L’anno scorso, exibart raccontava il triste episodio dell’attivista Sofia Righetti, che denunciava l’impossibilità all’accesso al Giardino dei Tarocchi per le persone con disabilità motorie. Una circostanza sfortunata, che ha permesso di riflettere sull’accessibilità dei luoghi della cultura. Di lì a poco inaugurava il Festival Oriente Occidente, dove la danza ha offerto uno spazio di incontro per il tema della diversità, sia sul palcoscenico che tra gli spalti. Perché l’accessibilità non riguarda solo entrare fisicamente nei luoghi, ma permettere a tutte le persone di studiare, avere un lavoro nel settore, occupare anche le posizioni organizzative e gestionali delle iniziative culturali. Queste sono le riflessioni che porta avanti Al.Di.Qua Artists, prima associazione italiana (ed europea) di e per artist3 e lavorator3 dello spettacolo con disabilità.
Per conoscere meglio l’associazione e i suoi obiettivi, abbiamo intervistato un3 dei suoi componenti, l’attivista Diana Anselmo. La nostra conversazione è partita dagli interessi comuni, fino all’osservazione di Diana: «Prendi Frida Kahlo. Tutt3 la ricordano per i quadri bellissimi, per la sua travagliata storia d’amore, per la sua bellezza particolare…ma quante persone si ricordano che Frida era una donna disabile?». Da qui a parlare di Al.Di.Qua, il passo è stato brevissimo.
Com’è nata l’associazione Al.Di.Qua?
Ci siamo trovat3 nel 2020; non sapevamo dove sarebbe andato a parare il nostro incontro, ma c’era un desiderio profondo di confrontarsi. Il mondo non parla di noi, se non nei termini di pietismo o eroismo. Anche nei circuiti di attivismo intersezionale, spesso il corpo disabile non è preso in considerazione. E noi finora potevamo contare solo sulle nostre forze, farcela da sol3 in questa giungla. Così abbiamo iniziato a conoscerci, condividere le nostre esperienze, e avevamo una distesa di tempo sconfinata per farlo, durante il lockdown. Per una strana congiunzione astrale, Al.Di.Qua è nata proprio mentre il mondo intero sperimentava duramente la consapevolezza che tutt3 sono passabili di caducità e fragilità.
Abbiamo ottenuto i fondi di Europe Beyond Access, il più grande progetto al mondo su arte e disabilità co-finanziato da Creative Europe. Con questi soldi avremmo potuto organizzare uno spettacolo grandioso, ma la situazione pandemica di certo non lo avrebbe permesso. Abbiamo preferito costruire uno spazio virtuale per farci delle domande, insieme, aiutat3 da una sociologa che ha guidato le nostre prime riflessioni.
L’idea era quella di trattare il tema dell’accessibilità davanti, dietro e sopra il palcoscenico. È una questione prismatica, più complessa di quello che sembra. Da fuori, se si parla di accessibilità, sembra che si faccia riferimento esclusivamente a quella architettonica, che si risolve con il montaggio di una rampa per evitare le scale… Non si tratta solo di accessibilità agli spazi, alla fruizione. Noi ci concentriamo sull’accessibilità culturale, sulle possibilità lavorative nel campo dello spettacolo. Viviamo in un mondo in cui è operata una discriminazione sistemica nei confronti dei corpi con disabilità. Spesso i corpi disabili sono esclusi anche dalle accademie di formazione. E se non mi posso formare come posso avere spazio in questo settore? La nostra associazione vuole difendere l’autonomia e i diritti di artisti e artiste con disabilità, e sabotare l’immaginario collettivo, intriso di abilismo, che ci racconta.
Perché questo nome?
Al.Di.Qua. Artists è l’acronimo di ALternative DIsability QUAlity Artists. Ci piaceva però che avesse anche un senso compiuto. Mette in luce il fatto che c’è un Al Di Qua, separato dall’Al di Là con un muro. Un muro che separa le persone con disabilità da quelle abili. Anche il font del logo parla di questo. Ogni lettera ha una sua forma, metafora visiva di coscienza e diversità. È un carattere tipografico realizzato a partire dai graffiti di opposizione disegnati sul muro di Berlino, ricordandoci graficamente gli effetti negativi di ogni barriera. È questo il nostro spirito: quello della contestazione, che vuole abbattere il muro, dimostrare che non ha ragion d’essere.
