L’isola della cultura |

di - 13 Novembre 2003

Compie 25 anni l’Assessorato ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione della Regione Sicilia. E prende il via una kermesse di eventi artistici e culturali, che, dispiegandosi nell’arco di 4 mesi a partire da Novembre 2003, celebreranno il patrimonio storico dell’isola, esaltandone la bellezza e il valore.
Accanto a una serie di iniziative collaterali, disseminate su tutto il territorio, alcune delle maggiori città siciliane ospiteranno eventi importanti finalizzati a restituire prestigio e visibilità internazionali alla regione.
Tre gli eventi centrali di maggior risonanza: la mostra, curata da Vittorio Sgarbi, La ricerca dell’identità. da Antonello a de Chirico, già ospitata a Cagliari e, per l’appuntamento palermitano, arricchita di nuove opere; la presentazione, al Museo regionale di Messina, di un’opera inedita di Antonello da Messina, acquistata lo scorso luglio dalla Regione a un’asta londinese di Christie’s; e il cosidetto Serpotta day, attesissimo, durante il quale saranno riaperti al pubblico ben dieci siti, tra chiese e oratori, alcuni completati, altri in corso di definizione, contenenti capolavori serpottiani. E poi ancora la riapertura dell’ala restaurata del Museo Diocesano di Palermo, rimasta chiusa per 30 anni, e l’annuncio ufficiale della conclusione dei lavori di restauro di Fontana Pretoria, importante monumento cittadino restituito all’originaria bellezza marmorea.
E’ chiaro come, in questo momento di grandi disagi e di pessimi riscontri da parte dell’opinione pubblica, il governo della Regione stia puntando molto su questa strategica forma di promozione-comunicazione, nel tentativo di restituire un quadro positivo della situazione siciliana. Situazione che, in realtà, non è per nulla rosea. In tutti i settori di competenza primaria assistiamo a un’emergenza ormai divenuta scandalosa: la sanità locale svenduta al miglior offerente, le maglie poderose della struttura amministrativa che restano una briglia oscura e impenetrabile, l’abusivismo edilizio becero e inarrestabile, l’emergenza idrica che è ormai un paradosso di sprechi e di lotte infide per il controllo territoriale… E se questo dunque è lo scenario di tutti i giorni, l’amministrazione dei Beni Culturali e Ambientali forse resta ancora, a paragone, un’isola di relativa “normalità”.
Vanno senz’altro riconosciuti all’assessore Fabio Granata i meriti di un impegno intelligente e trasparente nella lotta, durissima, alla tutela dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico, le migliori risorse dell’isola, mai abbastanza valutate. E’ proprio Granata a condurre con ostinazione una battaglia serrata contro l’abusivismo e a schierarsi contro la politica di svendita del patrimonio artistico, ritenuta una assoluta “follia” contro cui “disobbedire” a oltranza. Ma tutto questo non basta. La Sicilia rimane indietro, fuori dai circuiti nazionali e internazionali della cultura, fuori dalla contemporaneità, fuori dai giri che contano. Rimane ancorata a un’arretratezza generale che la contraddistingue su tutti i fronti, e che ha origini antiche, complesse e dure da estirpare.
L’autonomia, garantita da uno statuto speciale ormai vecchio di 57 anni e perciò abbondantemente testato – seppure mai del tutto applicato – non è stata risolutiva, non ha prodotto i benefici per cui era stata originata, e ha semmai costituito un freno allo sviluppo stesso dell’isola, relegandola a una posizione di isolamento e di sfruttamento rispetto al territorio nazionale e arginandola in una chiusura pericolosa svincolata dagli ordinari controlli. Perché il problema reale sta in chi gestisce – il potere e le ingenti somme destinate allo sviluppo – e in chi costruisce le condizioni per lo sviluppo stesso. Qui la macchina è inceppata già in partenza, il meccanismo è guasto nella struttura, nelle modalità sostanziali di articolazione dei poteri e delle economie. Dice Granata, in occasione della celebrazione del venticinquennio: “i 25 anni testimoniano la nostra autonomia, che non deve essere percepita come rottura dell’identità culturale nazionale, ma piuttosto come accrescimento delle specificità della Sicilia ”. Non è così semplice purtroppo, non è così che ha funzionato, non stando ai risultati. E ancora Granata: “le manifestazioni si concentrano per lo più a Palermo, proprio per rilanciare il suo ruolo di capitale culturale del Mediterraneo. Non vogliamo far finta di non vedere che la città è in fase di decadenza, a fronte della fama che si era conquistata negli scorsi anni”. Certo rincuora questa consapevolezza dichiarata, che viene tra l’altro da un esponente delle forze di governo locali. Ma la produzione, le strutture (musei, archivi, spazi alternativi), gli scambi internazionali, l’acquisizione di modelli di gestione e organizzazione moderni, veloci, strutturati, costanti, supportati dalle opportune specifiche competenze, in una parola l’inserimento entro contesti e modalità di respiro ampio e internazionale…tutto questo non c’è, e non se ne avverte l’ombra.
Anche in questa celebrazione importante e che doveva essere così strategica sul piano dell’immagine: nessuna promozione di eventi d’arte e cultura contemporanee è presente. Sarebbe stato interessante puntare sul rilancio e la celebrazione della cultura siciliana riservando attenzione anche al nuovo, alla ricerca, alla produzione. Salvaguardia del patrimonio storico, tutela, restauro: meritevole senz’altro e sempre auspicabile questo impegno, anche al di là delle ricorrenze. Ma il percorso da compiere è ben più articolato, e l’orizzonte verso cui guardare più esteso: l’Europa da un lato, il Mediterraneo dall’altro. Il compito che spetterebbe alla Sicilia oggi è complesso e prestigioso. Partire da questa consapevolezza è il primo necessario, sostanziale passo.

