Fino al 18 dicembre 2022 alla Studio Arnaldo Pomodoro, in Via Vigevano 3 (cit. 061), a Milano la mostra “L’inizio del tempo. Le ricerche spazialiste di Arnaldo Pomodoro”, la Fondazione Arnaldo Pomodoro «dà avvio a un nuovo ciclo di Open Studio, allestimenti temporanei negli ambienti dello Studio di Arnaldo Pomodoro che, con cadenza annuale, raccontano e approfondiscono temi e periodi poco conosciuti della ricerca dell’artista, esponendo opere, documenti e materiali d’archivio originali», ha spiegato l’istituzione.
«Protagonista del primo Open Studio è L’inizio del tempo n. 2 (1958 – 230 × 270 cm), un grande bassorilievo in piombo, zinco e stagno, proveniente da Colonia e restaurato nel corso del 2021. In quest’opera emblematica, che già evidenzia il clima di superamento dell’Informale, Pomodoro indaga lo sviluppo spaziale di una superficie non più strutturata dalle scritture segniche che caratterizzano i suoi esordi, ma concreta e consistente, animata da un segno gestuale e assoluto», ha proseguito la Fondazione.
Abbiamo parlato di quest’opera e dell’intero progetto con Federico Giani, curatore della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
Come è nato il progetto Open Studio? Che rapporto prevede tra la Fondazione Arnaldo Pomodoro e altre istituzioni?
«Il progetto Open Studio nasce coerentemente all’impegno della Fondazione nell’ambito della valorizzazione e promozione dell’opera di Arnaldo Pomodoro. Dopo una prima sperimentazione sul tema degli allestimenti scenici avviata tra il 2020 e il 2021, la Fondazione ha pensato di avviare stabilmente un ciclo di allestimenti temporanei negli ambienti rinnovati dello Studio di Arnaldo Pomodoro, che per la prima volta si apre al grande pubblico, con l’esposizione di sue opere inedite o poco conosciute, documenti e materiali di archivio originali, sotto la sua diretta supervisione. L’iniziativa inaugura un’ulteriore modalità di restituzione al pubblico delle attività di ricerca quotidianamente svolte dalla Fondazione sull’opera e sulla vita di Arnaldo Pomodoro con i progetti –fruibili da tutti online– del Catalogue Raisonné e dell’Archivio online. Questo ci dà anche l’occasione, com’è successo con lo CSAC di Parma per questo primo capitolo di Open Studio, di attivare collaborazioni con altre istituzioni che conservano opere di Pomodoro, sia nei termini di prestiti che di condivisione delle ricerche in corso».
Nel comunicato stampa di legge che il progetto vuole raccontare temi e periodi della ricerca di Arnaldo Pomodoro meno noti al grande pubblico. Potete darci qualche anticipazione?
«Abbiamo già cominciato a lavorare sul tema del prossimo Open Studio, che andrà in scena nel 2023. Per ora possiamo dire che la nostra attenzione si sta focalizzando sul periodo a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, un altro tratto poco considerato –ma di grande interesse e impatto estetico– del percorso di Arnaldo. Una delle esperienze cruciali di quegli anni è l’insegnamento nei campus californiani di Stanford e Berkeley, che spinge Arnaldo a sviluppare riflessioni importanti sul suo lavoro e in generale sul ruolo dell’arte e dell’artista nella società contemporanea, a sperimentare materiali e media per lui insoliti, come le plastiche, l’acciaio e addirittura il cinema, tutto questo mentre poteva osservare in presa diretta le evoluzioni della Pop Art e la nascita del Minimalismo, nonché il fermento della società americana in relazione ai movimenti di contestazione che avrebbero poi rapidamente interessato anche l’Italia e l’Europa».
La prima tappa di questo progetto è dedicato a L’inizio del tempo n. 2. Come si colloca nella ricerca dell’artista e che cosa vedremo nel percorso espositivo?
«L’inizio del tempo n. 2 è un grande bassorilievo realizzato da Arnaldo Pomodoro nel 1958, in piombo, zinco e stagno, proveniente da Colonia, dove era rimasto per oltre cinquant’anni negli spazi comuni dell’istituto scolastico Schiller-Gymnasium subendo un progressivo deterioramento. L’opera è stata oggetto nel 2021 di un lungo e complesso lavoro di restauro eseguito nello studio del Maestro sotto la sua supervisione e con il suo diretto coinvolgimento. L’inizio del tempo rappresenta un momento interessante e particolare della sua ricerca –caratterizzata sempre dalla relazione dialettica tra sperimentazione e riflessione, tra continuità e rottura– che affronta appunto il tema dello spazio e del tempo e della loro organica interconnessione. L’opera, piuttosto semplice dal punto di vista compositivo, rivela tuttavia una serie di implicazioni complesse e significative sul piano teorico e prefigura lo sviluppo successivo del suo lavoro. Accanto a L’inizio del tempo, si vedono in mostra un gruppo di sculture, disegni e studi progettuali – alcuni in prestito dallo CSAC di Parma – e numerosi materiali d’archivio (fotografie, cataloghi, riviste, ritagli stampa, carteggi…), in un allestimento che dà conto della genesi dell’opera e del periodo di attività tra il 1957 e il 1964, fino ad arrivare alla realizzazione del Grande omaggio alla civiltà tecnologica (1960-1964 – 24 × 8 m) per la facciata dell’Università Popolare di Colonia, sintesi poetica tra le indagini su segno-scrittura e segno-materia, del quale vengono esposti gli inediti collage progettuali».
Quali altre iniziative proporrà la Fondazione Pomodoro nei prossimi mesi?
«Lungo il corso dell’anno la Fondazione proseguirà l’ormai consueto programma di workshop e visite guidate, per adulti e per famiglie con bambini, che si svolgono tra lo Studio, il Labirinto di via Solari 35 a Milano, la Fonderia De Andreis di Rozzano e il centro di Milano, con il tour “La Milano di Pomodoro” che coinvolge anche il Museo Poldi Pezzoli, le Gallerie d’Italia di Piazza della Scala e il Museo del Novecento.
Sul fronte espositivo avremo in primavera e in autunno le due mostre del ciclo delle Project Room nello spazio espositivo di Via Vigevano 9, dedicate ai giovani artisti under 40, e in dicembre la mostra del vincitore del Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura alla GAM – Galleria d’Arte Moderna di Milano».
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