Monia Ben Hamouda è la vincitrice del VG Award, il premio internazionale dedicato all’arte contemporanea promosso dalla Fondazione Vordemberge-Gildewart e attribuito a cadenza annuale dal 1983 a un artista under 35.
Il premio viene assegnato dalla Fondazione con sede a Rapperswil, in Svizzera, in collaborazione con un’istituzione espositiva europea e, per il 2024, è stato scelto come partner Museion di Bolzano, con i 15 artisti e artiste della mostra RENAISSANCE che hanno costituito la base per la selezione del vincitore da parte di una giuria composta da sette membri: Isabelle Krieg, Presidente di giuria e artista, Arta Valstar-Verhoff, curatrice e autrice, Roman Zieglgänsberger, Museo Wiesbaden, Max Mayer, gallerista, Alexandra Blättler, conservatrice della collezione al Kunstmuseum di Lucerna, Nina Fellmann, Direttrice presso Annely Juda Fine Art, Deborah Keller, caporedattrice Kunstbulletin.
Gli altri autori presenti nella mostra Reinassance, che sarà visitabile negli spazi dell’istituzione bolzanina fino all’1 settembre 2024 ed è incentrata sulla narrazione delle ricerche multidisciplinari di giovani artiste e artisti dell’Alto Adige e di Milano selezionati dalla curatrice di Museion Leonie Radine, sono: AliPaloma, Costanza Candeloro, Filippo Contatore, Isabella Costabile, Binta Diaw, Giorgia Garzilli, Sophie Lazari, Lorenza Longhi, Magdalena Mitterhofer, Jim C. Nedd, Luca Piscopo, Raphael Pohl, Davide Stucchi, Tobias Tavella, oltre a Monia Ben Hamouda. Il VG Award prevede un riconoscimento di 60mila franchi svizzeri, circa 61mila euro.
La Fondazione Vordemberge-Gildewart ha iniziato la sua attività nel 1981 grazie alle ultime volontà di Ilse Engelina Vordemberge, nata Leda, nel 1906 e vedova dell’artista Friedrich Vordemberge-Gildewart, detto VG. Nel 1977 Ilse Leda decretò che ogni anno un artista di età non superiore ai 35 anni di un Paese europeo avrebbe dovuto ricevere una borsa di studio «Per vivere e lavorare per un anno senza alcun supporto». Non ci sono condizioni legate all’utilizzo del denaro della sovvenzione assegnata al destinatario del VG Award.
Nata a Milano nel 1991 e di origini tunisine, Monia Ben Hamouda vive e lavora tra al-Qayrawan e la città meneghina. Si è laureata presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e ha esposto in mostre personali e collettive presso sedi istituzionali e private in varie città d’Europa, come Pols space, Valencia, Bungalow, Berlino, Galleria CC, Malmö, Centro Pecci di Prato. Tra gli altri premi vinti, il Torino Social Impact Art Award nell’ambito di Artissima, nel 2021. Nel 2023 le sue opere sono state esposte alla Kunsthalle Wien, Vienna, al Frac Bretagne, Rennes, al MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma, a La Casa Encendida, Madrid, e presso ChertLüdde, Berlino. È una delle finaliste del MAXXI BVLGARI PRIZE 2024.
In mostra da Museion, le opere della serie Aniconism as Figuration Urgency (2021-), che le sono valse il VG Award. «Le opere di Monia Ben Hamouda sprigionano immediatamente un potere sensoriale», si legge nelle motivazioni della giuria, che ha evidenziato l’equilibrio compositivo con cui l’artista riesce a far interagire in modo coerente colori, forme, odori e luce. «Dal soffitto pendono ampie sculture in filigrana di ferro tagliato a laser. Mostrano caratteri calligrafici in stile arabo, tra i quali compaiono elementi figurativi come gufi e mani. Sotto di esse, un paesaggio gestuale di spezie si dispiega in colori intensi e terrosi che riempiono la stanza con il loro profumo. Allo stesso tempo, le ombre delle sculture in ferro appese riecheggiano sulla parete. È affascinante il modo in cui Monia Ben Hamouda onora la tradizione della calligrafia araba (il padre è un calligrafo islamico, ndr) nelle sue opere e allo stesso tempo dà forma all’urgenza dell’espressione figurativa, nonostante il divieto islamico di rappresentazione figurativa. Il tappeto di spezie, che sembra essere stato creato da gesti spontanei, così come le mani raffigurate nella scultura di ferro appesa, parlano di un atto di liberazione con cui l’artista trasferisce il suo patrimonio culturale nel qui ed ora», continua la giuria, che è rimasta colpita dalla natura «Accattivante e poetica» dell’installazione oltre che «Dalla sua profondità di contenuto, che racconta di un passato migratorio. Il modo in cui Monia Ben Hamouda traduce la complessa tematica in un gesto d’amore, che irradia contemporaneamente determinazione e forza, ci sembra indicare la strada di un dialogo interculturale condotto con apertura e rispetto reciproco».
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