Come riprendere il filo di un discorso, a distanza di anni? Bisogna avere le giuste motivazioni e, in questo caso, possiamo dire che le premesse ci sono tutte. Dopo 52 anni, ritorna il Premio Modigliani e lo fa alla grande, ripartendo dalla volontà di legare la cultura alla città e dalla necessità di valorizzazione dell’arte contemporanea, favorendo in particolare le generazioni nuove ed emergenti.
Allora, tre sono i vincitori della nuova edizione del Premio Modigliani, promosso dal Comune di Livorno con la direzione scientifica Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato e realizzato grazie al sostegno del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo: si tratta di Ludovica Carbotta (Torino, 1982), Alex Cecchetti (Terni, 1977) e Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), ai quali spetta un premio di acquisto di 15mila euro ciascuno.
Oltre alle tre opere vincitrici, la giuria ha espresso una menzione speciale per l’opera Les papillons de résistance di Claudia Passeri (Lussemburgo, 1977) per le connessioni rispetto ad una nuova narrazione della memoria storica e politica italiana in generale, e della città di Livorno in particolare.
I vincitori del Premio Modigliani 2019 sono stati selezionati da Lucrezia Calabrò Visconti, curatrice indipendente, Attilia Fattori Franchini, curatrice indipendente, Giulia Ferracci, curatrice MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI Secolo di Roma, Pietro Gaglianò, critico d’arte e curatore e Matteo Lucchetti, curatore, storico dell’arte e scrittore. Coordinati dal Pecci, hanno indicato due artisti ciascuno e ognuno dei dieci artisti ha proposto due lavori esistenti o in progetto a propria discrezione. A sua volta, il corpus totale di venti opere è stato analizzato da una giuria di alto profilo che, per l’edizione 2019, è stata composta da Cristiana Perrella, direttrice del Centro Pecci, Alessandra Poggianti, curatrice indipendente, Ludovico Pratesi, curatore e critico d’arte, Paola Tognon, curatrice indipendente ed ex direttrice del Museo della Città di Livorno, Andrea Viliani, direttore della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee del museo Madre di Napoli.
Insomma, un premio decisamente contemporaneo ma che non può che ricordare un passato così significativo. Le opere vincitrici, infatti, saranno esposte in una collettiva organizzata in occasione del centenario della morte di Amedeo Modigliani, all’interno di un programma di iniziative che coinvolgeranno tutta Livorno.
Grazie alla lungimiranza di alcuni sindaci, come Furio Diaz e Nicola Badaloni, il difficile processo di ricostruzione di Livorno nel dopoguerra fu accompagnato da un intenso sviluppo culturale e intellettuale. In quegli anni riaprirono la Biblioteca Labronica e la pinacoteca dedicata a Fattori e ai Macchiaioli, mentre si diede impulso alla pubblicazione di ì nuove riviste come la Rivista di Livorno. Nel 1951, tra le varie iniziative, spiccava l’apertura della Casa della Cultura. Qui venivano organizzate grandi mostre dedicate all’antico e al contemporaneo, da Andrea Orcagna a Mario Nigro, passando per Ottone Rosai, Lorenzo Viani, Renato Guttuso.
Dal 1955 al 1962, questa sede ospitò otto edizioni del Premio Modigliani, un richiamo che, in quei tempi, non era affatto scontato e che evidenziava l’attenzione ai linguaggi della modernità, anche oltre il lessico dei Macchiaioli. La prima edizione del premio si arricchì di una mostra di disegni di Modigliani presentati per la prima volta nel nostro Paese. La riuscita del Premio si affidava a due principi: prestigio della giuria e rilievo del montepremi. Tra i giurati, spiccano personalità quali Renato Birolli, Felice Casorati, Mario De Micheli, Antonello Trombadori, Ernesto Treccani, Giulio Carlo Argan, Francesco Arcangeli, Giuseppe Marchiori, Carlo Ludovico Ragghianti, Maurizio Calvesi. Tra i premiati, artisti come Mario Nigro, Tancredi, Mino Trafeli, Titina Maselli, Giulia Napoleone, Gianpiero Calzolari, Pino Pascali.
Nell’ambito dell’edizione del premio del 1963, fu organizzata anche una grande mostra dedicata alla ricerca Informale, curata da Maurizio Calvesi e Dario Durbè e ritenuta la prima, importante ricognizione critica di questa corrente artistica in Italia.
