AMICO HANGAR

di - 14 Luglio 2010
Di
fatto HangarBicocca è, allo stato attuale, l’unico spazio “museale” a Milano.
Come ci si sente in una città dove l’apporto pubblico latita paurosamente?

Hangar non è definibile come spazio museale in sé,
piuttosto è complementare al futuro museo d’arte contemporanea e alle altre
istituzioni proprio perché è altro, un luogo di sperimentazione che si può
permettere scelte rischiose e “oltre”. Per quanto riguarda il “pubblico”, anche
qui mi spiace dover dissentire: il “latita paurosamente
” non mi sembra proprio si possa ascrivere a questa
amministrazione, che ha fatto e sta facendo tanto per la cultura e soprattutto
per l’arte contemporanea, nonostante i tagli al sistema. Purtroppo si continua
a valutare tutte le ammministrazioni solo sul tema “museo d’arte contemporanea”
che, non si può negare, è una mancanza vistosa in una città come Milano. A
scanso di equivoci, la Fondazione Hangar è una fondazione di diritto privato ma
il Comune, così come la Regione e la Camera di Commercio, ha un posto nel
board. Non direi che è assente. Ma il valore di Hangar è proprio nell’essere
indipendente da tutti ma nell’essere di tutti, allo stesso tempo. Siamo
un’istituzione della città e dei suoi cittadini, nel senso più ampio possibile,
anche geograficamente, avendo come riferimento l’area metropolitana più che il
territorio comunale (ormai superato nei fatti economici e demografici).


Insomma, lei ci dice che a Milano va tutto bene.
Che non manca nulla dal punto di vista dell’arte di oggi…

Manca una struttura museale che si dedichi al
contemporaneo, ma non in generale strutture che se ne occupino. Oltre ad
Hangar, che peraltro è l’ultimo arrivato, ci sono la Fondazione Trussardi, la
Fondazione Prada, la Fondazione Pomodoro, c’è il Pac e c’è la Triennale che –
forse impropriamente rispetto alla sua mission – comunque ha un’offerta valida
anche da quel punto di vista. E ci sono diversi altri luoghi, come la Rotonda
della Besana e il Palazzo della Ragione, e Palazzo Dugnani… Insomma, credo
che, se critiche debbano essere fatte a una città come Milano, debbano solo
riferirsi alla mancanza di un museo specializzato nel contemporaneo, non di
un’offerta legata al contemporaneo.


Veniamo
all’Hangar: era una cattedrale nel deserto, in una zona non esattamente
ospitale quanto a servizi. Le cose cambieranno? Si potrà “sostare” all’Hangar
al di là del tempo strettamente riservato alla visione della mostra?

Sì,
Hangar nasce in una zona che era inospitale ma che è cambiata e cambierà
ulteriormente. Prima era una destinazione e poi via, ora diventerà un luogo
dove passare del tempo, con intorno altre offerte (cinema, teatro, Parco Nord,
Università…). Sono i milanesi che devono cominciare a pensare fuori dalla
cerchia dei Navigli. La Tate Modern è per caso in centro a Londra? È
addirittura al di là del fiume, che vent’anni fa divideva anche con il prefisso
telefonico la parte in e la parte out di Londra. Eppure appena è stata aperta
nessuno si è posto il problema. Sapete perché? Perché è l’offerta a fare la
differenza, non la location.


Entriamo nel
dettaglio architettonico e non solo: ci racconti del giardino, degli interni,
della caffetteria, della libreria…

L’architettura
di Hangar, seppur imponente, è del tutto anonima e flessibile, per cui può
essere rinnovata ogni volta a seconda delle esigenze. Per questo i lavori sono
stati limitati al minimo indispensabile: riscaldamento a terra e impianto
elettrico adeguato. Finalmente il pubblico non verrà a vedere un cantiere, come
è sempre stato dal suo avvio con la mostra di Kiefer, ma un luogo dove la
cultura del contemporaneo – in tutte le sue forme ed espressioni – avrà modo di
esprimersi e di accogliere i visitatori. Il giardino esterno ospita – grazie a
Pirelli che l’ha recuperata – la meravigliosa scultura La sequenza
di Melotti, che dialoga con l’iniziativa appena
lanciata dal Comune di grandi sculture in città. Ci saranno il bistrot e la
libreria (non un bookshop, ci teniamo molto alla distinzione), un’area esterna
piantumata, connessioni wireless e bluetooth di ultima generazione grazie a
Mainsoft. L’atmosfera rimarrà volutamente industriale: la memoria è importante.
Anche gli arredi del bistrot provengono da recuperi industriali, grazie a
Contempo, un’azienda di Bassano del Grappa. Speriamo proprio che il pubblico
milanese apprezzerà l’offerta. Anche dal punto di vista trasporti la situazione
è cambiata e sta cambiando con la nuova linea della metroplitana.


