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Black History Month, quattro artisti sulla resistenza della memoria: la mostra a Firenze
Progetti e iniziative
MAD – Murate Art District e BHMF – Black History Month Florence presentano la mostra “Memory Effect”, curata da BHMF in collaborazione con gli studenti del master IED in Curatorial Practice. Inaugurata il 2 febbraio, resterà visitabile per l’intera durata del programma della manifestazione, fino al 3 marzo 2023. Progetto corale e di ampio spessore, arrivato alla settima edizione, Black History Month Florence coinvolge istituzioni, associazioni e scuole, con l’intento di condividere riflessioni su persone e culture Afro-discendenti.
“Sforzando” è il tema che racchiude l’energia con la quale si celebra la volontà di resistere e persistere oltre il conflitto, creare un dialogo e guardare verso nuovi modelli e valori. Critica e al tempo stesso invito, “sforzando” è metafora della notazione musicale con cui si indica una nota particolare, suonata con improvvisa forza ed enfasi, la stessa con la quale emergono le incredibili, stratificate e ampie storie che connettono l’Italia al Continente Africano. La riflessione di respiro nazionale e internazionale sul recupero della “Black History” si sublima all’interno della sede del MAD Murate Art District, nelle opere dei quattro artisti Binta Diaw, Nexcyia, Bocar Niang e Lerato Shadi intersecando performance, sound art e installazioni. Il progetto, inoltre, è arricchito da display di ricerca portata avanti dagli alunni del master IED in Curatorial Practice collegati a Black Archive Alliance in dialogo con le opere degli artisti.
Il titolo della mostra si ispira al “Memory effect” che in geologia è visualizzato attraverso interferenze e anomalie presenti nelle mappature e topografie, dovuto a errori e imperfezioni generati dall’attrezzatura e dalla tecnologia utilizzate nella raccolta dei dati e nella creazione di grafici. Allo stesso modo, racconti orali e materiale difficilmente archiviabile costituiscono il leitmotiv di un percorso espositivo che si concentra sugli strumenti connessi alla creazione e alla conservazione degli archivi e tutto ciò che rimane al di là del loro sguardo.
Le opere site specific si dislocano all’interno delle sale del MAD articolando una serie di dialoghi sfumati sulla documentazione e la memoria come forme di resistenza. Terra, suono, piante di miglio e un cappello dall’uniforme dei Tirailleurs sénégalais, diventano testimonianza nell’opera di Binta Diaw, esposta nella sala Anna Banti e intitolata 1.12.44, data che ricorda il massacro compiuto dal comando francese a Thiaroye, in Senegal.
Una mano, quella di Lerato Shadi nel video Mabogo Dinku, compie gesti enigmatici scaditi dal tempo di un popolare verso in Setswana, l’assenza di sottotitoli o indicazioni sul significato di parole e gesti, volutamente sottende l’inenarrabile, ovvero la storia del popolo del Botswana, emarginato durante l’apartheid in Sudafrica. L’oralità, mezzo di testimonianza nell’opera di Shadi, si declina in Con Mur des Mots (Muro di parole) di Bocar Niang, attraverso una collezione composta da racconti e poesie multilingue (in francese, inglese, pulaar, wolof, bambara, mandé, arabo), una riflessione trasversale delle espressioni artistiche, tra tradizione e contemporaneità. Infine, Nexcyia in INTER(FEAR)ENCE restituisce una “dimensione sonora” alle paure dettate dalla divisione delle gerarchie tra i potenti e gli impotenti, ricostruendo quel filtro o velo che impedisce di riconoscere la nostra comune umanità.