11 febbraio 2004

I Bronzi della discordia

 
I Bronzi di Riace restano a casa, troppo delicati e preziosi: interdetto ogni minimo spostamento. Nessun prestito ai musei internazionali. Al loro posto degli improbabili sosia avrebbero dovuto fare il giro del mondo. Ma l’imbarazzante clonazione è stata appena accantonata. L’unica possibilità per ammirarli resta il viaggio in Calabria…

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Opere d’arte nomadi o custodia ad oltranza. Originali o copie. Il dilemma si è abbattuto su due dei tesori più preziosi custoditi in Italia, emersi dal mare dopo qualche millennio e divenuti simbolo della cultura mediterranea in tutto il mondo: i Bronzi di Riace. Impossibile toccare le pregiate sculture, viaggiare le sciuperebbe: pericolo di incidenti, furti, lesioni. Le opere restano dove sono. Su questa posizione si arroccano con ostinata convinzione le rispettive amministrazioni locali, suscitando polemiche e risentite reazioni.
Uno fra tutti l’ex assessore alla cultura Vittorio Sgarbi, che definisce “resistenze superstiziose” quelle che ostacolano lo spostamento delle opere d’arte. Proprio in questi giorni l’onorevole-critico d’arte si è lanciato, con la sua consueta vis polemica, in una aspra denuncia rivolta proprio contro la Regione Calabria, che, col sostegno del Ministro Urbani e del Presidente Ciampi, resta ferma nella sua decisione. Sgarbi parla di “ridicole ragioni di conservazione”, e avanza una proposta concreta: inviare i due Bronzi ad Atene, per le Olimpiadi del 2004, condurli in visita nella loro probabile antica terra d’origine, portando una testimonianza italiana di prestigio assoluto.
Il ministro della cultura greco Venizeloz, entusiasta dell’idea, pare abbia promesso in cambio il temporaneo prestito della mitica Auriga di Delfi. Scambio ragionevole, anzi decisamente allettante. E intanto fioccano richieste da parte dei musei di tutto il mondo per avere in prestito le statue. E puntualmente la risposta si è esaurita in un secco no.
Certo la questione della salvaguardia è rilevante. Ma davvero si può pensare che non esistano oggi precauzioni sufficientemente sicure da consentire a delle opere, se pur delicatissime, di spostarsi?
Dietro questa estrema apprensione è plausibile che in realtà si celi il timore di una sottrazione, di un trasferimento definitivo delle opere in altri luoghi. La sindrome del ratto, la fobia della messa in ombra. Un’opera diventa simbolo di un luogo, e se il simbolo si allontana è come se un’identità vacillasse ed avanzasse il sospetto dell’abbandono. Insieme alla paura di perdere attrattiva (o in altri termini: flusso turistico).
Ma c’è un fatto che ha contribuito a rendere la questione ben più aspra e controversa. I Bronzi di Riace stavano per assistere alla nascita dei loro sosia, controfigure da mandare in tour internazionale al posto loro. Dei calchi perfetti, copie conformi, impeccabili cloni. E se si rompono poco male, l’originale sta al sicuro, lontano dai guai, e pure dagli occhi purtroppo.
I calchi dovevano costare 500.000 euro. Una cifra considerevole per un’operazione che lasciava molti dubbi sulla sua efficacia e sul suo significato. E che perfino il Tar aveva dichiarato illegittima. Urbani, sostenitore del progetto di clonazione, si era così trovato costretto a ricorrere al Consiglio di Stato per ottenere una legittimazione di fatto poco plausibile.
Un’opera d’arte possiede un’aura, un valore, un potere di suggestione che va ben oltre la forma stessa, o meglio che è un tutt’uno con essa. Una copia, per quanto perfetta possa essere, non sarà mai quell’opera, l’oggetto-feticcio in cui si scorge l’impronta di una mano, la traccia di un pensiero, il peso di una storia che lo ha attraversato e modificato. Non si percorrono chilometri per trovarsi dinanzi a un falso, l’effetto è triste e fiacco, lo stupore ridotto al minimo, l’immaginazione non decolla.
La Regione Calabria si è ovviamente battuta con veemenza per evitare la soluzione della “riproduzione fasulla”: chi vuole vedere i Bronzi si metta in viaggio e venga in Calabria. Unico posto dove è concesso contemplarli. Il famoso flusso turistico potrebbe così ampiamente incrementarsi, non rischiando di infiacchirsi… In realtà è poco credibile che da tutto il mondo fiumi di gente raggiungano Reggio Calabria appositamente per vedere i Bronzi. Il rilancio d’immagine della città sarebbe meglio garantito, probabilmente, consentendo alle opere di divenire “cittadine del mondo”.
Ma all’ultimo momento giunge un imprevisto coup de tệatre: Urbani fa dietro front. Pressato da tutti i dissensi e le contestazioni, decide all’ultimo momento di bloccare la scellerata e inutile clonazione. Ringraziano: Vittorio Sgarbi dal suo pulpito, la Regione Calabria – in attesa che giunga un’orda di turisti e studiosi -, e il pubblico di tutto il mondo che, per fortuna, non dovrà sorbirsi degli impeccabili, tristissimi falsi con l’autorizzazione di Stato.

