Fondata a Milano nel 2001, l’associazione aMAZElab, Arte, Cultura, Paesaggio è un network internazionale, un centro di produzione e ricerca, un attivatore progettuale che ha indagato per due decenni i territori di confine nell’arte, la pratica ecosostenibile nel design e nell’architettura con una pioneristica attenzione al paesaggio urbano. In occasione del suo ventennale abbiamo incontrato la fondatrice, Claudia Zanfi.
2001-2021, vent’anni di progettualità. Un bel traguardo.
«Un traguardo importante, perché l’associazione ha fatto un lavoro pioneristico, portando in Italia autori inediti come i messicani Torolab, collettivo che lavora sui confini di Tijuana. Il network di aMAZElab coinvolge artisti, designer, botanici, ricercatori, studenti e docenti, giovani e anziani, comunità locali con uno sguardo semiotico a 360° di lettura dei segni della realtà circostante in maniera aperta e circolare. Penso all’indagine che abbiamo fatto sul Mediterraneo e sui Balcani entrando nei vari spazi, nelle coste, negli interstizi, per esempio a Tangeri con Yto Barrada, coinvolgendo quindi non solo artisti emergenti o mid-career ma anche autori rappresentativi. Come con Thomas Hirschhorn invitato, per la prima volta In Italia, a un talk e a un progetto pubblico. La traiettoria sul mediterraneo ha aperto un “ramo” dedicato al verde urbano: un altro aspetto pioneristico che abbiamo sviluppato col progetto “Green Island” in un momento in cui si parlava poco di sostenibilità e biodiversità. Attraverso una ricerca approfondita, studi e teorie di figure come Gilles Clément o Piet Oudolf dei giardini dell’High Line di New York o Lois Weinberger che è stato trai primi negli anni ’70 a concettualizzare il giardino come opera d’arte. Ultimamente stiamo lavorando sugli alveari, casette progettate da artisti e designer di tutto il mondo».
Punti cardine di aMAZElab?
«Geografie, territori, confini (sconfinanti), geopolitica — nelle primissime operazioni di apertura verso l’Europa dell’Est eravamo già attivi in Romania, a Skopje, Sarajevo — e i nuovi paesaggi, intesi nel senso filosofico, geografico e antropologico: paesaggio urbano, della mente, della ricerca. Tutte le iniziative che abbiamo proposto hanno sempre avuto un forte valore di partecipazione e di ascolto».
Rimpianti? Un progetto che avresti voluto fare o un artista che avresti voluto coinvolgere.
«Nessun rimpianto per la parte di ricerca e produzione perché è stata molto ricca. Quello che nel tempo è stato comunicato è solo la punta dell’iceberg. Ciò che abbiamo fatto è molto capillare e diversificato. Abbiamo ad esempio realizzato una serie di libri d’artista, di quaderni, notes, disegnati e creati, spesso in edizione limitata, da artisti internazionali importanti. Forse un autore che non sono mai riuscita a coinvolgere nel mio progetto “Going Public”, perché sempre impegnato, è Francis Alÿs, artista che amo moltissimo».
aMAZElab è stato un progetto ventennale ambizioso e resiliente. Quali sfide e prospettive future?
«Vent’anni continuativi, senza sosta, comprese tutte le crisi economiche, sono stati impegnativi. La mia visione è che questo laboratorio, viste anche le urgenze del contemporaneo, l’attuale condizione di isolamento forzato, possa lavorare molto di più nello spazio urbano verde, intensificare le attività all’aperto, anche recuperando aree verdi abbandonate o semi abbandonate che sono moltissime nelle città. L’ecodesing rientra in questo progetto, con interventi di artisti e produzione di opere di Land art».
Le iniziative per l’anniversario?
«In quest’occasione, come per tutte le nostre attività, non abbiamo pensato a un evento unico, chiuso, statico, ma a una serie di iniziative in quattro tappe. Le prime tre a Milano: una è stata a Viafarini con la mostra-racconto “Atlas. Mappe e visioni dal Mediterraneo”, un’altra sarà con un’opera di Land art nell’area di Ortica, a giugno al DOCVA raccoglieremo più una parte documentaria, anche con i libri d’artista e un talk su un progetto dell’artista Vera Pravda su IG che si chiama confini (@confiniartproject). Ultima tappa, a settembre, una grande installazione pubblica diffusa per la quale coinvolgeremo alcuni degli artisti che in questi vent’anni ci hanno seguito come Zafos Xagoraris o Maria Papadimitriou, solo per citarne alcuni, in collaborazione col Festival di Filosofia di Modena, la Galleria Civica e l’Orto Botanico. Sarà un percorso scenografico di immagini e visioni nei giardini pubblici di Modena. Questo progetto apre quella che sarà sempre più la prospettiva futura di aMAZElab: il verde. Perché abbiamo sempre più bisogno di stare nel verde che ci cura».
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Grazie Daniele per la bellissima intervista, e un grazie a tutta la redazione :)