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Betty Salluce è l’artista vincitrice del Premio Cramum Reti for Art, il riconoscimento che amplia il Premio Cramum, arrivato alla decima edizione e il cui vincitore, Enrico Antonello, era stato già annunciato a gennaio. Ideato con l’obbiettivo di rafforzare il legame tra arte e azienda, il Premio Cramum Reti for Art è stato attribuito direttamente dal personale della società Reti, tra i principali player italiani nel settore dell’IT Consulting e specializzata nei servizi di System Integration, che ospita, presso la propria sede di Busto Arsizio, la mostra Eroi?, con le opere dei dieci finalisti della decima edizione del Premio Cramum.
La giuria del Reti for Art era quindi composta da 350 lavoratori della società, che hanno potuto conoscere ed esprimere una valutazione sui lavori in esposizione. Questo processo ha portato alla selezione di Betty Salluce quale vincitrice del premio acquisizione, dotato di 2.500 euro. Grazie alla generosità del Presidente dell’azienda, Bruno Paneghini, e di sua moglie, Ilenia Carnio, l’opera dell’artista vincitrice sarà esposta permanentemente all’interno del Campus Reti. Premiati anche i tre lavoratori – Paolo Zaffaroni, Valentina Bandera ed Elisa Cattaneo – che hanno meglio motivato il proprio voto. L’opera di Salluce sarà acquisita ed esposta in modo permanente all’interno del Campus Reti.
Il valore essenziale dell’arte
«Il Capitale umano è un attore imprescindibile e irrinunciabile del nostro modo di concepire il mondo non solo dell’arte», ha spiegato Sabino Maria Frassà, Direttore Artistico Cramum. «La collezione Paneghini si estende da anni in tutti gli ambienti in continuo divenire del Campus Reti, cuore dell’omonima società che quest’anno celebra il trentesimo anno di attività. Ho e abbiamo voluto fortemente questo nuovo Premio per rafforzare ulteriormente il legame tra arte e azienda, in linea con la visione olivettiana per cui lavorare nel “bello” favorisce la crescita e il benessere sia dell’impresa sia delle persone. L’arte non è (più) un semplice ornamento per le pareti degli uffici, ma può diventare motivo di ispirazione, aggregazione e condivisione. Lo è oggi, ancora di più grazie a questo Premio che ha trasformato i lavoratori in consapevoli giudici e collezionisti, dando loro la possibilità unica di scegliere in modo diretto e insindacabile quale artista “far entrare” nel luogo in cui lavorano. A dimostrazione che l’arte può fare la differenza anche in azienda, mi ha infine colpito la profondità delle riflessioni dello staff di Reti riguardo alle opere in mostra: punti di vista autentici e arricchenti di una comprensione in divenire dell’opera d’arte intesa quale metafora della società e della nostra stessa esistenza».
«In Reti crediamo che l’arte sia portatrice di due valori essenziali: la bellezza e la condivisione», ha dichiarato Bruno Paneghini, Presidente e Amministratore Delegato di Reti. «Grazie al Premio Cramum, non abbiamo solo avuto la possibilità di conoscere il lavoro e la poetica di giovani artisti emergenti, ma abbiamo inoltre potuto inserire una nuova opera nella nostra collezione. E a rendermi ancora più gratificato è il fatto che l’opera sia stata scelta dai dipendenti, che vivono quotidianamente gli spazi del campus. In questo senso l’arte si fa catalizzatore di riflessioni, pensieri condivisi e discussioni in grado di creare un ambiente che va oltre la sfera lavorativa e porta la relazione tra colleghi a un livello più umano e intimo».
Sarà possibile visitare la mostra Eroi?, con le opere dei finalisti del Premio Cramum – Enrico Antonello, Mattia Barbieri, Giulio Boccardi, Gisella Chaudry, Edson Luli, Simone Mazzoleni, Monica Mazzone, Guido Mitidieri, Francesca Piovesan, Caterina Roppo, Betty Salluce – insieme a quelle dell’artista fuori concorso Francesca Piovesan, fino al 4 maggio, iscrivendosi sul portale dell’azienda.
Premio Cramum Reti for Art: Anisa, l’opera di Betty Salluce
Incentrata sulla struggente storia di una giovane donna immigrata in Italia dal Bangladesh, l’opera Anisa, di Betty Salluce, vincitrice del Premio Cramum Reti for Art entra così nella collezione Paneghini ospitata da Campus Reti. «L’eroe, inteso quale figura archetipica, attraversa la cultura umana fin dalla sua codificazione», così l’artista racconta la sua opera. «Il percorso dell’eroe è il topos alla base di qualsiasi racconto, ricalca codici che si perdono nella storia della narrativa, sia orale sia scritta. L’eroe per eccellenza è Ulisse, che, con il suo corpo, attraversa terre e pericoli, per tornare ad una casa da cui la guerra troiana l’aveva allontanato», continua Salluce, mettendo in dialogo il fenomeno dell’emigrazione con «Le mille sfaccettature dell’eroe».
