ROTTERDAMIZATION |

di - 15 Ottobre 2009
Una sessantina di chilometri
dividono l’hub di Schiphol da Rotterdam, dotata d’un aeroporto piuttosto
modesto. Grazie ai treni che collegano le due destinazioni, frequenti quanto
un’efficiente metropolitana, ci si lascia rapidamente alle spalle imbarchi e
rollii. Procedendo verso sud, la modernità cede temporaneamente il passo alla
storia dell’arte. Una delle prime tappe è Leida, dove Luca nacque e morì, lasciando lo straordinario Loth e
le sue figlie
, che – scrive Artaud –
rende a mio parere inutili e vani i quattro o cinque secoli di pittura che
lo hanno seguito
”. Pochi minuti e si
sfiora la Delft di Vermeer. Il
paesaggio scorre veloce, e così i secoli. La prova si ha uscendo dalla stazione
di Rotterdam: ad accogliere il viaggiatore, un enorme cantiere, la cui chiusura
è prevista fra una decina d’anni.
Ora le direttrici su cui
muoversi sono tre: arte, architettura e design. La prima coincide con la
deambulazione lungo la Witte de Withstraat e il Museum Park, dove costante
aleggia la presenza di Erasmo. Si comincia col il Witte de With, centro d’arte
fondato nel 1990 e attualmente diretto da Nicolaus Schafhausen – il curatore
del Padiglione tedesco di questa 53. Biennale, che ha invitato Liam Gillick -, dopo il passaggio di personaggi del calibro di
Bartomeu Marí e Catherine David.
Nel medesimo edificio è
alloggiato il Tent, che ha una vocazione più locale, prestando attenzione
soprattutto ad artisti e questioni concernenti la città. Pur essendo una
struttura indipendente, il Tent pare un’ampia (1.000 mq) project room.
L’attuale nome e collocazione risale al 1999, ma l’esperienza risale al 1994.

Pochi passi e, dall’altro
lato della strada, s’incontra il Fotomuseum. Luogo interessante di per sé, ma
ancor più per aver ospitato la prima mostra organizzata da RAiR – Rotterdam
Artists in Residence, che confedera per l’appunto gli artisti che hanno
usufruito d’una delle residenze nella città olandese, messe a disposizione da
Duende, foundation B.a.d, Het Wilde Weten, Kaus Australis e Kunst &
Complex.
Ancora minime distanze per
giungere nell’area più “storica”. Dapprima s’incontra la Kunsthal, il cui
rutilante edificio è stato disegnato da Rem Koolhaas, il cui OMA ha il suo headquarter in città.
Poi arriva un altro
highlight, il Museum Boijmans Van Beuningen, che permette di compiere un
lunghissimo viaggio dal Medioevo alla contemporaneità grazie a una
straordinaria collezione e a una fervente attività di mostre temporanee. E se
si reperiscono agilmente i lavori più noti – per citarne soltanto uno, la Torre
di Babele
(1563 ca.) di Bruegel il
Vecchio
-, segnaliamo alcune curiose
presenze: l’Ultima cena di Jerg
Ratgeb
, che si fa apprezzare per la
compostezza con la quale uno degli apostoli si soffia il naso, scostandosi
appena dal tavolo; la Santa Caterina di
Domenico Beccafumi, le cui
stigmate paiono conseguenze occasionate dai raggi laser che provengono dal
crocefisso; il grottesco Die wil regten om een koe di di Cornelis Saftleven, che tramite buffi quanto inquietanti umani zoomorfi
illustra il motto “litigare per una vacca te ne costerà almeno un’altra”. Alla dodicesima sala non si può fare a meno di
notare un buco nel pavimento, dal quale emergono una testa e due mani: è il Senza
titolo
di Maurizio Cattelan. Vale la pena di sbirciare con attenzione, poiché
sotto la soletta l’opera prosegue…
La passeggiata nella zona dei
musei non può che terminare con una visita al mitico NAI, il Netherlands
Architecture Institute, sia per l’edificio di Jo Coenen che per la ricchissima biblioteca specializzata.
Architettura, dunque. La
maniera migliore per godersela è imbarcarsi su un battello che solca il Nieuwe
Maas, così da poter osservare con calma l’Erasmusbrug, il ponte completato nel
1996 da Van Berkel & Bos Architecten. E se la prima caratteristica che attira l’attenzione è la curiosa
forma spezzata dei piloni, merita più di un’occhiata la lunghezza della parte
che può esser sollevata per consentire il passaggio delle navi di maggior
stazza: sono ben 89 metri.
Da non perdere il KPN
Telecom Building
di Renzo Piano, che si trova proprio a un’estremità del ponte
intitolato a Erasmo. Poco distante da un altro il ponte, il Willemsbrug, si
trova invece una sorta di enclave strutturalista
che costituisce un pezzo importante della storia dell’architettura: sono le Kubuswoningen di Piet Blom, un villaggio nella città che si apprezza distintamente pure dal
satellite.
Trasferendosi nell’area dei
docks – in taxi si possono sfogliare un paio d’interessanti magazine locali,
“Moose” e “Gup” – e prendendo qualche appuntamento si entra nel vivo del
laboratorio olandese. Qualche esempio? Incontrare nel suo studio di
Marconistraat Richard Hutten, il
designer delle deliziose mug dalle
grandi orecchie-manici, non a caso chiamate Dumbo. Nella medesima via si può disturbare Vincent de
Rijk
, vulcanico sperimentatore di
materiali, in specie di resine trasparenti per OMA. Passando alla fotografia,
si può curiosare nell’archivio di Bas Princen, scovando il lavoro sulla Linea veloce
Milano-Bologna
, ospitato nel 2006 a
Rubiera, la recente indagine sul “quartiere del riciclo” del Cairo.
In quale occasione trascorrere
un weekend in città? Un’idea è cogliere l’opportunità di visitare pure Art
Rotterdam
, la fiera d’arte che si
tiene all’inizio dell’anno. Nel 2009 si segnalava anche qualche presenza
italiana, con Federico Luger che divideva lo stand con la Galleria 42 di
Modena, e con un’altra coabitazione, quella fra Pianissimo e la
meneghin-olandese Klerkx. Negli stessi giorni si tiene Object Rotterdam, ovviamente dedicata al design.
Un consiglio per il
pernottamento? L’Hotel New York è restato (quasi) identico al luogo da cui
partivano gli emigranti del Nord Europa alla volta del Nuovo Mondo.

marco enrico giacomelli

link correlati
www.iabr.nl
www.artrotterdam.nl
www.objectrotterdam.nl
www.hotelnewyork.nl


*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 60. Te l’eri perso? Abbonati!

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