Respirando aria nuova si è aperta e si è chiusa l’edizione 2019 di Arte Fiera in Bologna. Con un ottimo afflusso di pubblico, e con il ritorno del collezionismo, americano, belga, libanese, tedesco, francese, forse anche incentivato da una sapiente politica di organizzazione dedicata alla causa.
Aria nuova e salutare, e con esiti davvero buoni per quanto attiene alle vendite, in una Fiera che una bizzarra campagna di stampa si ostinava solo l’anno scorso a dare per defunta. E invece, guarda un po’, è evidente che i vertici di Bologna Fiere hanno a cuore la kermesse dedicata al mercato dell’arte più antica d’Italia, e così, grazie anche agli intendimenti unitari del presidente Gianpiero Calzolari, del direttore commerciale Marco Momoli, del direttore generale Antonio Bruzzone, l’arrivo di Simone Menegoi alla direzione di Arte Fiera (e di Gloria Bartoli alla vicedirezione) ha inaugurato uno scenario in cui una rigorosa visione curatoriale si è connessa alle dinamiche di una fiera commerciale. E ha funzionato.
Quando Menegoi annunciò i tre possibili moduli di partecipazione – stand medio con 3 artisti, stand grande con 6 artisti, o stand monografico – tra i galleristi si registrò un alto tasso di malumore.
Ora, a fiera terminata, quasi tutti – rarissime le eccezioni – rilevano la giustezza della decisione della direzione. Il perché è presto detto.
Primo: i visitatori hanno percorso itinerari scanditi da allestimenti visivamente nitidi, esteticamente piacevoli, maggiormente comprensibili, certamente leggibili.
ArteFiera 2019, Flavio Favelli
Secondo: si è avuta una più ampia e attenta percezione del senso del lavoro degli artisti in mostra, che in tempi precedenti a volte venivano rappresentati da una sola opera, significativa di per sé ma staccata da un insieme che, anche solo appena più vasto, può comprenderla, e aggiungerle senso.
A questo proposito, è Ida Pisani, a dirmi, durante il finissage di lunedì 4, «In questo modo puoi pensare a un progetto, puoi portare un progetto, e non ti limiti ad appendere un’opera di un’artista con cui semmai non hai mai lavorato».
Terzo: «Si è venduto bene, e certamente anche grazie a questa decisione», lo dice Maurizio Caldirola, anche lui venuto a salutare Menegoi e i suoi collaboratori in questo brindisi di chiusura, e poi racconta di un buon clima, economicamente proficuo e strettamente implicato nella vicenda dei tre-sei-solo show.
Considerazioni che vedono d’accordo gran parte dei galleristi, da Patrizia Raimondi, a Francesca e Roberto Ratti, la cui artista Virginia Zanetti si è aggiudicata il Premio della Fotografia voluto da Annamaria e Antonio Maccaferri, uno dei molteplici Premi che peraltro hanno animato questa edizione.
Certo, poi, intervengono altre riflessioni: occorrerà soffermarsi per esempio sulla differenza tra il collezionismo che acquista nel padiglione 25, e quello che compera nel padiglione 26, e sul mercato della fotografia: a parlarne è Francesca Montrasio, che a fronte di queste considerazioni descrive con entusiasmo il grande riscontro di pubblico, la sua grande partecipazione, la sua intensa curiosità, forse corroborate da un’organizzazione di visite guidate con gruppi che mai come quest’anno si vedevano fermi a guardare, negli stand e nei corridoi.
Luigi Ghirri, S.t., 1973, da Paesaggi di cartone, C Print
Durante la conferenza stampa dell’opening un giornalista aveva chiesto a Menegoi quali numeri Arte Fiera si fosse prefissata di raggiungere. Il nuovo direttore, con l’elegante understatement che lo connota, in risposta si soffermò sulla qualità di una fiera piuttosto che sulla quantità dei suoi esiti. Oggi, a manifestazione conclusa, occorre rilevare che i risultati economici, le vendite effettuate, sono state decisamente buoni.
E sarà bene ragionare sulla sua nuova stagione che, continuando e incrementando il sostegno, il lancio, la valorizzazione dell’arte italiana, lavorerà in realtà anche su un versante culturale di grande importanza.
Lo si è visto peraltro con la mostra Solo figura e sfondo, affidata alla cura di Davide Ferri, e sponsorizzata da R&P consulting, progetto che veicola businness italiani negli Emirati Arabi Uniti, e che ha deciso di investire in Arte Fiera per la prima tappa del progetto “Courtesy Emilia Romagna”. Che allude, ovviamente, ai prestatori delle opere, le istituzioni pubbliche della Regione.
È la volontà di intrattenere un legame col territorio, con chi conserva e tutela anche le strane cose chiamate “beni culturali”, e sappiamo quanto questo intendimento ora più che mai sia prezioso.
Eleonora Frattarolo
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posso farle una domanda? Ma lei l'ha visitata la fiera??!!... per collezionista straniero intende forse quelli da fuori Bologna ubicati tra Reggiolo e Carpi?...e soprattutto la soddisfazione dei galleristi, ma per piacere. Se poi, è vostra intenzione emettere un comunicato dove si scrive che il popolo è sano e salvo perchè il nemico è stato ricacciato oltre l'italico confine, auguri....