helga marsala

[exibart]

10 Commenti

  1. Allora Helga,

    intanto i Bronzi di Riace si trovano al museo di Reggio Calabria e non di Catanzaro, quindi informati bene prima di scrivere un primo piano.

    Secondo, per chiarezza quantomeno del lettore, se esistono dei metodi efficienti per trasportare delle opere delicatissime, allora parlacene, e informati oltre che informaci, prima di scrivere un primo piano.

  2. I bronzi no si spostano, come non si sposta la gioconda, non si sposta il david, non si spostano le statue del fregio del partenone.
    e poi non sono l’unica opera per cui valga un viaggio fino al museo di reggio calabria, però servono a valorizzare e far conoscere il resto del patrimonio. e se questo può servire da attrattiva per attirare flussi turistici, perchè no? la calabria ne ha bisogno.

  3. Sono andata a vedere i Bronzi di Riace qualche anno fa, ma mi pare di averli visti a Reggio Calabria, non a Catanzaro. Magari erano lì in visita pure loro. Ricordo che ebbi il privileggio di vederli mentre dormivano: sdraiati. Fu un’esperienza buffa perchè per guardarli bene mi fecero salire su una scaletta. Stavano ancora restaurandoli. Adesso credo sia giusto che restino dove stanno. Magari la possibilità di spostarli ci sarebbe, ma non mi sembra per niente sbagliata la politica di tenersi i propri tesori in casa. Del resto la Calabria non ha molto altro, e se proprio le si deve criticare qualcosa, le si dovrebbe rimproverare le risorse che non sfrutta, piuttosto di quelle che ogni tanto sa come usare.

  4. Mi scuso per l’errore. Reggio Calabria e non Catanzaro, già. Evidentemente un lapsus, una svista…spero non imperdonabile! Non so come sia accaduto, a volte succede purtroppo. Mi spiace, davvero.

  5. Helga, non preoccuparti. Il giorno dopo aver visto un’esposizione di Pozzati, aver controllato dove abita e letto una sua intervista, sento un mio amico e lui mi chiede:
    – Cosa ne pensi di Concetto Pozzati?
    Ed io:
    – E chi è?
    Figurati se non sei perdonabile tu.
    Ciao.

  6. Beh, oddio, stare a Bologna, scrivere d’arte e non conoscere Concetto è tipo tornare a casa e dire a tuo padre: “scusi, ma lei chi è, ci conosciamo?”. Quasi tutti i giovani artisti decenti di Bologna escono dai suoi corsi… Come minimo vai a letto senza cena per essere tornata fumata come lo speck

  7. Abbiamo corretto la svista. non per camuffare l’errore, ma per fornire un’informazione il più possibile corretta. saluti

  8. Sai, sono quei giorni in cui non ti ricordi nemmeno come ti chiami…

    Comunque l’articolo di Helga mi piace. Lo trovo ben scritto, anche se sono dalla parte del protezionismo. Sgarbi a un certo punto non conta, la sua natura lo porta a fare il Bastian Contrario e il vanesio. Portare i Bronzi in Grecia per manifestare il prestigio nostro? Allora portiamoci un’opera italiana, non una greca. Magari rivendicano pure la patria potestà e ce li rendono tra qualche decina d’anni!

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