Professor Zuccari, l’alba del Rinascimento e Beato Angelico. Nella storia dell’arte si è sempre indicata la nascita del Rinascimento con l’attività artistica della triade composta dalle opere pittoriche di Masaccio, scultoree di Donatello e architettoniche di Brunelleschi. Come si concilia questa concezione con la figura di Beato Angelico?
I musei Capitolini e la Pinacoteca: perché Roma come sede espositiva invece di Firenze, dove si svolse gran parte dell’attività di Beato Angelico?
Roma vede operare l’Angelico nella seconda parte della sua attività. Era stato chiamato da papa Eugenio IV nel 1445 per affrescare in Vaticano la Cappella del Sacramento, ma lavorerà anche per Niccolò V per la gran stima di cui godeva come interprete della cultura artistica umanistica in una città tornata capitale dell’umanesimo. Alla sua morte, avvenuta nel 1455, viene sepolto nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, il che la dice tutta: solo Brunelleschi e Gentile da Fabriano avevano ricevuto un onore simile, avere addirittura una tomba dedicata a un artista. Con la direzione dei musei comunali di Roma, e con Maria Elisa Tittoni in particolare, c’è stata un’ottima intesa: così abbiamo potuto utilizzare al meglio il Campidoglio e farne il centro di questa mostra evento che arriva dopo 50 anni dalla prima monografica.
Quali sono le tappe salienti della formazione di fra’ Giovanni da Fiesole?
Sugli inizi abbiamo poche notizie. Sappiamo che nacque intorno al 1387-1400 e divenne frate nell’Ordine dei Frati Predicatori nel convento di San Domenico a Fiesole. Dopo essersi stabilito nel convento domenicano di Santa Maria Novella a Firenze intorno al 1420, ecco le prime opere: l’Annunciazione di Cortona e la Vergine del Louvre. Un dipinto, quest’ultimo, che grazie alla mostra riacquista la sua importanza, visto che a Parigi è penalizzato per la presenza di così tanti capolavori.
Beato coglie il senso della prospettiva umana, aspra e preponderante di Masaccio ma la trasforma in un linguaggio più sereno, anche se non per questo meno razionale. Masaccio, ma anche Masolino, sono decisivi a Roma per l’elaborazione del pensiero umanista. Con Masaccio s’inaugura in città la realizzazione pittorica di una visione reale, ma Beato Angelico la porta a compimento.
Come si colloca, secondo lei, la figura di Beato Angelico rispetto ad artisti della vecchia guardia del tardogotico come Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina?
L’Angelico è l’uomo nuovo, sa assorbire le novità distaccandosi dai mostri sacri come Gentile da Fabriano e appunto Lorenzo Monaco. Ma non è un pittore eclettico: aderisce all’umanesimo fiorentino divenendo protagonista del passaggio tra il tardogotico e il Rinascimento. Soprattutto, il Beato Angelico è il trait d’union con Piero della Francesca, che a Firenze molto probabilmente deve averlo incontrato.
“Beato Angelico e chompagni”: per usare una nota espressione longhiana, è possibile individuare dei collaboratori?
Innanzitutto va detto che, sfogliando i documenti, emerge una produzione davvero cospicua. Ha lavorato moltissimo in prima persona realizzando opere autografe, però spesso – com’è ovvio – era affiancato da collaboratori. Si è parlato a questo proposito di una vera e propria “bottega” dell’Angelico, ma io direi piuttosto che il pittore era il capo carismatico di un gruppo piuttosto eterogeneo. Ne facevano parte Zanobi Strozzi e Benozzo Gozzoli, che intervenne di sua mano nel ciclo del convento di San Marco. Per il Gozzoli, l’incontro con l’Angelico fu decisivo. Insieme lavorarono anche a Roma nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, a Orvieto nelle due porzioni di affresco nella cappella di San Brizio in Duomo (poi terminato da Luca Signorelli), e in Vaticano insieme ad altri collaboratori. La mostra e il catalogo affrontano anche quest’aspetto, un problema complesso sul quale si sta ancora indagando.
Beato Angelico lavorò a lungo all’Annunciazione e ad alcune scene tratte dalla Bibbia all’interno delle celle del convento di San Marco a Firenze. Avete previsto un collegamento che illustri anche questi capolavori?
Beato Angelico miniatore. Vedremo in mostra alcune pagine “griffate” dall’artista fiorentino?
