Determinato a mantenere un profondo legame con l’arte contemporanea, il Laboratorio Casati ha istituito nel 2022 il Premio internazionale d’Arte Casati, che ogni anno presenta – come simbolo di creazione e innovazione – un’ampolla d’artista. Ocypete è, nell’edizione corrente, l’opera vincintrice, a cui Fabrizio Cotognini, visionario tout court, ha dato origine nella mitologica e ancestrale forma di un’Arpia senza ali.
Ocypete, dal greco ὠκύπους ovvero “piede veloce” che vuole significare “scorrere”, era non per caso, proprio una delle Arpie, figlie di Taumante e di Elettra. «Prometeo dei collezionisti per quell’essenziale je ne sais quoi, egli è capace di coniugare l’archeologica simbologia alchemica ad un’attitudine squisitamente moderna, realizzando opere che possono abitare le stanze del contemporaneo impreziosendole. Trasmettendo una plastica torsione dei volumi e caricandola di un’energia galvanica capace di restituire un vibrante cromatismo, Cotognini ha reso omaggio ad uno spirito femminile ancestrale, reperto complesso qual è quello dell’arpia, potente figura di collegamento tra mondi, qui progettando una capsula per ampolle che procuri l’emozione di una fragranza che evochi una sensazione e ispiri una sinestesia», spiega Elena Paolini portando all’attenzione la capacità dell’artista di porsi in diretta consonanza con lo spirito meditativo della Maison che, oltre a perseguire l’esclusiva produzione di un raffinato olio d’oliva secolare, sviluppa sofisticate essenze, cammei e lussuose candele frutto di una prolifica collaborazione con antiche cererie seicentesche, ben innestandosi in quel credendo vides che muove le sue iniziative.
«Nell’ambito della mondanità femminile, di quell’eleganza impetuosa e sublime che caratterizza la luce creativa di Casati, Cotognini evoca indirettamente anche un’altra conoscenza cara alla Maison, la Marchesa Casati, la cui flânerie aleggia tra i linguaggi affini al suo elettivo stile, posandosi tra le ultime creazioni, favorendo l’antico adagio per cui il mistero è un silenzio che profuma di buono», conclude Paolini.
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