La tua storia personale in Silvana? Quando e come arrivi? Con quale percorso?
Sono arrivato nel settembre del ‘94 chiamato da un amico, Paolo Cesaretti, a ridefinire la strategia della casa editrice. Paolo è restato poco, passando alla Mondadori; io ho continuato il progetto, ridefinendo in questi anni ogni aspetto di Silvana Editoriale. Quando abbiamo cominciato, la casa editrice aveva ancora un’immagine legata al passato, ai grandi libri realizzati tra gli anni ‘50 e ‘60, alle importanti coedizioni con editori americani ed europei, mentre la capogruppo, l’Amilcare Pizzi, si era specializzata nell’editoria bancaria, divenendo uno dei principali leader di mercato. Siamo partiti cercando di definire per ogni area di mercato -perché il settore dell’arte è un insieme di aree molto specializzate- quale poteva essere il valore aggiunto che la casa editrice poteva esprimere. Su questa base abbiamo costruito le relazioni con le diverse istituzioni pubbliche e private, e la nostra presenza sul mercato. Tutto questo è stato possibile grazie alle tante persone che hanno creduto alle nostre intenzioni, dandoci fiducia. La mia esperienza precedente nel management consulting e il master in pubbliche relazioni mi sono stati di grande aiuto per iniziare questo lungo cammino.
Com’è strutturata adesso l’azienda?
La casa editrice è formata da un team di più di trenta persone, che seguono ogni aspetto della produzione e della distribuzione del libro. La fortuna di avere a meno di venti metri uno stabilimento produttivo ci ha permesso di garantire un controllo della qualità e dei tempi di servizio difficilmente riscontrabili sul mercato. A questo si è aggiunta la volontà di creare un ufficio redazionale interno, che segue la maggior parte dei volumi da noi realizzati. Il giro d’affari complessivo è di circa 15 milioni di euro, con l’obiettivo di farlo diventare sempre più europeo. I nostri utili, e fortunatamente è sempre stato così, sono in linea con quelli del settore.
Come sono ripartite le attività editoriali? Il fronte cataloghi è importante…
La produzione editoriale può essere suddivisa in due parti uguali: il 50% sono libri e il 50% sono cataloghi di mostre. Nel settore delle mostre, la nostra attività inizia con la definizione dei progetti -penso ad esempio alla prossima mostra su Giulio Cesare, la prima al mondo su questo grande personaggio-, la promozione dell’evento, attività su cui siamo molto preparati e attenti, fino alla produzione editoriale. In questo modo siamo partner del progetto e garantiamo anche lo sviluppo culturale della casa editrice. Un altro esempio è Manifesta7, in occasione nella quale abbiamo discusso con i curatori e la Fondazione quale fosse la migliore soluzione editoriale da adottare. Alla fine ne siamo usciti con la pubblicazione di tre volumi.
Raccontaci qualcosa della collana Biblioteca d’arte contemporanea.
È nata sette anni fa insieme all’altra collana, Biblioteca d’arte, con l’obiettivo di raccogliere una serie d’indagini sul mondo dell’arte moderna e contemporanea, che diversamente avrebbero vissuto in modo autonomo e tra loro scollegato. Un nucleo principale della Bac è la serie di pubblicazioni sul tema della videoarte, dal videotape fino al cinema d’artista, a cui si aggiungeranno nei prossimi mesi i due volumi dedicati al corpus epistolare di Giorgio de Chirico curati da Elena Pontiggia, in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, e una serie di saggi sull’arte frutto di coedizioni con editori europei.
Anche sul fronte dei periodici siete ben posizionati. Gli “Studi tizianeschi”, le pubblicazioni della Biblioteca Hertziana. Si tratta però di prodotti rivolti a un pubblico molto ristretto. Come sono gestite economicamente queste operazioni?
Ho sempre voluto mantenere forte il nucleo di ricerca da cui siamo partiti, gli studi sull’arte antica e moderna e il loro collegamento con il territorio, ed esser stati scelti dalla Biblioteca Hertziana come partner editoriale italiano è stato un onore e un riscontro. Queste pubblicazioni possono essere rivolte a un pubblico ristretto e alcune volte lo sono proprio, ma spesso diventano pubblicazioni di riferimento con una vita utile molto più lunga della media. Queste pubblicazioni beneficiano spesso di finanziamenti per la loro realizzazione e necessitano di una cura e di un’attenzione impensabile.
Un giudizio sull’editoria d’arte in Italia. I nomi sono importanti: Skira, Electa, Charta, Motta e molti operatori medi e piccoli di alta qualità. La tua valutazione?
La nostra crescita, per citare De André con cui condivido i natali, ha seguito una direzione alcune volte ostinata e contraria, e questo ci ha permesso di costruirci un’identità distinta, senza correre il rischio di essere letti come i fratellini piccoli dei grandi gruppi editoriali come Rizzoli o Mondadori, un rischio elevatissimo e francamente perdente. Esistono realtà simili a noi in altri Paesi europei spesso più specializzate su un settore. Penso ad Actar in Spagna per l’architettura o in Germania a Hatje Cantz sull’arte moderna e contemporanea, che stanno seguendo percorsi analoghi: sono ad esempio stati editori di Manifesta nelle precedenti edizioni e hanno superato quella soglia che permette alla casa editrice di crescere. Sotto una certa dimensione purtroppo è difficile che i conti tornino, che la distribuzione sia efficace in Italia ma anche all’estero, che insomma valga la pena faticare tanto. Lo dico con franchezza, essendo partito da 60 titoli all’anno e avendo capito, solo dopo aver passato i 150, qual era la differenza. Oggi noi ci pensiamo europei, in parte lo siamo già con più di 40 pubblicazioni in lingua francese nel solo 2008. Festeggiamo i nostri 60 anni pensandoci europei.
Chiudiamo con due desideri, uno avverato e uno ancora nel cassetto: il libro di cui vai più fiero e quello che vorresti sia targato Silvana Editoriale in futuro.
L’operazione culturale e quindi editoriale di cui vado più fiero è, per la sua unicità e irripetibilità, la mostra alle Scuderie del Quirinale su Antonello da Messina. Siamo riusciti a portare 37 opere di Antonello su 44 nel mondo, un’eccezionale occasione nella quale abbiamo pubblicato l’opera completa, restituendo Antonello come mai al mondo è stato fatto. Il sogno nel cassetto è un grande libro su Beato Angelico, un altro artista che amo molto ma di cui non ho mai pubblicato una monografia, e tanti libri di artisti contemporanei che conosco, per il gusto e il piacere di costruirli insieme.
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*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 51. Te l’eri perso? Abbonati!
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