MAXXI GNAM, MACRO FUTURE GAMEC MAN MART, MUSMA GAM! PAC. Ecco, messi tutti in fila, gli acronimi delle istituzioni museali che irrompono come le mitraglianti “parole in libertà”. E sono molti di questi gli spazi che si stanno preparando, ognun per sé, a festeggiare i cento anni del primo manifesto futurista, pubblicato su “Le Figaro” il 20 febbraio 1909.
Mostre, eventi, rassegne, senza contare quelli conclusi nei primi mesi del 2007. Quando il carnevale ambrosiano già annunciava il cantiere del Museo del Novecento che, si dice, proprio dal febbraio 2009 ospiterà la più grande collezione futurista d’Europa.
La programmazione attuale presenta tutti i fermenti e le tensioni che davano voce alla realtà dinamica della città contemporanea. Ma quello stesso scenario adesso non solo “sale”,
trasale. Perché i futuristi continuano a metterci davanti agli occhi il mondo in cui viviamo.
Tornando al fatto, ecco le nove mostre: si parte dalle riletture storiche di Matera, Padova, dell’Auditorium di Roma, di Rovereto e Bologna, rispettivamente con
Alberto Bragaglia e il Futurismo,
Boccioni Prefuturista. Gli anni di Padova,
Depero e il teatro musicale (1914-1930). E ancora
Depero Pubblicitario. Dall’auto-réclame all’architettura pubblicitaria e
Aeropittura futurista. Angelo Caviglioni e gli altri protagonisti. Ma il dibattito si fa più vivo negli approcci sperimentali de
Il Futuro del Futurismo. Dalla rivoluzione italiana all’arte contemporanea a Bergamo,
La città che sale. We try to build the future al Macro Future di Roma. Mentre ora l’appuntamento è a Milano con
Giacomo Balla. La modernità futurista e di nuovo a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, con
Il Mito della Velocità. Arte, motori e società nell’Italia del ‘900.
E allora la “rincorsa” diventa forse anche una riflessione? Le città
trasalgono, e anche i cittadini stessi. Dubai City o Abu Dhabi danno corpo all’apoteosi futurista e tra qualche anno si potranno addirittura raggiungere a bordo dell’Aerion, che a dispetto del nome grecizzante sarà un nuovo e velocissimo jet. Altre diventano teatro di azioni, taglienti e sovversive, tese a svegliare la società, desiderose di “
attraversare la realtà a occhi aperti e mani aperte“, come esortava
Depero. Ma sempre più consapevoli di restarne al di fuori.
Pensiamo a Napoli e alla “follia incendiaria”, ai manichini impiccati in corso Umberto, epicentro di una splendida città ridotta in spazzatura. “
Addio a ‘stu munno ‘e munnezza!”, recita uno degli slogan. E viene in mente Leonia, una de
Le città invisibili di Calvino, colma di pattume: “
Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s’espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto… è una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne […] Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell’estremo crinale, immondezzai d’altre città, che anch’esse respingono lontano da sé montagne di rifiuti”.
Pensiamo a Roma e al
Rosso Trevi di
Graziano Cecchini, che il 19 ottobre 2007 denunciava gli sperperi del
red carpet e la società in generale, gettando un secchio di anilina nella Fontana di Trevi, sottoscritto “FTM Azione Futurista”. E alla “Bagnante” milanese che il 12 aprile vi nuotava senza veli. Ma gli eventi incalzano nel calendario capitolino e il 16 gennaio la radio informa che Cecchini ha colpito ancora, insieme a diciannove seguaci.
I Fratelli d’Italia si son rotti le palle il titolo della nuova azione, che ha visto migliaia di palline colorate precipitare dalla scalinata e invadere piazza di Spagna. Una, diversa da tutte le altre, era offerta in omaggio al sindaco Veltroni.
Sanno di amaro le parole di Ian Fischer, che sul “New York Times” del 13 dicembre 2007 cita il “
Basta, basta, basta” di Grillo. Che per il 25 aprile rinnova l’appuntamento incitando i cittadini contro la casta dell’informazione, “
per avere un’informazione libera in un paese finalmente libero. Liste civiche e cittadini informati, che sappiano le cose, che si occupino del loro quartiere e delle loro città”. E, infine, pensiamo alle tragedie nelle industrie, cent’anni fa chiamate “cantieri dei miracoli”.
All’ultima Biennale veneziana l’installazione di
Luca Buvoli diceva: “
Ci sarà un bellissimo dopodomani”. Così l’artista rileggeva in chiave post-utopistica i miti del movimento futurista, riproponendo proprio le stesse parole con le quali
Filippo Tommaso Marinetti rassicurava la figlia.
Negli ultimi dieci anni il dibattito sulla metropoli del futuro è incalzante, dalla condizione urbana contemporanea al pensiero sulla progettazione sostenibile, fino alla necessità di luoghi a misura d’uomo o semplicemente di un museo di arte contemporanea, come nel caso di Milano. Ma fuori dalle aule e dai consigli le città vivono alla giornata.
“
Che cosa è oggi la città per noi?”, si chiedeva Calvino durante una conferenza tenuta il 29 marzo 1983 alla Graduate Writing Division della Columbia University di New York. “
Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città”.
Visualizza commenti
La mostra è bella, ma non c'era bisogno di abbinare a grossi artisti del futurismo l'immagine di un esibizionista che con l'arte non ha nulla da spartire.
Ci vuole poco per creare spettacolarismi e poi magari farsi anche arrestare!
Provaci..........però è vero Balla, Boccioni.... ed altri erano grandi pittori, scultori...........oggi
ma avete capito la riflessione o è tutto andato in vacca