Il programma
proposto da Chiara Bertola (si inizia con Christian Boltanski e Carlos Casas e
si prosegue con un ciclo di quattro mostre “lunari”) pare andare
sostanzialmente in due direzioni: da una parte le collaborazioni con
istituzioni come il Grand Palais e l’Armory Show e dall’altra verso
un’”apertura” dell’Hangar non solo a discipline diverse dalle arti visive, ma a
una “vitalità” maggiore dei luoghi. Insomma, torniamo a un Hangar da vivere…

Chiara ha
preso in mano il ruolo di direttore artistico in modo mirabile e ha saputo
inserirsi benissimo nella realtà di Hangar, nonostante le difficoltà iniziali e
la fatica con cui si fa fundraising oggigiorno. Boltanski ci sarà per accordi
precedenti al suo arrivo, ma senza di lei probabilmente sarebbe stata una
semplice ripetizione di quanto già visto a Parigi. Chiara ha saputo dialogare
con Boltanski in modo da rendere la sua installazione speciale e unica. Direi
che è proprio la competenza che ci mancava. Grazie al lavoro di squadra che
stiamo facendo e al fatto che, come dicevo, a fine giugno il cantiere che è
sempre stato sarà finito, Hangar sarà sempre più alive and kicking
… Sì, un luogo vivo e da vivere.
E la mostra ideata da Chiara per questo prossimo autunno, che si svilupperà
lungo un arco di 8 mesi intorno al tema della vulnerabilità, crescendo e
maturando in modo organico, indubbiamente traferisce un’idea di “vita”. Che ci
piace molto.


Nei
vostri piani quale tipo di risposta da parte del pubblico vi aspettate? Quante
migliaia di visitatori avete inserito nel vostro “business plan” 2011?

Sembrerà
strano, ma prudenzialmente nel business plan non abbiamo inserito stime sui
visitatori e sui ricavi a loro collegati. Il presidente Puri Negri, molto
attento al lato costi come è sempre stato, non si stanca di ripetere che
dobbiamo essere in equilibrio prima di considerare i visitatori, che pure ci
saranno e daranno una spinta ulteriore allo sviluppo, un piccolo passo per
volta. Certo, se ora i visitatori dovessero mancare sarebbe una delusione, ma
più per non aver saputo convincere i milanesi a fare 15/20 minuti di strada che
per i numeri. Ma siamo fiduciosi. Ancora una volta, la qualità dell’offerta
farà la differenza. È da lì che bisogna partire, non dai numeri dei visitatori,
che poi arriveranno.

Dopo
anni priva di veri e propri spazi destinati all’arte di oggi, Milano ha anche
bisogno di ricrearsi un pubblico interessato. Punterete anche voi sulla
didattica?

Sì, ma in
un modo “diverso”, come diverso è stato tutto il modo in cui Hangar è stato
concepito, partendo dall’unicità degli spazi e dell’installazione di Kiefer,
andando a verificare le best practice internazionali e vedendo bene cosa
mancava qui da noi. L’identità e la distinzione – l’essere remarkable
, come direbbero gli anglosassoni
– porta attenzione. Essere uguali agli altri annoia e genera disinteresse…
Per l’education ci serviamo di un team di giovani che abbiamo formato,
coordinato da Valeria Cantoni, docente alla Cattolica, ed Elena Ciresola, che
ha creato la Scuola di Guggenheim. I primi esperimenti hanno avuto risultati
straordinari, sia per l’affluenza sia per il giudizio favorevole degli stessi
studenti, che hanno trovato qui in Hangar un’esperienza diversa da quella cui
erano abituati.

Ripoggiamo
i piedi per terra: quanto è costato tutto ciò? E qual è il budget per la
programmazione della stagione che si sta chiudendo e per la prossima?

