Fa sorridere che si trovi dello spazio, oggi, in epoca post-mediale, sui giornali specializzati e nel dibattito tra addetti ai lavori, per l’annoso dilemma
pittura sì–pittura no. L’argomento è di nessun respiro, così anacronistico e provinciale da far rimpiangere, in tema di manicheismi desueti, l’opposizione di “astratto” e “figurativo”, comoda (ancorché scorretta) traduzione
for dummies di uno dei postulati della grandiosa indagine modernista. Ma tant’è: in tempi avari di proposte intellettuali in Italia siamo a questo, agli
aut-aut antidiluviani, alla messa in discussione fuori tempo massimo del medium pittura.
Certo, il panorama non aiuta. Fatte alcune eccezioni, gli artisti che praticano la pittura in Italia sono così scarsi che i più intelligenti tra loro si danno all’installazione, al video, al ready made. Al massimo alla fotografia. Bolsi e accademici, deprimenti anche quando virtuosi, o restano (giustamente) al palo oppure si mettono in scia ad assemblare oggetti, a filmare e a concepire interventi site specific interstiziali. Come biasimarli? Quello che però non deve accadere è far finta che anche altrove sia così, lasciando colpevolmente intendere che un pittore minimamente aggiornato non troverebbe, qui da noi, terreno fertile. Soprattutto ora, con l’aria
unmonumental che tira e le sindromi di Pantagruel ormai alle spalle.
In fondo, la
conventio ad excludendum che periodicamente si abbatte sulla pittura riguarda proprio questo aspetto, il detestabile “eroismo” del suo supposto “fare grande”. Tesi dalle fondamenta solide, ma irrimediabilmente invecchiata. Perché l’estetica
blockbuster di oggi appare ascrivibile, semmai, a pratiche di altro tipo: all’ipertrofia di maxi-installazioni spesso brutte o soltanto spettacolari, al divismo di performance piatte benché rutilanti, al gigantismo di costosissime proiezioni
outdoor.
L’avvenuta spazializzazione dell’arte visiva non è in discussione, ma appunto per questo considerare automaticamente
avant ogni ricorso alla
site-specificity vuol dire aggrapparsi alla retorica. L’artista-trombone (il sedicente
vir heroicus sublimis) può aver messo via la tavolozza, ma non è certo sparito dalla circolazione: il più delle volte ha semplicemente cambiato pelle.
Per assurdo, la rinascita del disegno a partire dagli anni ’90, e più in generale la grande attenzione che circonda attualmente la produzione su carta, possono essere lette in un’ottica compensativa. Uno scambio di posizioni tra un’estetica che si dichiara “portatile”, ma che troppe volte si dimostra al contrario soltanto pervasiva, e un’altra la cui connaturata agilità può essere disgiunta dalle tradizionali “profondità” e gravezza.
Fatto sta che il disegno non è mai stato così
cool, e il disco verde del mercato non sembra intaccare più di tanto il suo appeal irresistibilmente
indie. In questo scenario, tra la riscoperta del carattere
homemade dell’ideazione e il paradosso di una decontestualizzazione vieppiù siliconata, pensare di imputare il ritardo della pittura italiana all’obsolescenza del medium, anziché alla latitanza di proposte seriamente sintonizzate sull’oggi, appare una mascalzonata.
Conviene, al solito, gettare uno sguardo oltreoceano. Meglio se riparati dietro un minimo di modestia. A New York si espone pittura a più non posso, solo che si tratta di dipinti di ben altra impostazione (e caratura) rispetto a quelli che si vedono dalle nostre parti. Gli artisti si servono del mezzo più tradizionale per realizzare oggetti felicemente in subbuglio, intimamente malfermi, quadri così onestamente
hipster da apparire puntualmente fuori posto – a proposito di estetica contestuale – una volta fissati a parete. Anche quando viene scelto un taglio massimalista-romanticheggiante.
Una pittura nel contempo ebbra e schiva, da cameretta in fiamme più che da atelier, praticata com’è giusto per via di profanazione, senza invocare ritorni al mestiere reazionari e insensati. E di questo c’è un gran bisogno, di talenti in grado di muoversi velocemente come vignettisti, anziché di vignettisti che appesantiscono il loro discorso per apparire artisti.
