Ci siamo. Dal 5 al 7 maggio 2016 si tiene a Pescara la VI edizione di CORPO – Festival delle Arti Performative, a cura di Ivan D’Alberto e Sibilla Panerai, rassegna organizzata dal Centro di Archiviazione e Promozione della Performing Art (CAPPA) e dalla Scuola Popolare d’Arte “Boris Vian” di Pescara. Il festival, che nel 2012 ha ricevuto una menzione d’onore da parte del MIBAC perché ritenuto uno dei progetti più interessanti d’Italia sul linguaggio della performance e della Live Art, quest’anno ha come tema mercato ed economia di un’arte effimera. Dibattiti, performance dal vivo, incontri con artisti animeranno il “corpo” delle tre giornate. Ecco cosa ci hanno rivelato i curatori D’Alberto e Panerai.
Sta per cominciare la VI edizione di “Corpo – Festival delle Arti performative”. Quest’anno il tema è più che mai attuale: “Mercato ed economia di un’arte effimera”. Cosa vi ha spinto a parlare proprio di questo?
Ivan D’Alberto: «CORPO nasce nel 2012 quando a sostenere questo progetto culturale c’era un’istituzione museale solida e diversi Enti pubblici ancora in grado di riconoscere il valore di un progetto. Nel corso degli anni le vicende economiche che hanno stravolto i mercati e una politica locale, spesso incapace di riconoscere le qualità di un’operazione culturale, hanno portato gli organizzatori di questo Festival a seguire strategie economiche alternative. Da alcuni anni CORPO è possibile grazie a varie forme di autofinanziamento e grazie al sostegno della Fondazione Pescarabruzzo e a quello di nuovi partner. Interlocutori che hanno compreso non solo il valore di questo progetto, ma che vogliono rimettere in gioco il proprio ruolo nella società civile. L’edizione di quest’anno vuole ragionare su questo e vuole – attraverso il confronto diretto con gli stessi imprenditori, economisti e tutti coloro chiamati a partecipare – trovare altre strategie per portare avanti una rassegna che propone un linguaggio artistico, la performance, che in questo particolare momento storico ha trovato un nuovo vigore».
Sibilla Panerai: «Le arti performative hanno in Italia un grande riscontro ma non abbastanza mercato. Riflettere su nuove strategie di diffusione e vendita, penso all’esperimento riuscitissimo di Giovanni Gaggia a Pergola, permette di rivedere il ruolo dell’arte all’interno del sistema economico nazionale. Del resto proprio l’arte dovrebbe esserne il motore centrale, ma nei fatti non lo è. Vogliamo invece capire come incrementare il mercato dell’arte e della performance nello specifico, in un territorio da sempre sensibile al contemporaneo e con una vocazione al commercio ed anche verificare nuove forme di sostegno economico per il nostro festival, perché sono tanti i progetti che abbiamo in mente di realizzare».
Quand’è che l’arte può dirsi effimera? E quanto incide – in questo senso – il sistema del mercato in cui l’arte stessa si inserisce?
I. D’A. «Il concetto di effimero credo che sia insito in tutta l’arte e non necessariamente quale prerogativa dei linguaggi performativi che, indubbiamente, per via della loro natura presentano specificità decisamente riconducibili a tale termine. Pensando però all’arte in generale, la condizione effimera è da considerarsi solo strettamente connessa alla contemporaneità dell’opera e dell’artista. Infatti è già in Schopenhauer il concetto del recupero postumo della produzione artistica da parte di una lettura storica totalmente slegata dalla contemporaneità della creazione e dell’autore. Essa, attraverso uno sguardo obiettivo e pulito, recupera anche la più flebile traccia di ciò che era stato percepito come effimero».
S.P. «La performance e la Live art sono di per sé effimere perché accadono in un periodo limitato di tempo e vengono poi tramandate attraverso una produzione video-fotografica che ne costituisce principalmente l’unica forma di mercato. Il video d’arte è molto studiato ma ancora poco commercializzato, mentre la fotografia, grazie a festival e fiere dedicate, ha ormai uno specifico filone di collezionismo. Nonostante questo, la durata limitata della performance difficilmente riesce ad interessare i collezionisti e rimane a margine del mercato dell’arte, se non in caso di grandi nomi di livello internazionale che però costituiscono un’eccezione».
Il Festival si apre con un confronto tra artisti, galleristi, editori, direttori di museo, giornalisti, imprenditori ed economisti, al fine di trovare una nuova strategia economica capace di rilanciare il mercato intorno alle arti performative. Il corpo e la performance, dunque, sono al centro della vostra ricerca: com’è vista, oggi, questa espressione artistica rispetto al passato?
