Nel luglio scorso, uno street artist di 17 anni che si fa
chiamare Cartrain
ha conquistato le pagine dei giornali di tutto il mondo per aver rubato una
scatola di matite Faber Castell dall’installazione Pharmacy di Damien Hirst, esposta alla Tate Gallery di
Londra. L’artista adolescente chiede il “riscatto”, vale a dire la restituzione
di alcuni suoi collage contenenti immagini non autorizzate di For the Love
of God (il titolo
del famoso teschio diamantato di Damien Hirst), sequestrati l’anno precedente
dalla Design and Artists Copyright Society su richiesta esplicita dello stesso
Hirst: in caso contrario, le suddette matite verranno temperate, una dopo
l’altra.
Scotland Yard, sulle tracce del feroce criminale, arresta
prima suo padre (per errore: certe cose anche nella dolce Albione…) e poi il
medesimo, per rilasciare subito dopo entrambi su cauzione: il valore delle
matite è di 500mila sterline (mentre l’intera opera ne costa la bellezza di 10
milioni), e Cartrain è nei guai seri. Da una parte abbiamo dunque un ragazzo
che vende su Internet le sue opere a 65 sterline, dall’altra una star ammirata
e compiaciuta del firmamento artistico, che guadagna decine di milioni a botta.
trasformazioni in atto nel mondo dell’arte e nella società, che sembra quasi
creata ad arte, l’ennesima trovata dell’ex enfant prodige dell’arte inglese.
Scrive in proposito Jonathan Jones, autorevole critico del
Guardian: “Mi viene da pensare che la reale ragione dell’irritazione di
Hirst sia da ricercare nel fatto che Cartrain ha fatto in fondo ciò che tutti i
grandi caricaturisti hanno sempre fatto: ha creato cioè un’immagine ridicola ma
insidiosamente memorabile del suo oggetto” [1]. Effettivamente, Cartrain capovolge e
sviluppa il procedimento alla base di tutte le opere di Hirst, e in generale
della tradizione ormai abbastanza corposa – e a dire il vero un po’ stanca –
che discende dal ready made: il détournement rispetto al significato originario
dell’oggetto o del modello, l’inversione di senso e lo spostamento concettuale.
Il fatto stesso di costruire opere che non costano quasi
niente, collage digitali che inglobano – e normalizzano – quella che a suo
tempo fu promossa come “l’opera più costosa di tutti i tempi”, e che nel
frattempo è divenuta il simbolo di un’epoca al tramonto, è un gesto che
racchiude tutto un grande cambiamento, di strategie e di valori. Per non
parlare poi della sfida esplicita all’artista più ricco e potente del mondo, e
del linguaggio (volutamente?) sgrammaticato con cui Cartrain comunica, a voce e
per iscritto. I suoi collage hanno la capacità di mettere in prospettiva
un’immagine che fino a pochissimo tempo fa sembrava una specie di “buco nero”,
un oggetto del desiderio oscuramente affascinante e morbosamente misterioso:
fino a due anni fa, ma anche fino a oggi, lo possiamo dire, il valore egemone
prescriveva che un artista di chiara fama dovesse essere in grado di realizzare
la
replica-in-platino-di-un-teschio-umano-del-XVIII-secolo-interamente-ricoperto-da-8601-diamanti-con-un-diadema-incastonato-nella-fronte,
o il suo equivalente. S
ghigno di denti veri, che l’opera è un monumento alla “vittoria sul
decadimento” (Rudi Fuchs) [2] e che il rendere glamour (persino) la morte è un’idea
che condensa molto bene i temi e gli eventi-chiave del decennio che si sta
concludendo. Il valore auratico inoltre del Diamond Skull è stato creato e amplificato
dalle sue innumerevoli riproduzioni: su copertine di riviste, t-shirt, jeans
firmati e piatti.
Tra queste riproduzioni s’inserisce con fare
apparentemente demenziale proprio quella, non autorizzata, di Cartrain. Ma
come, Davide sfida Golia e spera pure di cavarsela? Eppure, il canovaccio
biblico qualcosa dovrebbe pur insegnarla, in questo senso; però questi, si sa,
sono tempi in cui i testi sacri non vengono granché utilizzati, se non per
tirarseli addosso. Sia come sia, l’artista teenager porta avanti pervicacemente
un’operazione di de-mitizzazione, e de-istituzionalizzazione, del teschio di Hirst;
e, per analogia, di Hirst stesso. Attraverso i suoi collage da poco, eppure
così sani, possiamo finalmente vedere For the Love of God per quello che realmente è, al di
là della propaganda e dei veli mediatici: il monumento funebre a un’epoca che
si sta sgretolando, sotto i colpi della crisi finanziaria, un’epoca in cui è
praticamente obbligatorio per gli artisti realizzare opere sempre più imponenti
e prepotenti (neonati giganti, modelle dorate e treni sbuffanti), pena la
scomparsa dal raggio di attenzione collettiva. Possiamo leggere il teschio con
le lenti di un momento storico (forse) nuovo, in cui la mutazione dei valori di
riferimento ci fa apparire un modesto cartoncino stampato più vivo e degno di
attenzione rispetto a un insieme di placche e pietre preziose.