Sì: ben otto codici miniati, di cui sei sicuramente autografi. Questi provengono dalla biblioteca del convento fiorentino, mentre il Graduale 555 dei Musei Vaticani potrà essere sfogliato interamente grazie a un’accuratissima riproduzione digitale finanziata con il contributo del Comitato.
Novità, inediti, nuove attribuzioni?
Saranno per la prima volta esposte al pubblico sette opere. La predella di Zagabria con le Stimmate di San Francesco e il Martirio di San Pietro martire, l’Annunciazione di Dresda, molto discussa perché riassemblata nel XVI secolo ma che le indagini scientifiche eseguite per la mostra hanno rivelato essere autografa. E poi il frammento con San Giovanni Battista di Lipsia, lo scomparto della pala di Annalena a Zurigo, la Vergine del Louvre. Infine si vedranno i due scomparti laterali di trittico raffiguranti i Beati e i Dannati di Houston e l’Imago pietatis su pergamena proveniente da una collezione privata italiana, opere praticamente inedite.
Per festeggiare il 550esimo anniversario della morte del pittore avete pensato anche di condurre un’apposita una campagna di indagini scientifiche e di restauri?
L’evento si presta anche a pubblicazioni e convegni…
La mostra è frutto di un lungo lavoro iniziato nel 2005. Il Comitato ha tenuto un convegno intitolato Il Beato Angelico, il suo tempo, la sua eredità nel 2006 nelle sedi del Salone dei Cento Giorni del Palazzo della Cancelleria e nell’Odeion del Museo di Arte Classica dell’Università La Sapienza di Roma, i cui saggi sono stati raccolti nel volume Angelicus Pictor. Ricerche e interpretazioni sul Beato Angelico pubblicato nel 2008 per Skira. La mostra quindi è il coronamento di un percorso che ha visto coinvolti tanti studiosi e ha analizzato aspetti in passato solo sfiorati, anche in testi pur rilevanti come la monografia sull’artista di Mario Salmi del 1958 e quella di Sergio Samek Ludovici del 1956.
Qualche anteprima dal catalogo?
Il volume rilegge filologicamente l’opera angelichiana, con saggi di Calvesi, Bonsanti, Morello, Acidini, Scudieri e Carlo Sciolla, con quest’ultimo che colma la lacuna della fortuna critica del pittore. Ci sono inoltre approfondimenti sul disegno, studiato da Lorenza Melli, e sulla riproduzione delle opere del pittore in stampe e incisioni dell’Otto e Novecento di Ilaria Miarelli Mariani. Gerardo de Simone ha ricostruito l’attività romana dell’Angelico con un contributo decisivo che sintetizza le ipotesi sugli interventi in Santa Maria sopra Minerva, nel chiostro e sulla parete della Cappella Niccolina con un Cristo deposto.
Ci dica qualcosa anche sull’allestimento…
La mostra ha come sottotitolo L’alba del Rinascimento. Quando arriva il tramonto?
È un discorso molto vasto… Direi che la morte di Raffaello, nel 1520, segna già a suo modo un primo termine del Rinascimento. La fine vera e propria giungerà col celeberrimo sacco di Roma del 1527 a opera dei lanzichenecchi di Carlo V, che porterà l’Urbe a richiudersi in se stessa. È una cesura importante, che segna la demarcazione con il passato umanista, tuttavia occorre dire che già in quegli anni iniziava comunque a farsi strada quello che lo Chastel chiama lo “stile clementino”, foriero di germi profondamente anti-rinascimentali. Ma questa è un’altra storia.
Un’ultima domanda: come mai il pittore venne soprannominato l’Angelico?
Fu fra Domenico di Giovanni da Corella, suo amico ed estimatore, a chiamarlo per primo Angelicus pictor, cioè pittore divino. Lo stimava molto per le doti umane, le virtù religiose, la cultura e l’arte tanto da farne una sorta di modello. Per lui la tersa, moderna pittura dell’Angelico, momento tra i più alti dell’umanesimo cristiano, era il riferimento ideale. L’Angelico apprende la teologia di San Tommaso, assumendola come matrice insostituibile per la concezione della luminosità della figura, della razionalità della sua arte. L’Angelicus pictor è quindi come una parafrasi della definizione di doctus che già Tommaso d’Aquino aveva coniato oltre due secoli prima.
articoli correlati
Omaggio a Beato Angelico al Poldi Pezzoli
a cura di irene tedesco
*articolo pubblicato su Grandimostre n. 4. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…
Visualizza commenti
grande alessandro!