Abbattere questo muro non significa negare la disabilità, ma segnalare la mancanza di accesso, il limite che sembra invalicabile. Ed è un problema che ci riguarda tutt3. È sbagliata la narrazione che il corpo abile sia inossidabile, e bisognerebbe invece incoraggiare riflessioni che abbiano cura di tutte le necessità. E lo vogliamo fare operando in favore di artisti e artiste con disabilità e dialogando con le istituzioni, per costruire insieme percorsi accessibili per tutt3, artist3 e spettator3.
Qual è la situazione attuale delle persone con disabilità nel mondo della cultura?
Nel 2021 è stato pubblicato un report molto dettagliato, sostenuto da Europe Beyond Access. Benché sia riconosciuto diffusamente il diritto alla cultura per le persone disabili, sia il pubblico con disabilità che chi lavora del mondo dell’arte riportano significative barriere per accedere alla vita culturale. Mancano i fondi per le infrastrutture – persino per creare un sito web accessibile – le competenze, le conoscenze di artist3 con disabilità. E se si parla di accessibilità, spesso è considerata solo quella del pubblico, e mai quella di chi deve accedere al backstage o ai camerini… Questo perché ancora esiste il pregiudizio che le persone disabili siano solo soggetto “passivo” della produzione culturale, mai operator3 attiv3.I pochi esempi sul palco con disabilità sono gestiti da autori abili, che ricalcano narrazioni stantie. E non parliamo delle posizioni organizzative e decisionali, dove la presenza di persone disabili si assottiglia fino a scomparire.
Non ce ne facciamo niente delle statistiche se non ci impegniamo a fare qualcosa. Ecco perché è urgente che siano le nostre voci, i nostri punti di vista a infiltrarsi negli immaginari diffusi, per generare delle narrazioni altre.
Cosa si può fare?
Parlare con noi! Ascoltarci, coinvolgerci nelle iniziative che ci riguardano. Io vorrei che quando si fa qualcosa per noi, la si faccia con noi. È fondamentale la partecipazione delle persone con disabilità, altrimenti il progetto non vale niente, non ci sta aiutando davvero. Per esempio: tra i premi Oscar vinti dal film Coda, c’è anche quello a Troy Kotsur, miglior attore non protagonista. È il primo attore sordo a vincere questo premio, peraltro con un film che affronta il tema della sordità. La pellicola, però, è interamente diretta da persone abili. Questo traguardo sicuramente è un pezzo di orizzonte, ma non è tutto.
Il mese scorso si è tenuto un vostro incontro ufficiale al Nuovo Sacher di Roma…
Sì, era il nostro primo incontro pubblico. Abbiamo presentato il nostro video manifesto, realizzato e prodotto con il contributo di Oriente Occidente ed Europe Beyond Access. Abbiamo anche presentato il libro di Dalila D’Amico, Lost in translation. Le disabilità in scena (Bulzoni Editore), che presenta le interviste e le riflessioni nate con noi dell’associazione sul tema.
Qui il (bellissimo) video-manifesto:
Quando sentiremo parlare ancora di voi?
Molto presto! Dal 27 al 29 aprile alla Fabbrica del Vapore di Milano è in corso Presenti Accessibili, una tre giorni di laboratori, incontri e spettacoli su arti performative e disabilità. L’iniziativa è sostenuta da MiC e da Regione Lombardia, e organizzato da Oriente Occidente per Europe Beyond Access. L’idea è quella di mettere in condivisione saperi e competenze, ponendo solide basi per il dialogo che stiamo già avviando. Ci si accorda sui linguaggi da utilizzare, ci formiamo sui concetti di accessibilità e abilismo, immaginando strategie per praticare alleanze. Ci interfacceremo anche con Antonio Parente, a capo della Direzione Generale Spettacolo del MIC. Speriamo che questo evento generi la consapevolezza necessaria per inserire la nostra causa nell’agenda politica del 2022, rimettendo mano al Codice Unico per lo Spettacolo.
Nell’ultimo periodo ha avuto un gran successo di pubblico e stampa il film “Corro da te”, con Miriam Leone e Pierfrancesco Favino. Si è applaudita l’idea di portare sullo schermo la storia d’amore con una protagonista disabile. C’è qualche problema con questo tipo di narrazioni?
Non voglio neanche stare a parlare di quanto sia problematica la trama…Sai qual è il punto? Sarebbe bellissimo un mondo in cui chiunque può interpretare qualsiasi cosa, ma già lo spazio per attori e attrici con disabilità è poco, e spesso è esclusivamente riservato all’interpretazione di personaggi con disabilità. Se ci sottraggono anche quei pochi incarichi, lo spazio è saturo. E poi, a dirla tutta, io ho trovato discutibile persino il materiale pubblicitario: loro sorridenti in carrozzina con il pollice in su…
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