Adolf Twitter dal parrucchiere: il progetto di Andrea Villa

di - 9 Novembre 2020

Periodo estremamente delicato per l’Italia e per il mondo intero, nel pieno di una nuova emergenza sanitaria, e anche per il settore dell’arte, con le grandi fiere e le manifestazioni che corrono ai ripari verso edizioni digitali. Intanto, nella più grande democrazia del mondo le ultimissime danno Joe Biden come 46mo Presidente USA (qui i nostri approfondimenti sui meme elettorali) e Andrea Villa, giovane urban artist di Torino, ha deciso di esporre il suo ultimo manifesto in un luogo che, diversamente dalle gallerie d’arte e dai musei, è stato reputato essenziale: il salone del parrucchiere.

Uno spazio notoriamente non deputato all’arte ma che, considerato dal DPCM in vigore “non giurisdizionale”, è rimasto paradossalmente aperto e disponibile. 10.1 The Blonde Salon, il salone di bellezza della giovane imprenditrice Lucia Cuomo, in via Silvio Pellico, ha accolto con entusiasmo il progetto curato da Federica Maria Giallombardo, trasformando il suo spazio in una sorta di ibrido con una galleria.

Il focus della mostra è una lettura lucida e quanto mai attuale e provocatoria: il termine del mandato di Donald Trump sancisce la fine di un’epoca in cui disinformazione e complottismo hanno spadroneggiato, assoggettando il sapere all’ignoranza. Ma la protesta include la politica italiana ed europea, che giudicano la cultura un bene secondario: dagli scarsi aiuti del governo italiano ai dipendenti culturali, al Primo Ministro inglese Boris Johnson, che ha esplicitamente consigliato agli artisti di trovarsi un altro lavoro, fino agli insegnanti delle scuole pubbliche, fondamentali detentori dell’istruzione eppure pagati con stipendi da fame.

L’intento è programmatico, dichiara Villa: «Con questa breve mostra dichiaro a gran voce agli artisti, ai galleristi e ai direttori di musei: ribellatevi, organizzate le mostre dai vostri parrucchieri di quartiere (sempre nel rispetto delle norme anti-Covid). Riprendiamoci in autonomia gli spazi a noi negati e facciamoci sentire almeno qui, nel paese più importante al mondo per l’arte e la cultura».

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