L’aeroporto è un luogo fuori dagli spazi. Augé
docet. La compassata sociologia del
flâneur ci fa osservare come nelle aree di passaggio si creano atmosfere e comportamenti che altrimenti l’uomo odierno non sarebbe in grado di manifestare e, parimenti, di sperimentare. Negli aeroporti si è trovato il giusto equilibrio di servizi a terra che rendano il tempo dell’attesa, quel tempo non ancora viaggio, una via-di-mezzo. Un medium. Un limite che veicola
otium forzato e forzato
neg-otium. Questa bolla statica è una sorta di metafora che ben si accosta alla scena dell’arte contemporanea. Dunque, niente di meglio che mettere alla prova gate d’imbarco e banchi check-in di aeroporti internazionali come spazi per l’esposizione, pubblica o privata, di opere d’arte. Luoghi dove flussi di milioni di persone, durante l’anno, sperimentano tensione, noia, forzosa stasi e improvvisa percezione della velocità.
Da quasi vent’anni, negli aeroporti di tutto il mondo si espone l’arte contemporanea con diversi riscontri di pubblico. Se ne ricordano solo alcuni esempi. La
Art Map dell’aeroporto di Seattle, che ha fatto degli spazi immensi dedicati al volo un’immensa exhibition hall. Oppure il Logan International Airport di Boston, dove
Christopher Janney ha modificato la luce delle vetrate di ciascun terminal con pannelli che sono diventati parte di un
interactive public art project studiato dalla città per l’aeroporto. Da ricordare anche
The Airport Public Art Master Plan dell’aeroporto di San José in California, dove prima ancora che il progetto delle fondazioni fosse realizzato si era già stabilito quali collezioni pubbliche o private sarebbero state esposte e come far diventare delle vere icone le opere d’arte selezionate. O, ancora, da citare come unico esempio australiano l’aeroporto di Victoria, che ha istituito
The Art at the Airport Policy per mostrare ai passeggeri i propri talenti emergenti, decidendo, di rimando, rigorose politiche per l’acquisto dei pezzi in esposizione con i doverosi sgravi come
duty-free objects. Infine, curiosa la polemica nel 1990 del personale di terra del più grande aeroporto del Vermont. Agenti della sicurezza, addetti ai lavori e impiegate protestavano per le installazioni della mostra
Mowing the Mountain. Eccessivamente vistose e ripetitive.
In Italia, alla Malpensa, nel giugno del 2007 si è inaugurato il progetto
ExhibAir. Un viaggio nell’arte. È stata progettata una ridotta struttura provvisoria di 170 metri quadrati, realizzata come una vetrina effimera e infine posta all’interno dell’area biglietteria. Gli spazi, a ingresso libero, nel solo mese di luglio hanno ricevuto 15mila passeggeri in transito nel Terminal 1. Questo enorme, lussuoso stand è stato realizzato grazie all’apporto di sponsor tecnici privati (Toshiba e Sea, la società che gestisce i servizi a terra degli aeroporti milanesi). Mentre le opere sono state esposte grazie al contributo di collezioni pubbliche. La prima mostra ha inaugurato rimettendo all’attenzione del pubblico la
Femme nue di
Picasso, dipinto appartenente alle Civiche Raccolte milanesi.
Benché il termine di smantellamento della struttura fosse stato fissato al gennaio 2008, è stato deciso che questa vetrina satellite, aperta alle capacità artistiche dell’area milanese, dovesse continuare a esistere. Dunque, fino al 28 maggio l’architettura di
ExhibAir ospita cinque video. Cinque opere d’arte contemporanea, donate dalla Fondazione Davide Halevim al Museo del Novecento. Poiché il Museo è ancora in via di progettazione, si è pensato di anticipare parte della collezione, mostrando negli spazi effimeri e rappresentativi di
ExhibAir la commistione tra pubblico e privato attiva sul capoluogo lombardo.
Non a caso si è scelto come titolo della mostra
Electronic Lunge. All’interno dei difficili spazi compartimentati delle cinque stanze alla Malpensa, infatti, sfilano quattro video e un’installazione sonora. Gli artisti presenti sono tutti di formazione milanese, con l’unica eccezione femminile che reclama radici americane. Dunque, ai passeggeri in transito sarà permesso sostare, pochi alla volta, a causa dei bagagli, davanti a cinque paesaggi, cinque viaggi dal sapore inspiegabilmente meneghino. In ordine: l’ormai noto meta-cartoon del 2003, dal titolo
Boing, di
Patrick Tuttofuoco; il ready made di
Massimo Grimaldi, tratto da
Profondo Rosso; l’installazione sonora della selvaggia seppur melodica
Mbube di
Roberto Cuoghi. Per arrivare al buio davanti a
Future’s Eve, video on reverse progettato e montato nel 2000 da
Anna Gaskell e, infine, terminare con il filmato renderizzato di
Pietro Roccasalva,
Fisheye.
Pronti così ad allacciare le cinture, godersi i motori che ruggiscono e i sedili che s’inclinano.
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a parte il video di Tuttofuoco, gli altri lavori sono di difficile fruizione, mettere un video di Grimaldi in un aereoporto è una fesseria, la gente non gli riserverà neanche uno sguardo o anche Roccasalva, se non conosci il suo lavoro e ti fermi a un video non capisci nulla già viaggiare è una menata se poi mi devo vedere anche un video di Roccafuffa è la pietà.....