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High time per Cindy Sherman, che vince il Wolf Prize ed espone a Vienna
Arte contemporanea
di redazione
Un 2020 iniziato alla grande per Cindy Sherman, che non solo sarà protagonista di una grande retrospettiva al Bank Austria Kunstforum di Vienna, ma si è anche appena aggiudicata la 42ma edizione del prestigioso Wolf Prize in Art.
Il Wolf Prize in Art
Assegnato ogni anno a preminenti figure di intellettuali e scienziati di tutto il mondo, il Wolf Prize è stato istituito nel 1978 dalla Fondazione Wolf, una organizzazione non-profit con sede in Israele, a sua volta fondata da Ricardo Wolf, inventore, diplomatico e filantropo tedesco di origini cubane, che supportò anche finanziariamente Fidel Castro durante gli anni della Rivoluzione (a proposito, avete visto i manifesti colorati del Che, in mostra a Parigi?).
Il Wolf Prize viene assegnato in sei ambiti: agricoltura, chimica, matematica, medicina, fisica e arte, tra architettura, musica, pittura e scultura. Ogni premio consiste in un diploma e in un grant di 100mila dollari. Ad aggiudicarsi il premio nella categoria artistica, personalità come Marc Chagall, Giancarlo De Carlo, Claudio Abbado, Louise Bourgeois, Anselm Kiefer, Jasper Johns, Bruce Nauman, Lawrence Weiner, Eduardo Chillida, Claes Oldenburg, Michelangelo Pistoletto, Anselm Kiefer, Laurie Anderson, Luciano Berio, Olafur Eliasson, Rosemarie Trockel, Riccardo Muti, Jean Nouvel, David Chipperfield.
Cindy Sherman riceverà il Wolf Prize nel corso di una cerimonia a Gerusalemme, l’11 giugno, «per i suoi meriti nei confronti dell’umanità e nello sviluppo di relazioni pacifiche tra le persone» e «per aver ridefinito il concetto di fare arte con la macchina fotografica».
Identità e trasformazione, per Cindy Sherman
Cindy Sherman, nata nel 1954, nel New Jersey, Stati Uniti, è unanimemente considerata tra le artiste più influenti degli ultimi decenni e le sue opere sono state espose nel corso di mostre ospitate presso le sedi più prestigiose in tutto il mondo. Nel 2019, una sua retrospettiva è stata presentata dalla National Portrait Gallery di Londra – qui la nostra recensione – e anche il suo profilo Instagram, usato come una grande opera d’arte, è popolarissimo.
A metà tra visive e performative, le sue opere documentano non solo la trasformazione del soggetto e dell’individuo ma anche l’evoluzione costante dei valori della cultura contemporanea. Dal suo primo lavoro come studentessa a metà degli anni ’70, ai suoi esperimenti digitali e sui social network di oggi, Sherman ha continuamente esplorato la costruzione dell’identità, per esempio con l’acclamata serie Untitled Film Stills, 1977-80, con la quale ha trasformato il linguaggio della ritrattistica. Iniziata a soli 23 anni, la serie comprende 70 fotografie in bianco e nero di Sherman in varie vesti femminili: l’ingenua della città nuova, la moglie vulnerabile, la bibliotecaria civettuola, l’eroina noir. Realizzati a partire dalle immagini iconiche dei film degli anni ‘50 e ‘60, i personaggi sono immediatamente riconoscibili ma senza distinzioni.
Questa manipolazione fotografica del ritratto ritorna nel mondo virtuale e digitale dei social network, analizzando, in particolare, la pratica dei selfie ma anche, a un livello più profondo, la strutturata visiva generata dall’elaborazione dei dati delle immagini da parte dei software. «Nessun artista ha raggiunto il mutamento psicologico di Sherman, in quanto espande continuamente il potenziale dell’immagine fotografica, così come il ruolo dell’arte nel servire come specchio e uno strumento critico sofisticato e stimolante del suo tempo», si legge nelle motivazioni della giuria del Wolf Prize in Art.
Cindy Sherman in dialogo, al Kunstforum di Vienna
E infatti, come a corollario delle motivazioni della giuria del Wolf Prize, la mostra ospitata dal Bank Austria Kunstforum di Vienna si intitolerà “The Cindy Sherman Effect – Identità e Trasformazione nell’Arte Contemporanea. L’esposizione, curata da Bettina M. Busse, sarà visitabile dal 29 gennaio al 21 giugno 2020 e metterà in evidenza tutti i temi affrontati nella ricerca di Cindy Sherman, dall’identità del soggetto e i suoi modi di costruzione e definizione, tra manipolazione genetica e username, fino a flusso di informazioni diffuso attraverso le reti web.
In questa occasione, inoltre, le opere di Cindy Sherman saranno messe in dialogo con quelle di altri artisti contemporanei che hanno seguito e, in alcuni casi, ampliato, il suo filone, come Candice Breitz, Sophie Calle, Elke Krystufek, Zoe Leonard, Sarah Lucas, Zanele Muholi, Pipilotti Rist, Markus Schinwald, Lorna Simpson, Wu Tsang, Gavin Turk, Ryan Trecartin, Gillian Wearing, concentrandosi su temi come quelli della decostruzione degli stereotipi culturali, sessuali e di genere.