Alfio Puglisi Cosentino è uno dei più noti imprenditori siciliani, patron del latte Sole, catanese di nascita ma romano d’adozione. Cominciò a frequentare l’arte fin da bambino, grazie a una famiglia appassionata e abituata ad acquistare dipinti antichi. Fu un piccolo episodio d’infanzia a dargli per la prima volta la misura del valore di un’opera d’arte: “Avevo circa otto anni, stavo giocando in casa con una palla da tennis e lanciandola colpii un pastello di un artista inglese”, racconta ad Exibart. “Il vetro rotto aveva creato una scalfitura nella gola della donna ritratta, uno sfregio che è ancora lì. Mio padre, tornato a casa, mi rimproverò spiegandomi che era quello il motivo per cui tante volte mi aveva chiesto di giocare di sotto”.
Lezione imparata. Puglisi Cosentino è diventato col tempo uno dei più solidi collezionisti italani. Un collezionista a tutto tondo, costantemente sedotto dagli oggetti preziosi: “Mi piace il bello in tutte le sue forme, dalla pittura agli argenti, dai mobili fino alle piante! Restando in ambito strettamente artistico, la pittura è forse la cosa che da sempre amo di più, in particolar modo quella del Seicento”.
In principio fu l’antico, poi un tuffo nell’attualità: “Sono passato al contemporaneo alla fine degli anni ’60; uno dei miei primi acquisti fu un quadro bellissimo di Gastone Novelli, opera che è esposta ora a Palermo, alla mostra di Riso sul collezionismo siciliano”.
La sede è uno dei più prestigiosi immobili signorili della città, progettato dal Vaccarini agli inizi del Settecento. Palazzo Valle, dopo una lunga serie di atti di successione e molteplici destinazioni d’uso, cadde in stato d’abbandono, fino a diventare inagibile. Puglisi Cosentino lo acquistò nel 2001 dagli Asmundo Zappalà di Gisira e iniziò gli interventi di recupero nel 2005.
Il risultato è eccellente: un luogo incantevole, resuscitato grazie a una equilibrata operazione di ripristino che ha dato vita a una modernissima sede museale. “La mia intenzione per questo spazio”, ci racconta lui, “è quella di non limitarmi al contemporaneo, di non muovermi lungo binari troppo stretti. Spero di poter inserire anche qualche bella mostra di arte classica; quel che conta è fare le cose bene, perseguendo l’obiettivo principale: aiutare la crescita culturale dei Siciliani, mostrando loro cose nuove, diverse, di valore. Bisogna avvicinare la Sicilia al resto d’Europa e insieme cercare di spingere il resto d’Europa verso la Sicilia”.
Ed è proprio per mirare con più precisione a questo obiettivo che Puglisi Cosentino ha scelto di non allestire una collezione nei locali della sua fondazione: “Quei cinque milioni e mezzo di siciliani che potremmo portare, via via, a visitare la permanente, una volta vista non tornerebbero più. Preferiamo coinvolgerli almeno due volte l’anno, con progetti sempre nuovi. Non mi interessa la mummificazione dell’arte”. Uniche opere in permanenza le due imponenti installazioni di Kounellis, nella corte, e quella di Anselmo, all’interno.
Il programma annuale? La struttura è ben articolata: due mostre importanti – o “pesanti”, come le definisce lui -, della durata di tre-quattro mesi, affiancate da alcune mostre di giovani artisti di respiro internazionale. E nessun protezionismo, sia chiaro: “Non voglio concentrarmi su italiani o siciliani, ma sui maestri. Magari quelli che in Sicilia è più difficile vedere”. A vagliare i progetti sarà un comitato scientifico di tutto rispetto, composto da influenti critici e direttori di museo: Gillo Dorfles, Pietro Bellasi, Franca Falletti, Rudi Fuchs, Marie Laure Bernadac, Manolo Borja-Villel. Già attiva la sezione didattica, pensata soprattutto per la formazione di studenti e docenti.
Costanti del classico tra XX e XXI secolo è il titolo della mostra inaugurale, curata da Bruno Corà, direttore artistico della Fondazione. Un’esposizone di alto livello, che riunisce opere arrivate da importanti collezioni pubbliche e private: da Medardo Rosso a Matisse, da Mondrian a Klee, da Arp a Malevic, e poi Morandi, Fontana, Magritte, Rothko, Burri, Beuys, Klein, fino a Pistoletto, Fabro, Paolini, Rebecca Horn.
