Stupisce e appassiona la scoperta del fermento culturale che in questi giorni c’è a Rimini. La cittadina romagnola, entrata nel mito collettivo grazie ai film di Federico Fellini, oggi si scrolla per un momento di dosso quel ruolo di luogo vacanziero per eccellenza che riveste da decenni e si riscopre città d’arte, ospitando la seconda edizione della Biennale del disegno. Un evento che, per com’è stato ideato e proposto, avrebbe potuto essere benissimo ospitato da centri artistici ben più grandi e collaudati come Roma, Milano o Torino. Ventinove mostre solo nel circuito ufficiale, tutte di una qualità evidente, che si snodano dal Museo della Città al Castel Sismondo, passando per altri luoghi centrali della cultura riminese come il Teatro Galli, la FAR Fabbrica Arte Rimini o la meravigliosa Biblioteca di Palazzo Gambalunga. E se non fossero sufficienti, ad esse si aggiungeranno, dal prossimo 9 maggio, altre trentadue mostre che creeranno il circuito off dell’evento.
L’ideatore della kermesse è Massimo Pulini, nella sua veste di Assessore alla Cultura e al Turismo della cittadina romagnola, che ci dichiara proprio come la Biennale del Disegno sia nata «dalla consapevolezza di voler colmare una lacuna sul territorio nazionale. La pratica del disegno, infatti, mancava ancora oggi di una precisa riflessione critica». Il tema di questa seconda edizione è “Profili dal Mondo. Da Guido Reni a Francis Bacon, da Andrea Pazienza a Kiki Smith”, sviluppato in un racconto in due tempi, tra il Museo della Città e la FAR, che mette a confronto autori antichi e contemporanei in un percorso ben studiato e che riesce a coinvolgere lo spettatore.
La curatela è affidata per l’antico a Alessandra BigiIotti e Giulio Zavatta e per la parte contemporanea a Marinella Paderni. Continua a raccontarci l’Assessore Pulini: «In questa seconda edizione cerchiamo di enfatizzare un vero punto di forza del disegno, che è il suo ruolo da trait-d’union tra i vari saperi. Non solo per l’arte, esso è uno strumento di indagine che appartiene anche alla scienza, alla cartografia e all’anatomia, se pensiamo agli studi sul passaggio o sul corpo umano si coglie subito questo collegamento. In “Profili dal Mondo” cerchiamo di analizzare questo percorso attraverso i secoli, dal Rinascimento fino ai giorni nostri. Un’analisi e un confronto possibili perché, a differenza di altre arti, il disegno mostra una straordinaria continuità con il suo passato. È un’arte che si basa essenzialmente su due materiali che non sono mai cambiati: la carta e la grafite. Oggi si riscontrano sperimentazioni su diversi supporti, ma c’è sempre una coerenza tecnica».
Tra le opere in mostra al Museo della Città ci sono capolavori come il Cristo coronato di Spine di Guido Reni o il Nudo di spalle del Guercino o i Ritratti di fanciulli di Gaetano Gandolfi, solo per citarne alcuni, presenti a Rimini grazie a una collaborazione siglata con il MIBACT e il Polo Museale dell’Emilia Romagna che prevede un accordo anche per le prossime due edizioni della Biennale. Anche il contemporaneo vanta pezzi di notevole interesse, sapientemente scelti da Paderni, tra cui si segnalano le evanescenti anatomie di Berlinde De Bruyckere o i disegni su frammenti di carta bruciata di Mirosław Bałka. Ma non si possono non citare autori presenti in mostra come Joan Jonas, che abbiamo visto recentemente in Italia sia al Padiglione americano alla Biennale di Venezia che all’HangarBicocca, Claudio Parmiggiani e Giuseppe Penone, Claude Lorrain, Mario Schifano, Vincenzo Agnetti, o i più giovani Rivalta, Samorì, Sissi, de Marco o Manto. Tra i tanti disegni spiccano i lavori di Letizia Carriello e Gianni Caravaggio che ci fanno riflettere sulla natura stessa del segno e sul suo rapportarsi con materiali differenti dal comune foglio di carta.
Nell’ampliamento ancora non terminato del Museo della Città – un ex ospedale adibito a spazio espositivo per il contemporaneo – si sviluppa la seconda grande mostra della Biennale, il “Cantiere Disegno”, con le giovani proposte, a cura di Massimo Pulini, Annamaria Bernucci e Andrea Losavio. Una serie di piccole esposizioni autonome e di confronti tra i diversi linguaggi espressivi del disegno contemporaneo si ricorrono nei tre piani della ala nuova del Museo. Anche qui difficile citare tutti gli artisti presenti. Suggestiva la piccola personale allestita da Domenico Grenci, con i suoi paesaggi di ninfee e le sue donne altere, e quella di Denis Riva, con le sue storie di uomini e animali; così come ci colpisce il lirismo degli acquerelli di Sabrina Foschini; la potenza del segno di Davide Rivalta, che unisce le due mostre con il suo ritratto di elefante, o ancora le piccole storie narrate da Marianna Balducci o i corpi alieni di Alessandro Saturno. Anche la sede di Castel Sismondo ospita al suo interno più mostre, tra cui non si possono perdere “I Sironi di Sironi”, a cura di Claudio Spadoni, che ci racconta dei disegni che il maestro del Novecento italiano non ebbe mai la volontà di vendere e tenne con sé fino alla morte, come piccola collezione privata del proprio lavoro, o gli imponenti corpi di donna ritratti da Domenico Rambelli nella mostra “Il Volume del segno” a cura di Annamaria Bernucci.
All’ingresso del Castello fa il suo debutto ufficiale la Collezione Ramo di Milano con la mostra “I Marziani”, che porta a Rimini alcuni pezzi di questa straordinaria raccolta di disegni italiani contemporanei dagli inizi del XX secolo fino agli anni Ottanta. Il grande Wildt all’ingresso della sala espositiva (Animantium Rex Homo, 1925) è solo l’inizio di un vero e proprio percorso espositivo imperdibile per gli intenditori e gli amanti del contemporaneo: da Cagnaccio di San Pietro a Maria Lai, da Enrico Baj a Bruno Munari. E poi ancora Baruchello, Tancredi, Depero, Carol Rama, Aldo Mondino. Ma tanto altro ci sarebbe ancora da dire, per esempio delle due mostre curate da Eleonora Frattarolo a Palazzo Gambalunga dedicate ai disegni di Pino Pascali e di Tullio Pericoli o il confronto tra Massimiliano Fabbri e Luca Caccioni di scena al Complesso degli Agostiniani. Concludendo questo breve racconto, siamo davanti a un’edizione della Biennale del Disegno in grado di accontentare tutti i gusti, dagli amanti dell’antico e ai contemporaneisti più incalliti.
E sullo sfondo c’è Rimini, che tra una piadina e un aperitivo nel centro storico, ci ricorda la sua storia e il suo passato puntando a ritagliarsi il suo ruolo nella scena contemporanea. Riuscirà davvero in questa impresa? Restiamo in attesa di scoprire l’evoluzione della Biennale nelle sue due prossime edizioni già in cantiere, auspicando forse una maggiore internazionalizzazione della kermesse, intesa come collaborazione diretta con enti stranieri e giovani curatori, forse l’unico tassello che oggi si potrebbe aggiungere per la crescita della manifestazione.
Leonardo Regano