Quanto costa un edificio pubblico? In genere troppo poco.
Come dimostra il fatto che la stragrande maggioranza dei progettisti che
lavorano con Stato, Regioni e Comuni vivono in uno stato di perenne
frustrazione. Devono, infatti, realizzare opere chiavi in mano a 1.000 euro al
metro quadrato. Troppo poco per ottenere una qualità decente e per essere
sicuri che nel corso del tempo tali costruzioni non si degradino perché
realizzate con materiali scadenti. Inoltre, chiunque sa che ogni problema
rimandato prima o poi si ripresenterà e che ciò avverrà quando per risolverlo
serviranno molte più risorse economiche. Lasciamo stare, infine, gli aspetti
estetici. Con budget limitati devono ridursi le vetrate, scomparire i
rivestimenti pregiati e si devono utilizzare quelle finiture orrende che
rendono le nostre scuole, i nostri ospedali, i nostri uffici circoscrizionali
tra i più brutti d’Europa.
Ovviamente esistono eccezioni. E alcuni progettisti
estremamente capaci riescono, pur con risorse molto limitate, a fare miracoli.
In questo periodo ho avuto la fortuna di curare una serie di libri che
documentavano la recente produzione italiana e, devo dire, che sono rimasto
letteralmente stupito dalla bravura di tanti architetti che, con budget inferiori
ai 1.500 euro al metro quadrato e, a volte, di poco superiori a soli 1.000 euro
al metro quadrato, sono riusciti a realizzare opere di grande qualità e
bellezza e anche in classe energetica A.
Proprio per questo motivo sono rimasto
allibito dalle cifre che in questi giorni sono circolate a proposito delle
opere realizzate dalla Protezione Civile. Se risponde a verità la notizia che
le case in Abruzzo sono costate 2700 euro al metro quadrato, dovremmo porci più
di qualche domanda. Anche perché se è vero che l’emergenza ha fatto aumentare i
costi, è anche vero il fatto che le ditte costruttrici hanno avuto, e proprio a
causa della fretta, la strada facilitata e ciò avrebbe dovuto fungere da
calmiere. Un committente che ha maggiore discrezionalità, infatti, ha – almeno
così mi piacerebbe credere – maggiore forza per trattare il prezzo. E non ci si
racconti che le case erano arredate e nel frigo c’era una bottiglia di
champagne. L’arredamento può incidere per 200 euro al metro quadrato e la
bottiglia, anche se di ottima marca, per un euro.
Quando poi dai 2.700 euro
passiamo ai 4.500 delle opere al G8 de La Maddalena, la sorpresa aumenta. Anche
perché, secondo alcuni, forse non si tratta neanche di 4.500 ma di 6.000 e
più. Mancano, infatti, dati certi. Nel senso che è difficile sapere quanto ogni
edificio sia venuto al metro quadrato, in modo di permettere all’opinione
pubblica, al tax payer, di sapere e con precisione quanto questo complesso
pasticcio (ricordiamoci che il G8 che doveva svolgersi a La Maddalena è stato
poi spostato a L’Aquila) sia venuto effettivamente a costare.
Salendo ancora
nel capitolo degli importi, incontriamo il Maxxi della Hadid. Per fortuna si
tratta di un magnifico museo che vale, almeno dal punto di vista estetico, i
150 milioni di euro che è venuto a consuntivo. Ma, appena facciamo i conti,
vediamo che 150 milioni diviso 20.000 metri quadrati fanno 7.500 euro al metro
quadrato. Cioè circa 7 volte di più di una scuola o di un ufficio pubblico. Non
appena ho sollevato la questione ho ricevuto una telefonata da un amico che mi
invitava a lasciar perdere con questi conti, sostenendo che un intervento
chirurgico di un grande luminare costa cento volte di più di quello di un
medico condotto. Probabilmente c’è del vero. Anche se il paragone regge sino a
un certo punto, perché non stiamo parlando dell’onorario del professionista ma
dei ferri o, se vogliamo, dell’affitto della sala operatoria, che non dovrebbe
variare così sensibilmente da caso a caso.
Qualcun altro – credo Pio Baldi – ha
sostenuto che i costi esagerati del Maxxi sono derivati dalla forte
sperimentalità del progetto. La risposta soddisfa sino a un certo punto: mi
sembra che di sperimentale al Maxxi ci sia poco e di getti in calcestruzzo,
anche con pareti curve o sghembe, sia pieno il mondo. Una terza giustificazione
mette in gioco i costi dei musei americani, che sono di ordine simile. Ma viene
spontanea l’obiezione che costruire qualsiasi cosa in America viene molto,
molto di più che in Italia. E non ha senso, per fare un esempio, dire che è
bene pagare a Roma una tazzina di caffé tre euro perché tanto costa a New York.
Inoltre, per restare in Europa, il Guggenheim di Bilbao fu pagato meno di 100
miloni di dollari, licenza di franchising inclusa. Al cambio attuale, circa la
metà del Maxxi. Amo molto Zaha Hadid ma non mi sembra che la sua opera romana
si possa, né per complessità né per risultati ottenuti, paragonare al
capolavoro di Gehry.
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e il Bauhaus
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LPP,
che ne pensa del Maxxi? luigi prestinenza puglisi
docente di storia
dell’architettura contemporanea presso l’università la sapienza di roma
*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 65. Te l’eri perso? Abbonati! [exibart]
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Il costo è un fattore veramente determinante. E a proposito del Maxxi vogliamo poi parlare degli aspetti funzionali? Come verranno allestite le mostre in un contenitore così spettacolarmente mancante di spazi neutri necessari all'arte contemporanea?