Nel 1798 tra i boschi francesi di Aveyron, fu ritrovato un enfant sauvage dall’olfatto finissimo. Alla vicenda s’ispirò Patrick Süskind per “Il Profumo”, romanzo bestseller del 1985, che mette in luce come l’arte della seduzione passi attraverso le essenze. Non è un caso, dunque, che al centro di un esperimento artistico che combina vista e odorato ci sia un dipinto bucolico che ritrae la dea dell’amore sensuale. Museo del Prado, Madrid. La sala 83 dell’Edificio Villanueva presenta “L’essenza di un quadro. Un’esposizione olfattiva”, fino al 3 luglio 2022.
Si tratta di una sola opera pittorica, “Senso dell’olfatto”, realizzata dai grandi maestri Jan Brueghel Il Vecchio e Peter Paul Rubens, che raffigura il rigoglioso giardino dei loro committenti, Clara Eugenia d’Asburgo e Alberto d’Austria. Dieci essenze ispirate agli oltre 80 tipi di fiori, piante, piccoli animali e oggetti presenti nel dipinto ne accompagnano la visione. Il progetto ideato da Alejandro Vergara, curatore della sezione dei dipinti fiamminghi del Prado, è in collaborazione con Gregorio Sola, maestro profumiere dell’azienda spagnola Puig.
Nel locus amoenus, ritratto tra il 1617 e il 1618, un cherubino sorridente, forse Amore, porge un bouquet di fiori a Venere, mentre vi si inebria con viso paffuto. Quinta del ciclo pittorico dei Cinque sensi, la tavola si avvale dell’esuberante estetica di Rubens per le figure allegoriche e della meticolosa mano di Brueghel, allievo della nonna miniaturista, Mayken Verhulst, per gli scenari fastosi. Egli era in grado di dipingere dettagli talvolta non visibili ad occhio nudo, permettendosi così di infoltire le opere di segrete delizie. Nel gennaio 1606, Brueghel già scriveva al Cardinale Federico Borromeo, raffinato collezionista, di essersi recato nel parco reale di Bruxelles per ammirare alcune specie di piante e fiori rari.
Quattro diffusori touchscreen nella sala 83 del Prado, moderna Wunderkammer, riproducono essenze a base di rosa, garofani, gelsomini, alberi di fico, narciso, iris, fiori d’arancio, ciclamino e gigli presenti nel dipinto. I fruitori possono selezionare e odorare le fragranze, create con la tecnologia AirParfum: i profumi sono calibrati e privi di particelle alcoliche che potrebbero danneggiare l’opera.
Oltre alle essenze floreali se ne aggiungono altre: gloves, ad esempio, riproduce l’odore dei guanti di capretto posti accanto a Venere, profumati all’ambra come si usava nell’Europa del Seicento. Vi sono anche l’essenza al nardo, olio aromatico con cui si lavarono i piedi di Cristo e i profumi che si legano a bracieri, bruciaprofumi e ampolle per la distillazione delle essenze, disseminati nel dipinto.
Tra pavoni, libellule, coccinelle e segugi, si è poi deciso di riprodurre l’odore di zibetto, il piccolo mammifero ritratto in basso a destra. Un’essenza selvatica e penetrante che tuttavia era fondamentale nell’arte profumiera del tempo: veniva usata per fissare le altre note, in modo che resistessero più a lungo sulla pelle.
Lo squisito esperimento olfattivo ha due obiettivi, secondo il curatore Vergara: rievocare antiche fragranze ma anche dare nuovo lustro ai lavori di Brueghel, un pittore al quale spesso, al museo, si presta poca attenzione, anche per il piccolo formato delle sue opere. “Senso dell’olfatto”, ottenuto con spazzole a pelo singolo e una lente d’ingrandimento, misura infatti 110×65,5 cm. Il Prado rieduca il pubblico al gusto di corte, valorizzandolo: ciò che racchiude il molto nel poco è un mirabilium da vedere e ora anche da poter odorare. Inebriante è il fascino dell’arte.
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