STRATEGIE MUSEALI

di - 6 Dicembre 2009
Circoscriviamo la conversazione alla gestione museale
nostrana. I musei italiani sono gestiti principalmente dalle amministrazioni
pubbliche, mentre i musei di stampo anglosassone spesso hanno gestioni private
o miste. Come potremmo adattare questo modello di marketing culturale alla
specificità italiana? Gestire finanziamenti privati e burocrazia pubblica?

La museologia anglosassone segue sistemi molto efficienti,
quindi ha senso che sia presa come modello. Il grande vantaggio dei musei
americani e inglesi è che, con la privatizzazione dei finanziamenti, il museo
può occuparsi principalmente del pubblico, senza preoccuparsi dei soldi. I
musei italiani invece hanno bisogno di finanziamenti perché sono legati al sistema
pubblico, che nega un sostentamento continuo e significativo. Voi avete un
patrimonio enorme e non è giusto spendere ingenti capitali per mostre
temporanee. Dovete conservare e valorizzare quello che avete nei musei.
Dovreste cercare finanziamenti privati, che possono arrivare se si sensibilizza
l’attenzione sulla straordinaria ricchezza storico-artistica che avete.

In che modo il museo d’arte contemporanea italiano deve
aggiornarsi ai nuovi pubblici e aprirsi a nuove strategie di marketing? A Roma
abbiamo due musei del genere, il Macro e il Maxxi, che aprirà definitivamente
nei prossimi mesi. Qualche riflessione?

Tutto quello che si vede a Roma è incredibilmente bello.
Se gli americani ne avessero una millesima parte, la sfrutterebbero al massimo.
È quello che dovete fare voi, essere orgogliosi di quello che avete. L’arte
contemporanea è difficile da capire, lo so perché ho lavorato al Museo d’arte
contemporanea di Chicago. L’arte contemporanea ha bisogno di molte spiegazioni
per essere apprezzata e il museo deve educare il pubblico. Ad esempio con
l’ausilio di personale specializzato che stia in sala e si renda disponibile in
modo libero, come servizio gratuito che il museo offre al suo pubblico. Senza
spiegazioni le persone non capiscono e si sentono di aver buttato via i soldi
del biglietto d’ingresso, che comunque è troppo caro proprio a causa della
povertà dei musei italiani.

Il marketing culturale in Italia è ancora mal visto da
quella parte d’intellettuali che si schierano contro la “mercificazione”
dell’arte. Soprattutto nel caso di prestiti internazionali, c’è chi si oppone a
scambi di opere se dettati da interessi politici. Come si possono conciliare
economia, politica e cultura senza che la qualità dell’offerta culturale passi
in secondo piano?

Quando sento dire che il museo e l’arte non sono
mercificabili e vendibili come la Coca Cola, rispondo che è vero, ma poi
chiedo: “Saresti disposto ad abolire anche il mercato dell’arte che ruota
attorno ai collezionisti, alle gallerie e alle case d’asta?”. La risposta è no,
non vorrei eliminare tutto questo, ma non è la stessa cosa. E allora replico
che si tratta comunque di una forma di vendita, anche se a un livello più alto.
Quindi, sono d’accordo che vendere arte è qualcosa di più nobile che vendere una
tazza di rame, ma il museo, oltre a un luogo in cui conservare ed educare, è
anche un’impresa culturale che segue le regole del marketing.

Cultura e turismo, cultura di massa e turismo
culturale. Anche in Italia sono nati musei d’arte contemporanea per ridar vita
a zone depresse, ma si rischia un esubero di strutture senza una vera e
propria ragion d’essere, che dopo pochi anni dall’apertura entrano in forte
crisi economica. Come bisogna gestire la realtà museale periferica? Quali
risorse si possono cercare per aiutare questi musei a sopravvivere?

Non bisogna mai perdere le buone occasioni per educare il
turista a un consumo consapevole della cultura. Quante persone arrivano al
Colosseo, guardano e se ne vanno! Sarebbe meglio che si fermassero un’ora a
capire il suo valore di simbolo del potere della Roma antica. Dovete offrire
l’occasione per fermarsi e capire che non è il set di un film. Non dovrebbero
esserci le bancarelle dei souvenir, le audioguide o il biglietto d’entrata.
Inoltre, è assurdo che le indicazioni siano solo in italiano, quando il
Colosseo è visitato da persone di tutto il mondo.

Ha detto che bisogna distinguere “strategia” e
“missione”: la prima indica come
il museo intende agire, la seconda perché il museo intende agire. Al
museo italiano spesso manca proprio la strategia. Mi chiedo allora se strategia
e soldi costruiscano il potere di un museo ancor prima dell’importanza delle
sue collezioni…

Devo confessare che molti musei mi chiamano come
consulente e scopro che non hanno un business plan, e io continuo a stupirmi di come
sia possibile non pianificare economicamente, anche perché questa mancanza
rispecchia un disordine organizzativo anche nell’offerta culturale e didattica
del museo.

Crede sia sensato conservare l’arte contemporanea nei
musei?

L’arte contemporanea è specchio del nostro tempo e non la
possiamo ignorare, anche se è difficile decidere cosa conservare e cosa no. Il
mercato finisce per fungere da indice di valutazione. Non so se Damien Hirst
sarà meritevole di sopravvivere alla storia come la Pietà di Michelangelo, ma cosa dobbiamo
fare con quello squalo o con quella mucca? L’arte contemporanea è spesso
effimera. Penso che non conosciamo quali siano le cose più importanti perché
abbiamo bisogno di tempo. Ma vedi, comunemente si dice che il Rinascimento è
stato un periodo storico-artistico prettamente italiano e fiammingo, e che in
Inghilterra non c’è stato niente di simile. La differenza è che in Gran
Bretagna si è conservato pochissimo di quel periodo identificato come il
rinascimento inglese, perché Cromwell e il suo seguito hanno distrutto tutto.
Passa alla storia solo ciò che si conserva!

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www.artstrategies.org

a cura di federica forti

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Visualizza commenti

  • e chiedono consiglio ad una americana????
    non ho parole, viste le condizioni in cui si trovano loro, dovrebbe essere il contrario.
    Abbiamo un autostima pari a zero!!!

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