[1] J. Jones, “Damien Hirst loses face
over Cartrain’s portrait”, The Guardian, 15 settembre 2009.
[2] R. Fuchs, Victory Over Decay, in D. Hirst, For the Love of God: The Making of the Diamond
Skull, Other Criteria/White Cube, London 2008, p.
7.
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La critica non è un problema per il sistema, anzi. Sarebbe più preoccupante una sua mancanza o peggio ancora una critica capace di guardare altrove.
Luca Rossi è un artista che cerca di portare avanti la sua opera, e pare stia avendo anche degli ottimi riscontri, si sbaglierebbe se si individuasse in lui qualcosa di diverso.
L'alternativa non potrà mai esistere finchè si riconoscerà a qualcuno il potere di decidere cosa sia arte e cosa no.
ps:Ho letto su exibart la recensione della mostra di Gea Casolaro da Gallery Apart, mi è capitato di vedere la mostra e sentire l'assistente della galleria illustrare il lavoro dell'artista ad una persona che forse era un collezionista. Non sono riuscito a trovare differenze tra le parole della recensione e quelle dell'assistente.
Purtroppo FA ha perso il suo ruolo di rivista di riferimento, mancano gli aspetti critici, manca una visione reale dell'arte, non stimola ma riporta solo informazioni.
Il sistema non è incrinato ma lo vedo molto privo di significati e di valori (nel senso artistici), tutto troppo commerciale, per lo più con costi a carico della collettività, vedi l'interessante articolo su exibart newspaper di Alessandro Riva, Alcatraz.
Buzzybud: non sei nemmeno riuscito a fare chiaramente le solite critiche clichè a flash art. Poi per il resto hai pienamente ragione. Può essere come dici tu visto che la metà dei commenti luca rossi non gli ho scritti io. ; )
Spesso capisco bene chi perpetua il silenzio colto in italia. Non si riesce ad uscire dalla dicotomia asfittica destra-sinistra, bianco e nero. Quello che accade non viene mai preso per quello che è, ma c'è sempre una dietrologia, spesso-sempre mossa da una frustazione personale. La critica non viene presa per quella che è, ma viene interpretata. Questo è abbastanza autodristruttivo.
Flash art come il sistema italiano, hanno pregi e difetti. Ma offorno una loro idea. Tutti questi critici benpensanti ( e ci metto anche luca rossi) hanno alternative???
Personalmente vivo semplicemente la mia alternativa. Ogni ruolo del sistema viene sintetizzato in un unico punto. La cosa è squisitamente autoreferenziale ed autosostenibile. Ma non è chiusa al dialogo e al confronto. Giacinto Di Pietrantonio è stata una delle figure che ho criticato, ma ci siamo confrontati e capiti. Non c'è solo la destra e la sinistra, c'è anche il dritto,l'obliquo, avanti e dietro. La realtà è fortunatamente più complessa; chi non accetta questa complessità è destinato a vivere staccato dalla realtà e fuori dal mondo. Destinato a vivere enormi illusioni e delusioni.
Flash-Art-Italia è il Vangelo (dell'arte contemporanea) secondo San Milano. Il nipote inesistente di Pasolini ci farà un video, certamente. Guariranno?
Sto Rossi che paraculetto che è. Zitto, Zitto(è un eufemismo) s'è fatto pubblicare su flash art pure con l'altro nome. Magari fossi un artigiano e sopratuto magari fossi un artista invece di essere la brutta imitazione di un critico.
Tu sei più furbo degli altri che ti hanno preceduto su questa strada, fai i discorsi giusti, quelli che sai che piacciono ai critici tipo il cavallucci. Avevi già un abbozzo di gallerista alle spalle, che aiuta, ma hai dimostrato di saperci fare. Non come artista, per carità, ma come arrampicatore. Sai che corde toccare, chi si può offendere, chi è intoccabile.
Il mondo è uno solo e Flash Art lo sa(non è un protagonista del solo sitema italiano). Dal punto di vista strategico Politi è il migliore su Piazza e i suoi risultati lo dimostrano. Poi cosa questo c'entri con l'arte non ne ho idea e probabilmente nemmeno lui.
A Rossi questo non interessa, a lui interessa quello che interessa a tutti gli artisti del mondo.
Morsiani... hai francamente terminato le tue risorse argomentative.
Ti ripeti come un disco rotto... ed è pure un 45 giri di Mandy Smith (sì quella stupenda minorenne che pur intrattenendo una relazione con un ottuagenario Brian Ferry, finì anoressica per non aver mai raggiunto la top ten... nonostante l'ottuagenario)
Continua spaesato il tuo monologo drammatico, io non intendo offrirti la mia franchezza come interlocutrice.
I tuoi, sedicenti, confronti con i "personaggi" del sistema italiano (se questo esiste in quanto ente fanta-politico) si limitano a tue invettive o unzioni, con conseguenti, nuovamente tue, combinazioni e trasduzioni magicorum, di loro affermazioni o discussioni pubbliche chiaramente slegate dalle tue elucubrazioni.