Hangar ha
un budget di poco superiore al milione di euro, di cui la metà in cambio merci.
Siamo in grado di produrre mostre a una frazione del costo che sopportano altre
istituzioni, lavorando molto con gli artisti e facendo anche rinunce personali.
L’offerta crescerà con il crescere delle disponibilità – un piccolo passo alla
volta – fino a un massimo a regime di poco superiore ai 3 milioni di euro
all’anno, con massimo 10-12 persone coinvolte nella gestione. I lavori di
ristrutturazione invece sono costati poco meno di 4 milioni di euro e sono
frutto di una convenzione firmata da Pirelli con Regione e Comune sull’area e
che vincolava l’immobile a funzione pubblica, ancora nel 2000, prima che Hangar
fosse anche solo immaginato. Un’ulteriore prova del fatto che il “pubblico” non
è affatto assente in Hangar.

Che
tipologia di governance avete dato a questa realtà? Qual è la struttura di
governo di uno spazio espositivo come questo e su quale modello vi siete posti?
Come dialoga la realtà culturale dell’Hangar con la realtà aziendale di
Pirelli? Sono in programma nuovi innesti, nuovi partner nel controllo di questa
iniziativa culturale privata?

Vorrei
partire proprio da Pirelli, cui va il ringraziamento per aver avuto la
sensibilità non solo di dare il via a questa avventura, ma soprattutto di aver
capito quando era il momento di fare un passo indietro e lasciare che Hangar
crescesse per la sua strada. Due anni fa abbiamo costituito la fondazione con
soci del tutto paritetici. Per ciò che riguarda la governance abbiamo fatto
un’attenta analisi di benchmarking (con l’aiuto di Università Bocconi,
dipartimento diretto da Stefano Baia Curoni) di altri 14 spazi industriali
trasformati in spazi espositivi in giro per il mondo, e abbiamo semplicemente
scelto le cose migliori e che garantivano unicità e un modo di fare trasparente
e centrato sulla qualità dell’offerta. La continuità la dà l’istituzione, con
un comitato scientifico dinamico e interdisciplinare di altissimo livello, un
CdA importante sia per istituzioni coinvolte che per nomi designati, un
direttore artistico eletto per tre anni in modo del tutto trasparente e indipendente.
Si parla tanto di merito: beh, noi qui stiamo cercando di fare proprio così…


E ora
che l’Hangar diviene un luogo “amichevole”, nasceranno anche gli “amici di HangarBicocca”…

Sono già
nati in effetti. Siamo oggi impegnati nel terzo passaggio della maturazione di
Hangar, nato prima come esercizio di comunicazione di Pirelli Re e diventato
poi, con il passo indietro di Pirelli e la costituzione della fondazione,
un’istituzione indipendente. Oggi stiamo cercando di trasformare Hangar in un oggetto
partecipato da tutti i cittadini milanesi: c’è una campagna, realizzata da
Ogilvy (socio partecipante) che recita: “Sei un pezzo di Hangar
”. È proprio il tema del terzo
sviluppo: tutti possono partecipare alla vita di Hangar prendendosene un pezzo,
da 10 euro per gli studenti su fino a 1.000 euro per gli amici benemeriti. Se i
cittadini non solo di Milano ma di tutta l’area metropolitana, inclusa la
Brianza a nord di Hangar, capiranno che l’indipendenza è un valore che può
essere mantenuto solo grazie all’impegno di tutti, avremo centrato l’obiettivo.

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con Chiara Bertola
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in Bicocca

Emergenze
in Hangar

a cura di
marco enrico giacomelli

*articolo pubblicato su
Exibart.onpaper n. 67. Te l’eri perso?
Abbonati!


dal 24
giugno al 19 settembre 2010

Christian
Boltanski – Personnes

a cura
di Chiara Bertola
dal 24
giugno al primo agosto 2010

Carlos
Casas – End

a cura
di Andrea Lissoni
Hangar
Bicocca
Via
Chiese, 2 (zona Bicocca) – 20126 Milano
Orario:
da martedì a domenica ore 11-19; giovedì ore 14.30-22
Ingresso:
intero € 8; ridotto € 6

Info: tel./fax +39 02853531764; info@hangarbicocca.it; www.hangarbicocca.it

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