A Udine una mostra che insegna a vivere con le piante

di - 21 Aprile 2025

L’arte contemporanea, quando si confronta con il tema della natura, si trova dinanzi a una dicotomia inevitabile: la tentazione dell’idillio e la consapevolezza dell’alterazione antropica.
In questa tensione si colloca il lavoro di Antonio Bardino, la cui personale Il respiro delle piante, si configura non come una semplice celebrazione della dimensione vegetale, ma come un’indagine sulla sua vitalità irriducibile, sulla sua resistenza e sulla sua presenza nel contesto antropizzato. Ci presenta il progetto il curatore Daniele Capra.

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2024, visita degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

La mostra Il respiro delle piante sembra proporre una rilettura radicale del vegetale come soggetto attivo. In che modo questa prospettiva si collega a un dibattito più ampio sull’Antropocene e sulla ridefinizione del nostro rapporto con il non umano?

«Penso che il cuore della questione della mostra sia su come noi usiamo l’attività stessa delle piante e le loro capacità adattive per ricostruire artificialmente dei ritagli di verde, nei giardini o nelle nostre case. Sono spazi che spesso ci servono per riconnetterci visivamente alla natura. La dicotomia tra elemento antropico e vita vegetale è forse molto meno radicale di quanto immaginassimo anche solo trent’anni fa. È emersa una nuova sensibilità che ci ha portato a scoprire l’importanza del terzo paesaggio e degli elementi vegetali che si riappropriano degli spazi non più assoggettati dall’uomo, ma negli ultimi decenni sono progressivamente deflagrate le questioni ambientali. E così, come suggerisce Antonio Bardino con le sue viste di giardini o di piante che abbiamo in casa, nei confronti dell’elemento vegetale abbiamo un atteggiamento schizofrenico, poiché amiamo circondarci di piante, ma nel contempo impoveriamo gli ambienti in cui esse naturalmente prolificano. Ciononostante nelle stanze che abitiamo, sui balconi o nei giardini ci prendiamo cura delle piante. Le usiamo con funzioni essenzialmente decorative, ma suppongo abbiano per noi un ruolo in qualche modo ansiolitico. L’artista mostra nei suoi dipinti proprio questa necessità che noi abbiamo di relazionarci con le piante, di vederle vicino a noi, anche in quella finestra finzionale che è il quadro».

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2024, visita degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre
Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2024, visita degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

Nella mostra Bardino gioca con le modalità di presentazione delle opere, collocando alcuni dipinti in situazioni non ordinarie. Come cambia la relazione tra spettatore e opera quando il dipinto non è più un oggetto da contemplare frontalmente, ma diventa parte dello spazio vissuto?

«Una sezione della mostra è allestita nella casa anni Trenta di Dante Cavazzini, che dopo la sua morte ha donato alla città di Udine. In questa parte del museo abbiamo lavorato con l’artista in forma sartoriale, scegliendo di relazionarsi con degli spazi che potessero essere inaspettati per il visitatore. Bardino ha realizzato cinque opere site specific, non solo rispetto alle dimensioni consentite degli spazi e degli arredi, ma anche rispetto alle condizioni di luce. Per esempio il quadro realizzato per la libreria, che ha le medesime dimensioni dello scaffale, presenta uno sfondo fuori fuoco e le piante dipinte sono realizzate in modalità sintetica in silhouette, per riproporre allo spettatore la medesima condizione visiva delle finestre da lì poco distanti. Il dipinto che sostituisce la tenda del bagno della casa è stato dipinto ad acrilico su una vera e propria tenda di lino senza preparazione per veicolare la stessa luminosità del bagno. In questo modo Bardino dimostra quanto la pittura possa adattarsi, reinventarsi, perché è una pratica del tutto metamorfica. Potremmo forse dire che, come le piante, è in grado di reagire al mutare delle condizioni ambientali».

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2024, visita degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre
Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2024, visita degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

La tradizione pittorica occidentale ha spesso usato le piante come simboli di rigenerazione, vanitas o esotismo. Bardino invece sembra rifiutare ogni codifica simbolica predefinita. Possiamo dire che il suo approccio sia più fenomenologico che iconologico?

