turno è fissato per il 23 marzo e il secondo una settimana dopo. Eletto nel 2001 e nel 2008, Bertrand Delanoë (1950, Tunisi), membro del partito socialista, consegna una metropoli che in dodici anni di mandato ha arricchito di un gran numero di progetti culturali. Difficile elencarli tutti, ma tra i principali troviamo la creazione della mitica Nuit Blanche, un’intera notte dedicata all’arte contemporanea in collaborazione, tra l’altro, con gallerie d’arte pubbliche e private gratis per l’occasione (1,5 milioni di visitatori per l’11° edizione), alla gratuità tutto l’anno dei 15 musei comunali, alla creazione di siti come la Gaîté Lyrique, luogo giovane e futuristico dedicato all’arte digitale, al Centquatre, uno spazio internazionale di residenza e di produzione, artistica, all’arte scenica che ha visto riaprire luoghi come il Théâtre du Rond Point, il Théâtre de la Ville o la Maison des Métallos, ma anche la creazione di Docks en Seine: Cité de la Mode et du Design, per finire con la Filarmonica di Parigi, da un magnifico progetto dello studio di Jean Nouvel, che aprirà le sue porte nel 2015. Non va dimenticata l’istituzionalizzazione di diversi squat, vedi il centralissimo 59 rivoli. All’inizio del suo mandato Delanoë annuncia che il centro sociale di rue Rivoli, a rischio d’espulsione, verrà comprato dalla municipalità per essere risanato e restituito. Nasce così l’associazione 59 Rivoli con trenta atelier che ospitano in alternanza artisti figurativi provenienti da tutto il mondo.

L’eredità di Delanoë se le contendono oggi due donne: la socialista Anne Hidalgo (1959, Spagna) e Nathalie Kosciusko-Morizet (1973, Parigi), più conosciuta come NKM, candidata di destra per l’Union pour un mouvement populaire (UMP) ed ecco le loro proposte culturali. Su un punto sono d’accordo: non intendono abbassare il budget della cultura, con un bilancio operativo di 302M € e un budget di investimento di 94M €, cioè il 5 percento del budget totale dello stato francese. Per il resto è guerra aperta. Prende le distanze dalla sua rivale, Nathalie Kosciusko-Morizet nel voler rimuovere la gratuità nei musei parigini perché attività poco redditizia e “inefficace”. Vuole al contrario deistituzionalizzare la politica culturale della città e promuovere le collaborazioni tra pubblico e privato. Tra le proposte principale di NKM c’è il Grand Bazar du cinéma, ovvero un festival cinematografico, il Nuovo Montparnasse: una zona destinata ad atelier d’artisti, ed infine ridar vita a vecchie stazioni della metropolitana inutilizzate in collaborazione con gli architetti Manal Rachdi e Nicolas Laisné, che hanno immaginato di trasformarle in luoghi di intrattenimento dotati di piscine, ristoranti, sala espositive e teatri.

D’accordo sulla creazione di atelier d’artisti con lo scopo di favorirne l’accessibilità (molti artisti preferiscono domiciliare a Berlino grazie ad affitti molto più bassi), la socialista Hidalgo, attuale braccio destro di Delanoë, vuole promuovere una cultura in linea con l’attuale sindaco, tendente quindi ad accentuarne il processo di “democratizzazione”. Tra le proposte figura quella di riconquistare i Grands Boulevards organizzando un festival musicale invernale, la ristrutturazione della Place de la Bastille e della Place de la Nation con opere di artisti, la creazione di una prima Artothèque, per la diffusione dell’arte contemporanea, facilitando il prestito di opere d’arte a privati (escluse le opere di gran valore), aprire tutte le biblioteche la domenica (alcune lo sono già), infine creare un passe culture unique per musei e monumenti, insomma una tessera sulla quale si possono caricare più abbonamenti con tariffe decrescenti. Il bilancio delle proposte dei due schieramenti? Possono essere più o meno interessanti e condivisibili, ma i tutte e due emerge come la cultura sia non un affare di serie b (come in Italia, per intenderci) ma uno (sebbene non il più importante) dei punti sensibili per toccare le corde dell’elettorato.

Per farci un’opinione ancora più precisa, facciamo un breve giro della capitale con qualche cifra alla mano. Da un punto di vista amministrativo, il territorio del Comune di Parigi è suddiviso in 20 “arrondissement”, le nostre circoscrizioni, con una popolazione di 2.274.880 di persone. La capitale possiede 17 conservatori comunali che per i giovani propongono attività musicale, arte drammatica e danza (a partire dai 15 anni), mentre per i più piccoli ci sono 50 centri d’animazione che propongono innumerevoli attività artistiche tutto l’anno. Tutti e due i programmi hanno prezzi concorrenziali, ritagliati sul reddito familiare. L’elenco continua con l’Accademia d’Arte Drammatica e il Conservatorio, 58 biblioteche municipali multimediali,11 biblioteche municipali specialistiche,15 musei comunali, il Comune sovvenziona inoltre una ventina di auditorium, 30 teatri, 25 sedi espositive e musei, 41 sale di cinema d’essai.

In questo magma di attività e proposte a cui i cittadini sono avvezzi, non va forse messa da parte un’idea di savoir-vivre. Perché questa cultura che amiamo tanto ha il dovere di essere accolta in un ambiente in cui non si specula alle spalle del cittadino, chiedendogli attenzione attraverso dispotiche pubblicità molto presenti nel nostro quotidiano multimediale. A questo proposito si è fatto un passo avanti nel 2011 quando è stato approvato all’unanimità il nuovo regolamento che ha ridotto la pubblicità del 30 percento per mettere in valore il patrimonio culturale. Questo vieta infatti la superficie espositiva entro un raggio di 50 metri attorno alle scuole, a Montmartre, sui monumenti storici, sulle pareti degli edifici, e nei giardini pubblici.
E se alla fine di questa battaglia avrà vinto più la crisi della cultura (ci auguriamo di no, naturalmente), rimane il fatto che le due sfidanti hanno idee chiare e prioritarie sulla cultura. Esattamente come da noi.

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