05 giugno 2014

La meraviglia della complessità

 
Quello che Rem Koolhaas mette in scena all'Arsenale è il racconto preciso e complesso di un'anima: quella italiana. Scandagliata da nord a sud, attraverso quel secolo breve che ha formato la sua attualità. Nessuna nostalgia del passato, ma un catalogo di ricerche che mettono in luce un Paese decisamente "trasversale". Come il suo paesaggio

di

Monditalia, Cinecittà occupata, 14ma Biennale di Architettura di Venezia, 2014
La partenza di “Monditalia” con Lampedusa non come “sala d’attesa permanente”, ma come laboratorio sociale d’identità, già la dice lunga sulla visione di Rem Koolhaas e di un’architettura che cerca le relazioni con un Paese di fondamentale importanza, l’Italia, che oggi più che mai sembra in grado di coniugare l’altissima cultura con la bassissima politica. Venezia solo ieri è stato il teatro evidente, e vivente, dell’ultimo episodio delle “Mani sulla città” da parte del potere, ma la politica nella mostra di Koolhaas all’Arsenale non è così evidente, anzi. Piuttosto serpeggia tra ogni opera, in ogni ambiente, come il sottofondo primario che ha generato, e continua a generare, le fondamenta della penisola.
L’attraversamento dell’Arsenale é un paesaggio di video, gonfiabili, pareti mobili, performance, tendaggi che ricoprono e rivestono in senso metaforico isole come Capri, La Maddalena o luoghi come Gioia Tauro, Tortona, metropoli come Roma, Torino, Milano, ognuna di esse incarnante una “monditalietà” decisamente critica, dove Koolhaas si rivela pienamente per quel che è: un osservatore speciale e sociale, attento nello studio dei fenomeni riguardanti la società postindustriale.
Poi sorge una domanda: cosa significa davvero la parola Italia nell’immaginario comune? E come ce la fa apparire l’archistar? 
Verrebbe spontaneo paragonarlo al Palazzo Enciclopedico di Gioni, ma paradossalmente qui – dove in teoria l’architettura dovrebbe prevedere una costruzione più statica della scena – si è travolti dalle sollecitazioni. 
Monditalia, New creative for europe, 14ma Biennale di Architettura di Venezia, 2014
Dall’arte e dal jazz, dall’hip hop e dalle voci bianche, da frame di film italiani di ogni tempo e di ogni serie distillati per paesaggio: Il Cristo proibito, Non si sevizia così un paperino, Nostalghia, Io ballo da sola. E poi Riso Amaro, Mimí metallurgico ferito nell’onore, Le vacanze intelligenti, Profondo rosso, dove insieme a Torino c’è anche Hopper, l’idea dell’immigrato degli anni ’60 e ’70 che ha scavato nel nostro immaginario e forse anche la cronaca nera, che negli anni ha dato al Belpaese sangue e assassini seriali.
Certo, i lungometraggi sono messi per sottolineare una serie di identità, ma l’atmosfera permette davvero, come nel migliore dei mondi possibili, una sorta di dialogo continuo tra le arti. Anche perché infondo questa penisola è un coacervo di sperimentazioni, aggregazioni, occupazioni che convivono felicemente, e paradossalmente, con gli edifici progettati per i funzionari di questure e polizia piuttosto che con “esiliati” di malavita, per esempio.
Monditalia, Milano 2, 14ma Biennale di Architettura di Venezia, 2014
“Monditalia” è un linguaggio ibrido dove esiste il Gruppo 9999 che nel 1969 crea a Firenze la discoteca Space Electric come l’arena delle più creative sperimentazioni di musica, teatro e architettura, dove ci sono i Superstudio e tanta danza. “Per lavorare sulla relazione tra di voi”, come nella sala prove che vi attende a metà del percorso, dove troverete un istruttore attento al dialogo tra il corpo, musica e allievi. Tutto insieme. Olisticamente, in una grande pangea dove, seppure con le dovute differenze, gli elementi si uniscono alla ricerca dello spettro dell’identità. L’identità di un’Italia che si è fatta mondo senza che forse se ne siano accorti i suoi stessi abitanti.
Dove convivono l’estate di Milano Marittima e il miracolo industriale –  per certi versi mai pienamente decollato –  ed i suoi abbandoni, con i fantasmi di un sogno. È un’Italia che ricorda i racconti del week end postmoderno tondelliano. A volte Las Vegas, a volte Fiorenzuola, paese dove una comunità asiatica appare e scompare, invadendo la piazza altrimenti disertata durante la festa Vaisakhi, raccontata da Matilde Cassani. Non più solo panorama agricolo e pagano, ma politeista e multiculturale. Con tutte le difficoltà del caso. Non più il neorealismo ma la professionalità della scena, della musica, dello spettacolo.
Monditalia, Vangelo secondo Matteo, La crocifissione, 14ma Biennale di Architettura di Venezia, 2014
A qualcuno piacerebbe di nuovo dire “Petrolio d’Italia” da rivalutare, e invece Koolhaas intelligentemente in questa sede riesce a dribblare anche un pietoso racconto sullo stato dei Beni Culturali e annessi e connessi: uno scivolone che, quando si parla di Italia in questi termini, sarebbe potuto essere forse anche lecito. C’è invece l’ombra di Pasolini, uno dei più maltrattati intellettuali di tutti i tempi, da tempo in attesa di una santificazione che forse non arriverà a breve negli “esercizi” per il Vangelo Secondo Matteo, nei canti per la Crocifissione e nelle pose per le Pietà. E c’è un secolo breve indagato senza nostalgia ma con l’appeal della conoscenza, e anche della poetica.
Resterete delusi se da queste parti cercherete l’architettura del progetto, i monumenti o le depressioni della disciplina, ma questo – dal momento della nomina di Koolhaas – già era evidente. Oggi l’Italia-mondo ci restituisce in pieno il suo spirito: una sterminata provincia, con l’attitude di un’immensa Babele, dove la creatività non si è fermata, nonostante tutto. E dove il futuro (che qui non si racconta) è già cominciato.

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