Di fatto, come vedi, non disturbi nessuno di questi che non hanno la tua stessa necessità di chiacchiera (e davvero temo che se la facciano addosso dalla paura del piccolo inquisitore e dunque non rispondano a dovere, o che tacciano per snobismo... proprio non sanno chi bla-bla sei)
... il tuo chiocciare invece alimenta una ingenua concatenazione di fraintendimenti tra i giovani studenti delle accademie, i più frustrati e bisognosi di Masanielli mediatici, o i veri ignari del funzionamento del suddetto sistema.
Coloro che considerano i tuoi interventi un'espressione di volontà critica... non conoscono la dimensione culturale, storica e metodologica della critica medesima e NON metabolizzano l'ingenuità delle tue considerazioni e misintendono la tua disonestà ----
NON CONOSCENDO il tuo anelito pregresso e CORROTTO, al raggiungimento della VISIBILITà COME ARTISTA...PROPRIO secondo i crismi che tu vorresti flagellare nei tuoi colleghi...
Te lo dico Torquemada:
E' molto difficile imbambolare chi ti conosce direttamente e ricorda le tue postulazioni di aiuto presso i tuoi colleghi mid-carrier...
---"aiutami a conoscere la gente che conta, mi devi dire come hai fatto!... non me lo dici?? da ora in poi ti massacro appena riesco e dico che siete tutti dei venduti... ... ..."
come direbbe Bugo: Fammi Entrare, per favore, nel tuo Giro Giusto!
IPSE DIXIT
E' drammatico Morsiani, che tu spenda tanto tempo a vogare contro un sistema in sè completamente delegittimato, dal proprio operato e soprattutto, dai medesimi artisti che tu consideri suoi vassalli...semplicemente per il livore di non essere riuscito a farne parte...
Gli artisti italiani stanno vivendo un momento piuttosto felice con posizioni libere, intelligenti e costruttive, senza nemmeno presupporre, come finalità ultima, quella dimensione ALTERNATIVA che tu t'arroghi di offrire...
di fatto di essere un'alternativa allo spazio infinito del nulla cosmico, non interessa a nessuno che viva il qui e l'ora.
----I princi dell'alternanza e dell'alterità presuppongono il riconoscimento di uno status quo... se questo non è determinato per sua dignità e fattuale immanenza... il principio dell'ALTERNATIVA medesimo scade nella sua categoria kantiana precipua e scompare dal linguaggio di chi abbia l'onestà di impegnarsi a FARE e non a DIRE---
sibilando da dietro una malriuscita maschera da Luther Blisset de' no'artri.
Invito chi ti segue e ti considera un referente credibile, se ne è rimasto qualcuno visti i commenti che ricevono i tuoi interventi, a DOCUMENTARSI MEGLIO sull'attualità della condizione e delle intenzioni degli artisti italiani, almeno per quanto riguardi coloro che abbiano già spontaneamente attivato un completo cambiamento di direzione dalle logiche strategiche anni novanta...
Logiche che tu dichiari di avversare e che invece, continui a considerare una realtà presente; dimostrandoti, certo, poco attento al divenire delle intenzioni e dei fatti.
Sei troooooooooooooooooooppo impegnato nella tua riflessologia "cogXXXXXnare".
Mettiti a lavorare... che al Pc ti si consumano le retine e i neuroni rimasti... visto che a secchiate li hai sfibrati in passato per tentare ad ogni costo di costruirti un CV senza MAI aver dimostrato, nemmeno a te stesso, di avere costruito un lavoro di qualsivoglia natura, fosse questa concettuale, fisica o intellettuale.
N.B.
Io me ne fotto di FA. Mi indigno per le continue dimostrazioni di fallace monopolio, nemmeno dietrologico...
di fatto la presa per il cu... questi ce la fanno davanti... dunque diciamo_ DAVANTOLOGICO-ma come si dice a Roma... certuni C'hanno il cu.. 'n faccia e dunque forse son contenti del servizio...
Se leggessi i post altrui, invece di compilare freneticamente i tuoi, primariamente potresti incrementare le tue possibilità espressive, dialettiche e figurali; in secondo luogo, eviteresti di fraintendere i contenuti dei post e dei loro autori.
sigh... sigh... sigh...
ora et labora... Enrichetto... stop preaching... just work.
Io vorrei riprendere il primo commento. Il detournement è riconoscibile nell'operazione che Cartrain. Hirst non rientra nella categoria delgi artisti che fanno abuso(ma forse nemmeno uso) del ready made.
la frase corretta voleva essere : " e temo che... NON SE LA FACCIANO ADDOSSO etc etc..."
avevo omesso un NON essenziale...
scusatemi.
Rosebud
era Bill Wyman, non brian Ferry
Un DAMIEN HIRST IN FORMALDEIDE...
su YouTube durata 1'30", l'installazione:
"Lost love" di Massimo Deganutti - 2010
http://www.youtube.com/watch?v=eHVZc-Nbquw
buona visione e commento.
Un caro saluto