13 ottobre 2010

L’ARTE MODERNA SCONOSCIUTA DEGLI AMERICAS (O DEL CARNEVALE)

 
di claire tancons

Si può parlare di Carnevale percorrendone la vicenda storica a partire dal paganesimo, attraverso l’epoca romana, per poi seguirne l’espandersi via nave verso il Sud America e il suo ricomporsi come grande opera performativa collettiva? Questo breve saggio ci prova...

di

Usando ‘carrus
navalis
’ (‘carro
del mare’) in alternativa a ‘carnem levare’ (‘addio alla carne’) come radice etimologica
della parola ‘carnevale’, propongo l’Oceano Atlantico e le navi degli schiavi
come etimitologia [1]
del Carnevale moderno nato dal traffico transatlantico. Sebbene ci siano
indicazioni storiche che il Carnevale del Nuovo Mondo, soprattutto quello delle
Americhe, sia nato proprio nel mare, sulle navi schiaviste, piuttosto che nelle
piantagioni della terraferma – come peraltro è suggerito dal rituale
dell’attraversamento dell’Equatore e da altre istanze performative – la
revisione dell’etimologia e della mitologia tradizionali ha come scopo
principale quello di seguire il movimento del Carnevale dall’Europa medievale
all’Africa e all’America coloniali e post-coloniali (e ritorno), attraverso la
sua reinvenzione come arte moderna e contemporanea.

La mia
adozione di questa linea genealogica non persegue un fine vano di veridicità
storica all’interno del territorio mitografico. Invece, ha lo scopo di ri-posizionare
il discorso sul Carnevale nel contesto dell’”Atlantico Nero”, le cui navi, per citare Paul
Gilroy, furono “mezzi viventi che connettevano i diversi punti del mondo
Atlantico
”, “elementi
mobili che rappresentavano gli spazi instabili tra i luoghi fissi che
connettevano
”.
Esse erano, più che “incarnazioni astratte del commercio triangolare”, “strumenti per condurre il
dissenso politico e potenzialmente un modo distinto di produzione culturale
” [2].

In maniera
del tutto appropriata, il Carnevale del Nuovo Mondo ha trasformato la nave da
simbolo in artefatto culturale. Eppure, esso deve ancora essere percepito e teorizzato
come un campo di studio. Troppo spesso gli studiosi del Carnevale si
riferiscono a una visione obsoleta, derivata dal Rabelais di Michail Bachtin: come lo
stesso Bachtin avrebbe riconosciuto, non può essere applicata al Carnevale del
Nuovo Mondo, dal momento che il solo Carnevale Medievale, e non quello Moderno,
costituisce la cornice storica del suo studio [3].
In Carnival (theory) After Bakhtin, la sua prefazione alla prima e unica monografia di performance
studies
dedicati
al Carnevale di Trinidad (2004), Richard Schechner scrive: “Il Carnevale di
Trinidad è divenuto al tempo stesso un hub centripeto e una forza centrifuga
per gli stili, le musiche e le maschere che attraversa le isole di Trinidad e
Tobago per irradiarsi all’esterno, verso il mondo interno. Questo tipo di
complessità mette in discussione la teoria bachtiniana
” [4]. Come Schechner, e a
dispetto della supremazia acquisita dal Carnevale brasiliano nell’immaginario
contemporaneo, credo che il Carnevale di Trinidad costituisca un punto
d’incontro unico in cui trovare la via per una teoria del Carnevale moderno.

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Dove
esattamente questo Carnevale moderno rientra nella linea genealogica di quello
europeo, ed entra in contatto con la modernità occidentale? Se il Carnevale si
è ritirato dall’Europa come massima celebrazione popolare durante l’Illuminismo
e, come afferma Jonathan Crary, si è “disperso in vari frammenti, forme
marginalizzate, sublimate e represse
” a partire dal XIX secolo [5], è riemerso in Africa e nelle Americhe
come una forma d’arte moderna seguendo secoli di colonizzazione e
fertilizzazione inter-culturale. Nel XX secolo, il Carnevale è stato più
prominente a Rio de Janeiro, Port-of-Spain, New Orleans e Cape Town che a
Colonia, Venezia o Parigi. E Carnevali in stile-Trinidad hanno piantato forti
radici a Londra (Notting Hill Carnival), Brooklyn (Labor Day Parade) e Toronto
(Caribana), attraverso un processo di retro-colonizzazione aiutato dalle migrazioni
post-coloniali, mentre il modello brasiliano è de rigueur in molte delle ex-colonie
portoghesi del continente africano.

Storicamente,
il Carnevale moderno comprende i carnevali dell’Africa e delle Americhe che
mettono in scena la modernità attraverso una (ri-)appropriazione, o
ri-possessione, della percezione in opposizione alla modernità occidentale, che
ha operato una sospensione della percezione: il vero processo che ha reso
possibile la colonizzazione europea. Così, mentre l’esperienza della modernità
occidentale è basata sulla sospensione della percezione in arte secondo Crary,
e sulla sospensione della destinazione sociale dell’arte secondo Jacques
Rancière [6], l’esperienza della modernità nel Carnevale del Nuovo Mondo è
fondata sulla ri-possessione della percezione in arte e sulla ri-possessione della
destinazione comune dell’arte
, definendo possessione un movimento che oscilla tra
l’esperienza cinestetica – in cui la dicotomia mente/corpo propria del pensiero
filosofico occidentale viene di fatto annullata – e la presa sinestetica che
unisce tutti i sensi (insieme al sesto, quello della possessione spirituale).

Marc Chagall - Il carnevale notturno – 1963 - olio su tela - 130 x 162 cm - Caracas, Museo de Arte Contemporaneo Sofia Imber Parque Central
Così come la
modernità occidentale si è radicata nel Nuovo Mondo e ha dato origine ai
movimenti artistici, talvolta percepiti e definiti erroneamente come modernismi
alternativi, e così come le ri-possessioni della percezione hanno
caratterizzato questa stessa modernità in vari punti del suo sviluppo
attraverso i vari ritorni del represso (la cui genealogia, dal Dada al
Surrealismo a Fluxus, è stata concettualizzata come performance art), possiamo immaginare il
Carnevale come l’arte moderna sconosciuta delle Americhe.

[1] L’etimitologia
è definita dal linguista israeliano Ghil’ad Zuckermann come etimologia
sincronica, l’etimologia del linguaggio così come esiste in un determinato
punto del tempo, in opposizione all’etimologia diacronica, o l’etimologia del
linguaggio o di una parola nella sua evoluzione attraverso il tempo. Cfr. www.abc.net.au/rn/arts/ling/stories/s1587501.htm.

[2] P.
Gilroy, The Black Atlantic. Modernity and Double Consciousness, Harvard University Press,
Cambridge (Mass.) 1993, pp. 16-17.

[3] M.
Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa
nella tradizione medievale e rinascimentale
, Einaudi, Torino 1979.

[4] R.
Schechner, Carnival (Theory) After Bakhtin, in Milla Cozart Riggio (ed.), Carnival.
Culture in Action – The Trinidad Experience
, Routledge, New York-London 2004, p. 4.

[5] J.
Crary, Suspensions of Perception. Attention, Spectacle and Modern Culture, The MIT Press, Cambridge
(Mass.)-London 1999, p. 236. Cit. in Peter Stallybrass & Allon White, The
Politics and Poetics of Transgression,
Cornell University Press, Ithaca (NY) 1986, p. 178.

[6] J. Rancière, Le Spectateur émancipé, La
Fabrique, Paris 2008.

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*articolo
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