L’opera trasversale o, meglio,
trans-gender allestita al Museo Marini,
Manifesto, racchiude un mondo complesso,
provocatorio e sempre d’avanguardia. Un fiume in piena che racconta episodi di
vita, di viaggi e di infinite conoscenze. Si perde in mille rivoli, poi
riallaccia la trama, ed ecco la storia. Un racconto attraverso le avanguardie
del Novecento.
Fuochi d’artificio che fino a metà
marzo ravviveranno Firenze con le moltepilici
esplosioni artistiche di
Sylvano Bussotti (Firenze, 1931). Grafica e
cinematografia, sceneggiatura e partiture musicali dagli anni ’40 a oggi. Un
artista a tutto tondo che non si è e non ci ha fatto mancare nulla, che sulla
musica ha edificato una torre in cui le arti si accavallano, si uniscono e divengono “opera aperta”, elemendo fondamentale di ricerca.
“
È stato detto che la musica
comincia dove finisce il segno e il gesto, ma è anche vero il segno e il gesto
cominciano dove finisce la musica. La storia dei linguaggi è un continuo moto
circolare”
(Daniele Lombardi)
. Così, sullo spartito
interagiscono disegni, macchie d’acquerello, frasi come tracce di un cammino
intimo da costruire insieme al visitatore.
Le tre opere
Arcangelo Gabriele,
Arcangelo Raffaele e
Arcangelo Michele del 2008
e
Manifesto giocano su delicate tinte, che
comunque infrangono gli schemi del pentagramma, nelle chiazze gonfie d’acqua e
colore come nei numerosi input frasali. Questi appaiono improvvisi dentro lo
spartito, lo destabilizzano. E poi “
tutto acerbo fermissimo e puro si ricrea”.
La
Torre di Babele delle Arti si eleva a linguaggio comune e
interscambiabile. Metafora laica e ironica. Le arti divengono un tutt’uno, pur
mantenendo la propria specificità identitaria. Bussotti
rappresenta l’asse portante
centripeto di incontro e fusione, esercita questo ruolo con maestria, fonde i
linguaggi, se ne appropria e li riporta poi nel loro alveo naturale con
esperienza cultuale.
La mostra, a cura di Luca Scarlini,
propone una vasta selezione dell’opera grafica dell’artista, in gran parte
inedita. Nelle sale del museo le voci delle composizioni fanno da introduzione.
Mentre la formazione Raro Coro esegue in prima assoluta l’opera
Manifesto (2009), che è partitura musicale e
logo della rassegna, mente e corpo riscoprono il valore esperienziale di tutti
i sensi. Nella cripta il percorso sonoro si snoda attraverso una selezione di
liriche dell’autore tratte dalle raccolte
Letterati ignoranti (1986) e
Non fare il minimo
rumore (1997)
.Lo stesso Bussotti partecipa
insieme al curatore alla performance d’inaugurazione. Il ticchettio di dadi
bianchi sul nero pianoforte scandisce il tempo: l’artista recita pagine
poetiche di
John Cage a cui risponde in inglese cantilenante e altrettanto armonioso il
curatore-attore.
Ma questo è solo l’inizio. Tutto
il resto è una vera cascata di eventi. A Cango – Cantieri Goldonetta fano eco
parole sussurrate, grappoli di note che nascono dalle corde di chitarra, luci
riflesse e gestualità per la regia e la coreografia di
Virgilio Sieni, sulle musiche di Bussotti. Poi
conferenze-spettacolo e, al Teatro della Pergola,
Rara film, archivio vivente delle
avanguardie della fine degli anni ’60.
Il film, da poco restaurato, è un
vero e proprio esempio di opera underground ed è per la prima volta nella
versione con coro. Terminerà così la rassegna dedicata a un grande artista; ma
per Sylvano Bussotti sarà ancora una volta
“
un nuovo passaggio obbligato,
non la meta”
.