Su un dato non sussistono dubbi: la pittura come medium debole non può che partecipare della congiuntura presente, in cui, stante il logoramento dell’iperrealismo e dei suoi derivati,
e rilevato il crescente disincanto nei confronti del prodotto tecnologizzato o realizzato industrialmente, l’attualità della visione scopertamente manufatta promana non da una riscoperta ridondanza auratica, ma al contrario dal potenziale offerto da un’effettiva precarietà di toni e modalità. Una piega ormai consolidata, cui sono riconducibili la rilettura concettualista del disegno, e un’attrazione diffusa anche nel Belpaese nei confronti dell’assemblage di sapore
junkie.
Ma allora, in conclusione, visto che a porsi in controtendenza in ambito internazionale è la singolarità italiana di una produzione pittorica perlopiù impresentabile, chiedersi oggi se dipingere abbia ancora un senso, anziché a darsi una svegliata, può servire soltanto ad assecondare altro sonno.
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e Minotti? è un genio ahahhhhhhhhhhhhhhhhhhhahh
Se in Italia gli artisti e i pittori non emergono, è perchè mancano critici, curatori e galleristi bravi e capaci, come lo sono quelli stranieri.Gli aristi italiani vanno all'estero come i ricercatori e ottengono solo grazie ai loro meriti.
L'arte e' morta.Tutti ne parlano,critici
importanti,(ESPERTI) girano,girano'intorno
Vive o non vive l'arte.Per me e viva,e
vegeta,ed rappresenta la salvaguardia della
specie umana.G.BB.
La pittura in Italia è vivissima ed è venduta e conosciuta anche all'estero, c'è solo chi finge di non vederla. Uno si può chiedere il motivo della sua invisibilità e del suo sistematico deprezzamento. Il motivo è semplicemente legato alla formazione dei curatori, indirizzati ad un arte concettuale ampiamente sostenuta dalle fondazioni. Cosi il mondo artistico italiano è fatto di giovani artisti concettuali usa e getta, sfruttati un anno o due per giustificare qualche finanziamento, e buttati nel dimenticatoio. Il resto del mondo artistico, quello reale, che paga le tasse e lavora è nascosto come una vergogna. L'odio nei confronti dell'arte figurativo è abilmente mantenuto, coltivando fra i giovani, un vasto pensiero ideologico anti mercato (come se l'arte concettuale non avesse un prezzo!).
Il caso dell'Italia non è unico, ormai tutta l'Europa e gli US conoscono da tempo (per non dire da sempre) un vasto mondo artistico parallelo basato sulla pittura e la figurazione.
Concordo con Serafini ed aggiungo che sarebbe onesto guardarsi intorno ,basta solo Milano, per rendersi conto di che lavoro cè nei seminterrati della città.
Prendete MDMA ,la guida di Gianni Moretti, e vi renderete conto voi Snob con i prosciutti sopra gli occhi che volete solo vedere e vendere l'artista usa e getta,cito Serafini, che non ha bisogno di vendere per pagare l'affito , tanto ci pensa il papy direttore di non sò che cazzo!
Invece il resto, lo snobbato da voi nobili, lavora e riesce , con la propria opera , a pagarsi l'affittto e a fare una vita d'artista dignitosa senza le menate della pittura viva, morta e del figlio di papà che gioca a fare l'artista facendo un arte snob ,modaiola e scimmiottata da quello che fù l'arte '60 e '70 dello scenario italiano.
Lunga vita alla Pittura che dà da mangiare a tutti da sempre.
Meditate gente , meditate e parliamo di Italia ogni tanto non di estero , lo conosciamo , state tranquilli , ci siamo andati e ci andremo ancora ,ma siamo italiani e porcaputtana dobbiamo urlarlo a tutto il mondo!
DI ARTISTI CE NE SONO TANTI.
BRAVI E NON.
IL MERCATO DELL'ARTE PERO' E' MOSSO DA CRITICI E GALLERIE, A LORO IL COMPITO DI DECIDERE CHI VA BENE E CHI NO.
DETTO QUESTO C'E' SPAZIO PER QUALUNQUE ARTISTA RIESCA AD ESPRIMERE QUALCOSA.
