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Another world now: a Genova, l’arte contemporanea interpreta i fatti del G8
Progetti e iniziative
di redazione
Da quel 19 luglio 2001 sono trascorsi esattamente 20 anni e nelle tranquille strade di Genova, oggi, non sono rimaste poi tante tracce, il fumo si è disperso, le vetrine sono state riparate, i cassonetti, i segnali stradali e tutti gli altri arredi urbani rimpiazzati. Nell’aiuola di piazza Alimonda c’è un cippo silenzioso e pesante: Carlo Giuliani Ragazzo. A pensarlo in questa estate 2021, sembra un giorno tanto irreale e, invece, fu brutalmente concreto, come tutti quelli che seguirono fino al 22 luglio, ancora vividissimi nelle miriadi di immagini che continueranno a suscitare sdegno, rabbia e incomprensione per ciò che successe nella città ligure, mentre i membri del G8, con i loro staff, discutevano nelle nobili sale di Palazzo Ducale. A ricordare, elaborare, interpretare l’oscenità, la negazione, la lucida irrazionalità di quei giorni, “Another world now / Un altro mondo adesso”, progetto d’arte contemporanea che, fino al 28 luglio, diffonderà tra le strade di Genova, l’ex Cinema Gioiello e lo Spazio CHAN, una serie di performance, azioni, cartoline postali, affissioni e proiezioni. Curato da Anna Daneri, Francesca Guerisoli e Carlotta Pezzolo, organizzato dall’associazione CHAN, il progetto vede la partecipazione di 20 artisti e collettivi: Giorgio Andreotta Calò, Simona Barbera, Ruth Beraha, Gabriella Ciancimino, Leone Contini, Ronny Faber Dahl, Elena Bellantoni, Chto Delat, Circolo Bergman, Dora Garcia, Domenico Antonio Mancini, Elena Mazzi/Eduardo Molinari, Marzia Migliora, Chiara Mu, Giuseppe Stampone, Serena Porrati, Oliver Ressler, Beto Shwafaty, Kristian Skylstad, The Cool Couple.
Cosa è rimasto di quegli istanti, quale è il portato di quei movimenti, dei concetti, degli ideali espressi a gran voce, tra il fumo e le manganellate? Quali sfide anticipava, quanto siamo ancora impreparati non tanto per affrontarle ma anche solo per riconoscerle? «Il progetto intende misurarsi con l’eredità dei movimenti no-global a vent’anni dal G8 di Genova con lo sguardo rivolto all’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, perché questa non resti solo una “bella promessa” ma un insieme di azioni concrete», spiegano gli organizzatori. «Vent’anni fa, lo slogan “Un altro mondo è possibile” segnava la distanza tra ciò che era e ciò che avrebbe dovuto essere. Tra lo status quo e l’orizzonte di un mondo diverso. Una polarità talmente ambiziosa che rischiava di creare un solco tra realisti e sognatori, tra un mondo che in fondo avremmo dovuto accettare e un altro impossibile da costruire. Quelle stesse tesi che hanno informato i movimenti no-global, che erano considerate il frutto del pensiero di irriducibili visionari, oggi occupano il cuore dell’agenda mondiale».
Ma adesso che mondo viviamo, come lo viviamo? «Another World Now si pone dunque tra la possibilità e la praticabilità; è la maturazione e la maturità di un processo e dice della necessità di una messa a terra, politica, istituzionale, culturale, del cambiamento». Attraverso performance, installazioni, cartoline postali, video, azioni e affissioni urbane che contrastano la standardizzazione del mondo nell’epoca della globalizzazione gli artisti si calano nella città di Genova interrogando la possibilità e la necessità di cambiamento. Lo scarto, gli elementi senza valore di mercato, la riscrittura della storia ammettendo esclusioni fatte sulla base del genere e/o dell’etnia, il nuovo regime relazionale instaurato dalla pandemia, la delocalizzazione dei luoghi, la riflessione sulle tecnologie e i loro risvolti “oscuri”, le temporalità diffuse di un pianeta interconnesso sono tra i temi che guidano gli artisti e le artiste di questo progetto.
Another World Now è parte di “Genova 2001 vent’anni dopo: un altro mondo è necessario”, programma organizzato da oltre 30 organizzazioni e associazioni della società civile, nazionali e locali.