Per l’arista nata a Matera nel 1992, «L’epopea del viaggio e l’incontro con una cultura altra definiscono un percorso di crescita decisivo, che al mondo si apre per sfuggire al proprio Paese, quando questo diventa un teatro vuoto di umanità e serenità. Anisa è, dunque, prima di tutto il ritratto di un eroe, una ragazza del Bangladesh, da cui il quadro prende il nome, ma anche un ritratto corale, che vuole dar forma visiva all’emigrazione e alla sua epopea tanto mitica quanto sofferta e ingiusta», continua salluce, descrivendo la sua opera.
«La mano si abbandona, si mostra nel suo aspetto più intimo (il palmo), racconta il passato e promette il futuro, futuro che rimane fuori dal ricamo che ne delinea il contorno, una separazione netta quanto labile (la linea non è continua ma tratteggiata). I ricami colorati spezzano il grigiore circostante, andandosi ad intrecciare con le “linee della vita”, che nella cultura popolare rappresentano la vita umana nelle varie fasi che questa attraversa. L’artista ne crea di nuove, le moltiplica, ne cambia i percorsi, attraverso i ricami, dona ad Anisa le strade fatte e quelle solo sognate, ne celebra la partenza e ne traccia un ritorno, non ad un luogo preciso ma ad uno stato dell’animo, ad una quiete ed al silenzio dei giusti. Un futuro in cui non c’è bisogno di eroi è l’unico futuro di pace possibile, la storia mai scritta che pone fine a tutte le storie possibili».
I lavoratori premiati
Riguardo ai lavoratori premiati, il primo classificato Paolo Zaffaroni ha vinto per la riflessione proposta sulla ricerca artistica di Gisella Chaudry: «L’impressione che lascia l’opera Punto di contatto di Gisella Chaudry è quella di un paesaggio desolato e brullo. Se relazioniamo tale elemento al titolo dell’opera, può sembrare che il contatto degli altri lasci su di noi abbia un effetto devastante e di desolazione. Ma, se si affronta il tema da un altro punto di vista, ogni cratere può essere interpretato come un dono di una parte di sé, inteso anche come pura condivisione di esperienza, di conoscenza, di punti di vista…di emozioni. Del resto già secoli fa l’apostolo Paolo spiegava che “vi è più gioia nel dare che nel ricevere”. Ogni cratere diventa così un’opportunità e occasione per ricevere dagli altri le stesse esperienze. Tutto ciò richiama uno dei valori fondanti di Reti: creare connessioni tra le persone per ottenere insieme qualcosa di più grande della somma dei singoli».
Valentina Bandera, seconda classificata, ha commento così il suo voto per l’opera Words. Are just words? di Enrico Antonello: «Un’opera che con le sue trasparenze si fonde con l’ambiente circostanze e interrompe lo spazio con le sue linee decise e razionali. Bastano pochi istanti per rimanere ipnotizzati dalle luci che, accendendosi e spegnendosi, guidano lo sguardo dell’osservatore tra le parole. Scatta così un’associazione di idee che dà vita ad un viaggio introspettivo. I pensieri sono continuamente interrotti dalle parole che riescono a rompere il silenzio anche se – qui – non c’è una voce a scandirle: a prenderne il posto è il rumore secco dei circuiti che si attivano e donano nuova vita e dinamicità all’opera».
Infine, Elisa Cattaneo, arrivata terza, ha spiegato il perché del suo voto a favore di Betty Salluce con questa motivazione: «La sua opera mi ha colpito subito per i colori sgargianti dei fili intrecciati: vivaci, vivi, vividi. Colori che evocano passione ed energia. Solo dopo ho posto lo sguardo su tutta la mano: scura, cupa, reale, normale: è la mano di una donna con tutte le sue bellezze e le sue imperfezioni. Una mano lasciata andare, affaticata, abbandonata, ma in cui scorre ancora sangue, colore, coraggio, forza, vita. Mi ha colpito questo contrasto cromatico che rispecchia la contrapposizione tra normalità ed eccezione. In fondo chi è un eroe? Una persona come me, che pur trovandosi a vivere eventi straordinari nel bene e nel male, non può che rimanere sempre nell’intimo una persona normale».