L'ERRORE DEL SIGNOR GUAGLIANONE?
INTENTARE UNA DISCUSSIONE SU UN PROBLEMA INESISTENTE.
C'E' SOLO UNA GRANDE VERITA' PER ME: E' DEGNA DI CHIAMARSI OPERA D'ARTE QUALSIASI COSA TRASMETTA UN PENSIERO.
PUO' ESSERE TANTO VALIDA UNA SCATOLETTA CON DENTRO FECI QUANTO L'USO DI SOSIA PER FAR RIFLETTERE...
L'ARTE HA LA FORTUNA DI AVVALERSI,CON IL PASSARE DEGLI ANNI,DI NUOVI MEZZI COME L'UOMO SI EVOLVE COSI' L'ARTE ESPLORA NUOVE POSSIBILITA' COMUNICATIVE.
CHI DISCUTE DEL MEDIUM FA LO STESSO GIOCO DEL MECCANISMO BACATO ITALIANO.
PROVATE SOLO A GUARDARE LA VARIETA' DEGLI ARTISTI TRATTATI ALL'ESTERO,TUTTI CON LA STESSA DIGNITà...RIVEDETEVI GLI ESITI DEL TURNER PRIZE...
GLI ITALIANI,GIOVANI,NON RIPIEGANO SU DIVERSI SUPPORTI PER SCIMMIOTTAMENTO MA PERCHE' IL FERVORE Eè TANTO E QUELLI CHE HANNO LE REDINI PREFERISCONO DAR CREDITO SOLO AI PRIMI DELLA CLASSIFICA DI FLASH ART...
QUESTA NON E' L'ITALIA CHE "LAVORA E SUDA"
credo sia giusto,che ogni tanto qualcuno esca fuori dal coro.CAZZO! nn possono sempre parlare i soliti ignoti!...l'articolo nn attacca niente...oppure attacca tutto 'il sistema'.lo scardina,lo macina in mille pezzi o altrimenti lo pompa lo 'magnifica' nel grande salto moderno&contemporaneo del "questo s vende,x ciò m vendo pure io e lo faccio".
chi sa fare saprà fare x sempre,ma soprattutto il tempo darà ragione a quelli che perseverando nn avran chinato la testa x ritrovarsi alla fine cn solo uno scomodo cappio al collo. chi invece nn sa fare,ma oggi fa...nn durerà,e un giorno forse,smetterà pure d pagarci le bollette.
(dunque questo e da considerarsi il misero commento d chi questo mondo artistico l'ha scelto ma ancora nn lo vive)
prego,adesso, continuate a scannarvi cm porci!
La riflessione di Pericle mi pare in generale
interessante. Forse si sente il bisogno
di un fare lento e a mano le cose con maggiore
profondità e spessore creativo, in opposizione
alla ipervelocità del vivere contemporaneo e di molta
arte vuota e superficialmente " comunicazionale".
Il problema poi è quello di capire quale sia
la "pittura" più interessante oggi. Non mi sembrano così propositivi i quadri indicati
da pericle. Come del resto mi pare pure stracotta
la formula dell'italiano sfigato e dell'americano
"giusto".
Alcune cose che pochi sanno sulle gallerie indicate nell'articolo...Rivington Arms,la galleria situata nel palazzo dell'east village di propietà del papà di una delle due snobbissime e odiose paris hilton ha chiuso già da un anno..quando il gioco costa troppo e comincia ad annoiare non c'è Dash Snow che tenga.
Secondo,provate a parlare con gli artisti di Daniel Reich e sentirete quanto sono contenti di non essere mai pagati.Lavorare se si ha voglia o c'è urgenza,tanto tutto si accomoda.
Questo articolo ha suscitato molto interesse... ma questo "molto interesse" suscitato... a sua volta... non ha acceso alcuna necessità o desiderio di replica in Guaglianone... almeno finora così parrebbe... eppure io una "risposta giustina" la aspetterei ancora...
se è vero allora che: domandare è lecito, ma rispondere è solo cortesia...
Allora... cortesemente,
Sii cortese... Pericle...e rispondi..
per cortesia.