Iniziamo dall’inizio…
Miele nasce nel 1997 per esigenza espressiva e sotto la pesante influenza di riviste americane quali “Raygun” e la rivoluzione tipografica di designers come David Carson. Escono due numeri sperimentali in bianco e nero. Ne segue una fase criogenica che si scongela nel marzo del 2003 quando si riparte a colori e con l’intento, finora mantenuto, di uscire con regolarità.
Aldiqua e aldilà di Miele chi c’è?
Il nucleo principale è formato da cinque redattori ai quali si aggiungono alcuni collaboratori fissi e ovviamente ospiti che cambiano ad ogni numero. Il pubblico è composto da genti curiose tra i 20 e i 45 anni.
La linea editoriale?
È una linea zigzagante, dribblante, triangolante, che passa attraverso arti e culture cercando di evitare i buchi neri del mainstream e dell’ovvio.
Ma cosa piace a Miele?
Ci piace tanto il POP, anche come suono… Questa sillaba sembra evocare qualcosa che era lì e nessuno la vedeva, e poi… POP! Eccola che salta fuori e – non si sa bene come o perché – funziona!
La domanda di rito è: ritenete siano importanti le contaminazioni?
Pare che nell’arte e nella cultura contemporanee la contaminazione sia diventata il motore stesso dell’azione, quello che un tempo veniva curiosamente chiamato “ispirazione”. Forse tutto è già stato ispirato ed espiato, e la naturale continuazione di questa traspirazione onnivora è proprio il remix dei fiati. Insomma, la contaminazione è imprescindibile quanto la respirazione, e il nostro Miele è un millefiori.
Torniamo a terra. Cosa ne pensate del mercato editoriale italiano?
Miele è un outsider e risulta quindi difficile esprimere un’opinione precisa in proposito. Possiamo però testimoniare che a Torino le piccole realtà editoriali sono floride e molteplici. Nascono rapidamente ma spesso spariscono con altrettanta velocità. In altre parole: le idee non sembrano mancare, forse c’è bisogno di più supporto nella fase di avviamento dei progetti.
I “modelli” a cui vi ispirate?
Perché nascano e si sviluppino riviste è forse necessario creare condizioni favorevoli: bisognerebbe che l’ultracitata classe creativa potesse crescere ed esercitare una funzione di traino, stimolando anche il mercato editoriale italiano. Oltre a seguire l’esempio delle grandi capitali mondiali (New York, Londra, Tokyo) si può guardare anche a città più piccole (Barcellona) e verso est. In questo senso l’attitudine all’estero è più avanti.
Alla rivista si accompagnano altre iniziative?
Ogni tre mesi, all’uscita di ogni nuovo numero, organizziamo una presentazione/party. Le presentazioni avvengono di solito all’interno di locali (per l’esempio l’AB+) all’ora dell’aperitivo e si estendono fino a mezzanotte. Alcune si sono tenute in gallerie d’arte (ad esempio la Fondazione Sandretto). Piatto forte degli eventi sono le apine-immagine, uno sciame di carinissime ragazze con costumino a tema. Si possono vedere le immagini dei vari eventi sulla gallery del nostro sito.
Quali progetti avete in cantiere?
Migliorare i contenuti e la distribuzione, cercando di coinvolgere soggetti che credano nel progetto e aiutino a svilupparlo.
Dove troviamo Miele?
Viene distribuita nell’area torinese attraverso una rete di gallerie d’arte, musei, scuole di design, agenzie pubblicitarie, librerie, negozi, locali. A livello nazionale abbiamo accordi con distributori di dischi (Audioglobe) e libri (Happybooks).
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