I. D’A. «Oggi tutto è “performativo” e il riferimento alle arti visive sembra quasi essere scomparso. Persino una figura professionale molto lontana dal mondo dell’arte come quella di un avvocato viene valutata, anche economicamente, anche in base alla sua capacità “performativa” in aula. Il Festival si pone, dunque, come occasione per riconsegnare alla performance il giusto valore e il giusto rimando alla sua natura artistica. Indubbiamente nella contemporaneità la performance presenta caratteristiche nuove rispetto al passato: in molti scelgono questo linguaggio a corollario della propria attività, mentre in altri rappresenta solo una fase per un lavoro di post-produzione. Negli ultimi anni, però, diversi artisti hanno mostrato l’esigenza di offrire al pubblico una dimensione esperienziale e la performance garantisce un coinvolgimento emotivo dello spettatore che raramente è rintracciabile in altre forme d’arte».
S. P. «Mai quanto oggi la performance rispecchia le mutazioni del contemporaneo ed è anche il linguaggio cardine attraverso il quale esprimere il proprio dissenso. Si pensi ai movimenti di rivendicazione femminile ed ambientale che utilizzano i linguaggi performativi come strumento di lotta sociale. In questo mi sembra che ci sia una palese citazione del passato: penso agli anni ’60, quando il corpo diventò lo strumento di comunicazione principale in un periodo di grandi sconvolgimenti. Anche oggi non si può prescindere dalla presenza dell’artista, chiamato in senso reale a interagire con il sociale, si pensi ad Ai Weiwei, che si finge morto sulla riva del mare per scuotere le coscienze sulla questione dei migranti».
Tra i vari appuntamenti, anche la presenza della performance provocatoria “Vendere l’anima – S. Y. S. Sell Your Soul” del collettivo Monticelli & Pagone. Rilancio anche io con una domanda provocatoria: cosa si vende, oggi, dell’arte? L’opera, il pensiero attorno a cui essa nasce, l’immagine dell’artista?
I. D’A. «L’Arte consegna emozioni, sensazioni, segmenti prelevati direttamente dall’anima dell’artista. Tutto ciò che valore ha? A mio avviso un valore inestimabile. Il mercato dà solo indicazioni, ma ogni opera d’arte e ogni idea hanno un prezzo di listino incalcolabile. Il mercato, quindi, rappresenta una piattaforma che sostiene l’economia, permette il confronto e contribuisce ad una crescita intellettuale dell’uomo. Va riconosciuto, però, che senza gli artisti, le idee e le emozioni tutto ciò non sarebbe possibile e nulla potrebbe essere venduto».
S.P. «Spesso oggi con un’opera si intende acquistare un pensiero o meglio ancora l’immagine sociale di un artista, il suo impegno e la sua attività nel mondo reale. Mi sono interrogata a lungo sul ruolo dell’arte oggi in un quotidiano così complesso e ho trovato una risposta proprio nel valore politico delle arti performative. È per questo che vorrei trovare una strategia di mercato quanto più efficace per la loro distribuzione».
Tre giorni di grandi appuntamenti e incontri con artisti. Cosa consigliate di non perdere?
I. D’A. «La giornata di studi di giovedì con Alessandro Crociata, economista e ricercatore dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Gianni Romano, fondatore ed editore di Postmedia Books, Pietro Antonio D’Intino, collezionista e imprenditore della MADIS Costruzioni Srl di Pescara, Giovanni Gaggia, artista e performer, Guido Cabib, ideatore del progetto The Format a Milano, Marianna Agliottone, studiosa dei fenomeni del collezionismo e del mercato dell’arte e Andrea Ferrante, direttore di Misfits Project di Pescara offre un’occasione di confronto sul tema che non può essere assolutamente perso. A tutto ciò si aggiunge anche la proiezione del film Economic art – Natural/Innatural Forces di Vitantonio Russo; appuntamento che in futuro non si ripeterà facilmente».
S.P. «Di certo le video-performance di venerdì 6 maggio nella splendida location del Trabocco D’Intino e l’incontro con Cesare Pietroiusti, che da sempre riflette sui paradossi del mercato e dell’economia, realizzando azioni con l’utilizzo del denaro. Conclude poi il festival la presentazione della storica rivista NIGHT ITALIA che dal 2007 Marco Fioramanti dedica alla Live art ed alla performance».
Alessandra Angelucci