Alla ricerca della cattedrale dell’umanità |

di - 8 Febbraio 2016
“Siamo qui per edificare la cattedrale”. Così dichiaravano nel 1985, esplicitando le preoccupazioni sulle condizioni delle loro creazioni, Joseph Beuys, Anselm Kiefer, Enzo Cucchi e Jannis Kounellis durante un dialogo voluto dal curatore Jean-Christophe Ammann in vista della loro esposizione alla Kunsthalle di Basilea nel 1986 (sulla rivista Parkett, 1986). Quell’incontro geniale si chiude apparentemente senza conclusioni ben definite, ma le basi sono gettate. Trent’anni dopo eccoci all’interno della mitica cattedrale, quella creata da Anselm Kiefer. Uno spazio spirituale di creazione e di formazione, luogo per risvegliare la memoria e pungolare l’identità di ognuno, non in termini di dati anagrafici ma di presa di coscienza della centralità dell’uomo nella storia e delle sue responsabilità verso questa. Dove? A Parigi. La capitale francese consacra due grandi eventi a Anselm Kiefer: una retrospettiva al Centre Pompidou con 150 opere che vanno dal 1969 al 2015, e una mostra più intima e privata dal titolo “L’alchimia del libro” presso la Bnf, Biblioteca Nazionale di Francia François-Mitterrand, con un centinaio di libri-sculture realizzati tra il 1968 al 2015.

Due mostre complementari che rivelano l’incredibile percorso artistico dell’artista tedesco, classe 1945, che vive in Francia dal 1993 e a Parigi dal 2007. Da una parte la pittura e la scultura, dall’altra il libro da lui considerato matrice delle sue opere, che rimane comunque un elemento poco conosciuto dal grande pubblico. L’esposizione “L’alchimia del libro” è di fatto la biblioteca personale di Kiefer, questa racchiude oltre 40 anni di creazione di libri, che vanno dai 70 ai 200 chili e non sempre contengono un testo, ma foto, acquerelli, collage, e materiali come sabbia, capelli, ceneri, argilla, questi sono di cartone, di gesso o di piombo. Quest’ultimo materiale privilegiato dell’artista è associato a Saturno e alla melanconia, la ricordiamo quale materia prima degli alchimisti nella loro ricerca di trasformarlo in oro. I libri, come le sue opere, s’ispirano alla letteratura, alla storia e alla filosofia, convergendo in questo senso con il poeta Paul Celan, che come Kiefer vedeva come unica possibilità di fare arte dopo l’Olocausto l’abbandono delle pratiche classiche di creazione. Per l’esposizione alla Bnf, l’artista ha voluto creare lui stesso la mise en espace, evocando così l’interno di una basilica che celebra appunto il libro, clin d’œil alla missione spirituale del supporto. Qui la storia individuale incontra quella collettiva attraverso il libro che diventa spazio in cui si realizza la propria umanità, tra queste opere non si rischia di perdersi ma di ritrovarsi, poiché “le immagini che evoca risvegliano nell’uomo qualcosa di più profondo” (Jean- Christophe Ammann, sempre su Parkett, 1986), aggiungiamo di archetipo.

Apparso nella scena artistica negli anni Sessanta, Kiefer sciocca il pubblico con la nota serie di performance Occupazioni, in cui l’artista si fa fotografare in diversi Paesi europei parodiando il saluto hitleriano. Un gesto provocatore che evoca l’orrore nazista che l’artista tenta di strappare dall’oblio, in nome di una presa di coscienza della storia tedesca, come atto di responsabilità nei confronti della storia, sulla memoria. Questa serie rivela due libri presenti alla Bnf, quali Simboli eroici (1969-2010) e Per Jean Genet, mentre al Pompidou sono presenti dipinti omonimi nella sala che porta il nome di Retorica di guerra.
Tra gli autoritratti anche la serie in cui si ritrae allungato nella posizione shavasana ovvero detta del cadavere nella disciplina psico-corporea Hatha Yoga; in perfetta sintonia con la natura, clin d’œil al buddismo, lo troviamo nel dipinto L’ordine della notte (1996) e Uomo sotto una piramide (1996). Tra i temi sviluppati da Kiefer ci sono le rovine, ricordiamo che è cresciuto nel dopoguerra in una Germania distrutta, ma anche un gran lavoro sulla Shoah. Tra il 1984 e il 1990 l’artista fa diversi viaggi in Israele e si interessa al Talmud e ai testi ebraici, come la Cabala ebraica. In questo contesto troviamo figure femminili come Lilith, il demone temuto dalle gestanti e dai neonati, da qui un dipinto Lilith (1987-1990) al Pompidou, mentre alla Bnf è presente l’opera Le figlie di Lilith (1998). Simbolo della rivolta della melanconia, Lilith vive esiliata, nel libro troviamo indumenti di piombo e di tessuto incollati su fotografie di viste aeree su metropoli come San Paolo del Brasile. Altro elemento, presente dal 1996, è il rapporto tra il microcosmo, cioè l’uomo e il macrocosmo, cioè l’universo, ispirandosi all’idea che ad ogni pianta sulla terra corrisponde una stella nell’universo, secondo la teoria del filosofo e alchimista inglese Robert Fludd, troviamo dunque la serie La vita segreta delle piante (2001). Ancora fiori colorati su libri di piombo nella serie Blutblume, mirabile contemplazione del cosmo e della natura, mentre al Pompidou è presente il quadro Il linguaggio dei fiori e delle cose mute (1995-2015), sulla scia di Baudelaire e Van Gogh.

Irrinunciabile l’opera monumentale esposta al Centre Pompidou Steigend, steigend, sinke nieder (Sorgendo, sorgendo, affondi – 2012-2015), in riferimento al Faust di Goethe. Questo lavoro che pesa 27 tonnellate, si erige su quattro container montati l’uno sopra l’altro, è accessibile grazie ad una rampa di scale esterna. Al suo interno, completamente svuotato, sono appese strisce di piombo che finiscono in una pozza d’acqua, a mo’ di pellicole cinematografiche ricoperte di foto, provenienti dall’archivio personale dell’artista composto da oltre 100mila immagini. Tra queste troviamo quelle sull’opera Chute d’étoiles  esposta nel 2007 al Grand Palais a Parigi per la prima edizione di Monumenta.
Entrambe le esposizioni sono da non perdere, quella alla Bnf chiude il 7 febbraio, mentre la retrospettiva al Centre Pompidou chiude il 18 aprile.
Livia De Leoni

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