Difficoltà economiche e forse anche l’incedere di idee nuove sul finire degli anni Sessanta, quando i premi furono contestati da parte dei movimenti del ’68, segnarono la fine del Modigliani, la cui ultima edizione si svolse del 1967.
Proseguendo un progetto iniziato nel 2016 e incentrato sulla costruzione di una città ideale a misura di singola persona, Monowe (The residence, the lodge, the shelter) è l’opera di Ludovica Carbotta, nominata da Giulia Ferracci. «Monowe è un luogo della mente che diventa fisico, una condizione di autoisolamento che si materializza in un’intera città attraversata e abitata dal suo unico cittadino», ha spiegato l’artista.
«La ricerca di Ludovica Carbotta è legata all’indagine e alla ricostruzione dell’immaginario collettivo sulla città, i suoi luoghi e spazi, tematiche strettamente legate alla città di Livorno. L’artista ha un portfolio estremamente interessante e all’attivo ha molte esperienze di rilievo, sia nazionali sia internazionali. L’opera proposta è già stata esposta in un’importante istituzione italiana: la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino nel 2019», motivano dalla giuria.
«Non conoscevo l’esistenza di questo premio e ovviamente sono molto felice di riceverlo, ma forse sono ancora più contenta che il Premio Modigliani sia ritornato a funzionare dopo tanti anni in occasione del centenario. Mi sembra fantastico che ci siano premi rivolti direttamente al percorso e alla produzione degli artisti. Inoltre, trovo curioso che tutti gli artisti premiati: io, Alex e Adelita, non viviamo in Italia, proprio come Amedeo Modigliani», ha commentato Carbotta.
H. Coreografia per nudi che si nascondono è il titolo dell’opera di Alex Cecchetti, nominato da Giulia Ferracci, un lavoro che riunisce la composizione poetica al movimento coreografico, per una performance che gioca nascondersi agli sguardi (ne scrivevamo già nel 2012). «L’opera proposta è stata scelta per le numerose possibilità di interazione con la collezione del Comune di Livorno e quindi con il patrimonio artistico della città, in particolare con il nucleo di opere del Museo Progressivo, ospitato all’interno del Museo della Città di Livorno, luogo di elezione per lo svolgimento della performance», è la motivazione della giuria.
«Mi sono allontanato dall’Italia perché il mio lavoro non vi trovava spazio, ed io volevo crescere in altre direzioni, mangiare altro pane. Questo premio mi chiama, e mi dice che anche il bel paese cresce, cambia, si apre alle forme evanescenti e agli esperimenti che incrociano diversi linguaggi», ha spiegato Cecchetti, che vive a Parigi e che ha ricordato come spesso abbia reso omaggio alla sepoltura di Modigliani al cimitero di Pere Lachaise.
Alla tematica dell’ambiente, raccontata in maniera onirica, è riferita Story of the Heavens and Our Planet 2007–2008, opera di Adelita Husni-Bey, nominata da Matteo Lucchetti. In questo documentario, Husni-Bey racconta la vita quotidiana degli attivisti durante le proteste per evitare l’abbattimento degli alberi di Titnore e Stanton Moore nel Regno Unito.
«Adelita Husni-Bey, classe 1985, vanta un curriculum di respiro internazionale e di altissimo livello, tra cui la partecipazione al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia nel 2017 insieme a Giorgio Andreotta Calò e Roberto Cuoghi. L’opera proposta, realizzata quando aveva solo 25 anni è tra i primi lavori e tratta in modo del tutto non convenzionale uno dei temi più interessanti del panorama contemporaneo: l’attivismo ecologista», si legge nelle motivazioni. L’opera video sarà accompagnata da un incontro pubblico che vedrà protagonisti ambientalisti, attivisti, esperti del tema e associazioni dal territorio livornese sensibili al tema.
«Un piacere e un onore entrare a far parte della collezione della galleria civica di Livorno e della Casa della Cultura, storicamente dedicata alle avanguardie, alla coscienza civica e civile della città, aperta e sostenuta per i propri cittadini dopo l’orrore della guerra. Con Story of the Heavens and our Planet spero di arricchire la collezione con il linguaggio cinematografico, e un’attenzione particolare verso la lotta alla salvaguardia degli ecosistemi ai quali siamo indissolubilmente legati», ha commentato Husni-Bey.
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