[exibart]

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  • manca interesse per la giovane arte e per favore non fate finta di niente!!
    e che sgarbi si vada a fare fottere da qualche altra parte!!
    mafioso!!

  • e di ferruccio barbera, vera mente degli sviluppi positivi del ministero ai beni culturali siciliano, vogliamo parlare? lui si che è una persona intelligente, ed è suo il merito della rinascita

  • Quando attraversai per la prima volta lo stretto tra Scilla e Cariddi, dopo l'immediato congedo a luglio dal servizio militare come ricompensa di un anno di servizio alla Patria, capii immediatamente alcune cose che mai nessuno m'aveva spiegato sui libri di storia e di geografia.
    L'isola è un territorio dove, se ci nasci, avverti di essere in un mondo tutto a parte.
    Capii che la Sicilia va visitata con i siciliani del luogo innanzitutto, che non sono tutti uguali. I catanesi e i siracusani differiscono dai messinesi. Gli agrigentini dai loro vicini di Mazara del Vallo. Palermo e Trapani si salutano ma non si confondono. Le Eolie, le Lipari, Favignana, Lampedusa, realtà ancora differenti dalla stessa gente. E così in secundis, lo è anche la testimonianza architettonica di quest'iceberg di terra nel mezzo del medirterraneo.
    La storia dei popoli c'ha scritto di tutto in questo territorio, ed i popoli susseguitisi han fatto bene e male al tempo stesso.
    E' una terra che cambia continuamente volti, come nelle più classiche teatralità dell'antica grecia. Ma il bello ed il fascino suo, son proprio questi aspetti cangianti, lungo le coste e dai margini all'entroterra.
    Non c'è niente che, se recuperato in Sicilia, non sia un bene oltre che per l'isola, anche per la testimonianza e la memoria dell'umanità.
    Ricordo quando vidi la chiesa a Noto che l'anno dopo crollo rovinosamente, esserne rimasto sinceramente sconcertato. Non erano crollate solo pietre e avvezzi barocchi. A onor del vero, quella non era la chiesa più bella, bensì quella un isolato a fianco. Chiusa per i restauri, con travoni d'acciaio che rampavano dalla strada fino alle mura esterne, riuscii ad entrare poiché il padre del ragazzo ancora militare, che mi ospitò in villeggiatura quell'estate, scoprì per puro caso di essere un parente alla lontana con una persona che stava sulla porta d'ingresso del convento annesso, quello riservato ai religiosi. Di fatto, visitai la chiesa inaccessibile all'interno, e mi ricordo che da ateo, mi trovai a sussurrare queste parole a me stesso: "mi sposerei solo qui se dovessi celebrare il matrimonio". Una magia e un incanto. Rimasi assai affascinato dall'abile finestra circolare posizionata dietro l'altare, su cui "splendeva" un sole dorato.
    Questa fu una delle tante sosrprendenti testimonianze dell'arte scoperte.
    Una sorpresa mi si rivelò alla consapevolezza dell'ignaorar da parte di un'amica palermitana, della città di Gibellina, vecchia e nuova.
    La Sicilia è misconosciuta purtroppo a molti della regione.
    Il dramma è il rilancio di un'interesse legato al turismo di massa, quello per così dire da villaggio turistico. Niente disprezzo a coloro sia chiaro, ma fare mille e passa chilometri per andare in "un'oasi felice" in un'isola, fa capire anche perché non v'è rilancio d'interesse.
    Un'ultima cosa per non sembrare patetico o di parte. Visitai l'anno dopo la Toscana. Credo che in fatto di fascino, naturale ed artistico oltre che antropologico, queste siano le prime due regioni italiane che meritano ex aequo il riconoscimento a riguardo.

    Angelo Errico

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