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Il Pugilatore e la Vittoria in mostra al Capitolium di Brescia, tra simbolo ed estetica
Archeologia
Alla luce di un approfondito studio interdisciplinare e di restauro, condotto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze tra il 2019 e il 2021, la Vittoria Alata, il capolavoro bronzeo di età romana, viene assorbito nel nuovo allestimento del Capitolium di Brixia (Parco archeologico di Brescia romana) a cura dell’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg.
La scultura, una delle opere più rappresentative dell’arte romana per conservazione e composizione, rappresenta un omaggio alla dea romana Vittoria in seguito al successo militare. L’opera venne probabilmente esposta all’interno del tempio o in un edificio pubblico della città. La posizione originaria della figura, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, è riconducibile alla possibile presenza di alcuni attributi che permettevano di identificare il soggetto. Il piede poggiava sull’elmo di Marte, il dio della Guerra, e il braccio sinistro doveva impugnare uno scudo sul quale erano incisi il nome e le gesta del vincitore.
«Ora lo spazio che la circonda sarà degnamente condiviso con un’altra grande opera bronzea che pare instaurare con lei un dialogo silenzioso, quasi affettuoso. Una vittoria e un pugile a riposo, forse sconfitto» ha dichiarato Laura Castelletti, sindaco del Comune di Brescia.
Il Pugilatore in riposo, conservato presso il Museo Nazionale Romano, è un ritratto statuario bronzeo di origine ellenistica di un guerriero al termine di un combattimento, seduto con le gambe divaricate e gli avambracci poggiati sulle cosce. Le ferite sono messe in risalto dall’utilizzo di rame rosso per evidenziare il sangue che sgorga, emblema della fatica dello scontro.
Il dialogo tra le due statue, proposto da questo accostamento espositivo, è poetico: da un lato l’espressione del pugile è messaggera della fatica della lotta e dell’incertezza del verdetto, dall’altro la donna romana si propone portatrice di pace e civiltà. Il risultato della specularità tra le due sculture è un connubio estetico-simbolico che le rende l’una il riflesso dell’altra. Il Pugilatore rappresentante la fatica e l’esitazione, La Vittoria portavoce della pace ritrovata successivamente alla disfatta della guerra, si fondono in una commistione di significati perfettamente amovibile nella contemporaneità. «La posizione del Pugile, pur rivolto verso la Vittoria Alata, conduce attraverso il gesto del volto inclinato all’immagine riflessa. Questa deviazione ci porta a una valutazione intenzionale: l’ordine superiore della divinità e un desiderio particolare del combattente che aspira alla vittoria», ha specificato il curatore dell’allestimento, Juan Navarro Baldeweg.