Quasi tutti pezzi significativi, pochissimi i punti deboli. Un’inaugurazione in grande stile, persino troppo austera, tra luccichii altoborghesi, intellettuali blasé, nobiltà nera e notabili della politica e dell’imprenditoria locale.
La Fondazione Brodbeck
Diversa l’atmosfera dell’altra Fondazione, quella di Paolo Brodbeck, noto industriale catanese (svizzero d’origini), anche lui grande collezionista d’arte contemporanea. Decisamente più schietta la vernice: spirito popular-chic e buffet rustico, tra frotte di giovani artisti e curatori confluiti negli spazi di una sconfinata fabbrica dismessa rilevata dall’imprenditore nel 2005. In tutto seimila metri quadri, destinati a diventare un polo per l’arte conemporanea, con un taglio internazionale e una grande attenzione a ricerca e innovazione.
Ad oggi solo una parte dell’ampissima struttura è stata recuperata: “È un sito industriale costruito a partire dalla seconda metà dell’Ottocento“, ci racconta il gallerista Gianluca Collica, art director e consulente di fiducia dei Brodbeck. “Disponiamo di quindici capannoni che si affacciano su tre corti; un borgo immerso in uno dei quartieri più difficili della città: San Cristoforo. Ci vorranno cinque anni per ultimare i lavori… Abbiamo coinvolto anche l’artista Alfredo Pirri, che in collaborazione con l’architetto Gaetano Cosentino progetterà la ristrutturazione dell’intero spazio“.
Quella della Fondazione Brodbeck è un’architettura capace di evocare il senso della prassi creativa, il rapporto tra produzione e progettazione: uno di quei posti cui t’aspetti di trovare situazioni non patinate, opere ispirate a estetiche di stampo relazionale, costruttivista o unmonumental.
Dinamico il programma, che risponde tanto a esigenze culturali, quanto a necessità economiche, indispensabili per la sopravvivenza del progetto:
Gli appuntamenti espositivi sono pensati secondo il modulo delle residenze: “Gli artisti dovranno sviluppare un programma di attività specifiche, realizzando opere pensate ad hoc e organizzando iniziative che coinvolgano il territorio“.
Il primo della serie è il tedesco Michael Beutler, che ha dato il via a Fortino1, ciclo di residenze curato da Helmut Friedel, Giovanni Iovane e Salvatore Lacagnina. La residenza in questo caso ha avuto luogo parallelamente al cantiere, così da ispirare un progetto espositivo naturalmente incentrato sul rapporto con l’architettura e sul divenire delle forme e dei luoghi. Un workshop con quindici allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catania è sfociato inoltre nella produzione di un’installazione collettiva.
La programmazione viaggia secondo blocchi quadriennali, per garantire massima continuità ed efficienza: “Per il prossimo futuro stiamo lavorando a un nuovo ciclo di residenze, curate stavolta dal bravissimo portoghese Nuno Faria“, precisa Collica. “Si chiamerà ‘Cretto’ e coinvolgerà artisti dell’area latina, partendo dal Portogallo e inoltrandosi verso il Brasile e il centro America. È nostra intenzione fare esperienza delle espressioni artistiche più stimolanti nel mondo e mi sembra che quella latino americana sia oggi una delle più vive e vere“.
I prossimi nomi? Seb Koberstaed, Christian Andersson, Luca Vitone, Paolo Parisi, Nelson Felix, Diango Hernandez.
Dichiarata, da parte di entrambe le realtà catanesi, la voglia di coordinarsi, di stabilire un dialogo, pur nel rispetto delle proprie specificità. Ma non è tutto. Il rapporto con Riso, o con altri importanti contesti locali, è anch’esso considerato un elemento strategico, utile ai fini di un radicamento nel territorio, di un ampio coinvolgimento del pubblico, di una generale rivitalizzazione del sistema. Buone le premesse, chiari gli obiettivi. Alte le aspettative di fruitori e operatori del settore: un popolo di art-addicted o di semplici curiosi, tanto delusi dalle istituzioni pubbliche, quanto propensi a riporre nel privato più d’una speranza. Che si tratti davvero d’una magica congiunzione? Che sia stavolta l’inizio di un circolo virtuoso, di un nuovo corso?
Ci piace l’idea che possa innescarsi un salubre testa a testa fra privati che fanno cultura, l’idea che sull’isola si spargano i virus benefici della competizione e della collaborazione. Chissà, magari rischiando di contagiare pure il settore pubblico. Oltre i gattopardismi, i pessimismi e i solipsismi.
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Costanti del classico alla Fondazione Puglisi Cosentino
Beutler alla Fondazione Brodbeck
helga marsala
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 56. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]
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