«Condivido l’assenza di ogni aspetto simbolico, ma va segnalato che in molti dei suoi dipinti non c’è alcun interesse verso una trascrizione fedele dei fenomeni. Nelle opere di Bardino, il puro dato visivo comanda, spesso in totale autonomia rispetto alla realtà che possiamo conoscere. I suoi dipinti, benché realistici, non mostrano necessariamente piante vere che esistono, poiché esse sono quasi sempre dipinte a memoria dall’artista, omettendo il dato reale e la registrazione precisa dei fenomeni. Esse vivono invece nella finzione del dipinto e sono spesso associate sulla tela liberamente, spesso tra specie incompatibili, poiché hanno bisogno di condizioni climatiche differenti. Inoltre, molte delle piante sono del tutto inventate da Bardino, che addomestica o elabora la natura dei rami, delle foglie, o la struttura, a seconda delle necessità compositive. Solo un botanico potrebbe accorgersi di tutto questo, mentre l’artista è più attento a rappresentare, nella totale autonomia della pittura, una finzione che all’osservatore paia credibile».

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre
Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

La mostra non si limita a presentare le opere, ma crea un ecosistema di interazioni tra piante vere, dipinti e studenti. Quanto è stato importante pensare alla curatela non solo come un dispositivo espositivo, ma anche come un’esperienza formativa?

«Le piante esposte a fianco dei dipinti di Bardino a Casa Cavazzini sono quelle ospitate nelle aule del Liceo Stellini, le quali vengono curate dagli studenti grazie al progetto del docente Claudio Bardini, che combina benessere individuale e attenzione nei confronti di ciò che è collettivo. I ragazzi dello Stellini non si sono però limitati a seguire le piante in museo, ma sono anche venuti spesso col professore a fare esercizi di respirazione e rilassamento. Inoltre, quattro studentesse hanno svolto in museo delle visite guidate nei fine settimana, con risultati inaspettati per la partecipazione. La cosa più significativa, da curatore, è stata pensare insieme all’artista a una mostra non come un dispositivo alloctono rispetto a un luogo, a uno spazio museale, ma come un elemento autoctono che potesse svilupparsi e mettere radici nel sistema culturale cittadino e nelle scuole. L’ho percepita, sia detto senza retorica, come una mostra non per i cittadini, ma dei cittadini, nel senso più ampio e coinvolgente. Molti dei contenuti de Il respiro delle piante sono frutto di un percorso preesistente che è stato letteralmente innescato dalle opere di Bardino e dalla sincera collaborazione tra scuola, museo e amministrazione pubblica».

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre
Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

La partecipazione attiva degli studenti introduce un elemento pedagogico che va oltre la semplice fruizione passiva. Qual è stata l’idea di fondo dietro questa scelta e come pensi che abbia influenzato la percezione della mostra?

«A mio avviso la cosa più significativa è stata che il museo non esponeva solo opere, come capita abitualmente, ma realmente le piante e pezzi importanti della vita degli studenti. Era, cioè, qualcosa che non poteva non riguardare i ragazzi e i cittadini. Con la mostra è stato come attivare una riappropriazione del museo, rendendolo in qualche modo ancora più vicino. Penso che molti dei visitatori abbiano potuto sentirsene parte, perché con un progetto di questo tipo ho la sensazione che il museo si sia un po’ allargato al di fuori del proprio perimetro, sovrapponendosi alla vita dei cittadini. Sono grato alla direttrice Vania Gransinigh e all’amministrazione, per aver creduto in un progetto che ha mescolato contenuti artistici con una pratica di reale coinvolgimento».

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre
Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

Cosa ti rimane, da curatore, dell’esperienza di questa mostra?

«Di certo una forma di autocritica a come troppo spesso capita di operare nel contemporaneo, parlando nella realtà solo a un gruppo ristretto di persone. Penso che vada ripensata l’esperienza delle mostre nel nostro paese, in cui troppo frequentemente i contenuti sono creati concettualmente dall’alto verso il visitatore, che arriva sempre dopo l’idea, come semplice ricettore che va interessato. Questa mostra, invece, ha capovolto questa modalità, dimostrando come le dinamiche più significative siano quelle di partecipazione, di coinvolgimento con contenuti che sono parte della vita dei cittadini. Da curatori, dobbiamo imparare a essere popolari, senza essere generici né rinunciando alla forza del pensiero e dell’arte».

Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre
Antonio Bardino, Il respiro delle piante, 2025, Educazione al respiro degli studenti del Liceo Classico Stellini, Udine, foto Nico Covre

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