Il guardiano del tempio è un rinoceronte di grandi dimensioni in vetroresina, realizzato da
Davide Rivalta. Attira l’attenzione dello spettatore -più che respingerla- non appena si varca la soglia del neo-polo museale di Catanzaro,
Marca, che vede la luce in pieno centro storico. Un contenitore ottocentesco nato per essere filanda, poi adattato a istituto per sordomuti con tipografia annessa.
Si procede, quindi, per luoghi comuni: dall’archeologia industriale all’acronimo, direttore artistico incluso, l’attivissimo Sergio Risaliti, già fondatore e curatore delle Papesse di Siena. Per la Provincia di Catanzaro è una nuova scommessa, dopo l’ambizioso progetto di Scolacium. Tre i punti di forza: la memoria storica, la rivalutazione del territorio e la potenziale proiezione in uno scenario contemporaneo di respiro internazionale.
L’“avanguardia”, presentata da Risalti nell’ambito di
Archeologia del presente, è esposta nel seminterrato, a cui si accede da un ingresso laterale. Il percorso -“
un dialogo e un corto circuito fra l’arte attuale, la sensibilità presente e la ricerca di oggi, con quanto di permanente e storicamente consolidato si trova esposto nel museo stesso”, spiega il curatore- inizia con il bar di
Flavio Favelli (suo anche quello del Mambo di Bologna)
per proseguire con le altre opere -anche queste
site specific– di Davide Rivalta e
Paola De Pietri, artisti nati tra il 1967 e il 1974 e attivi a Bologna.
Per questo spazio -come per la mostra al primo piano, interamente dedicato a Mimmo Rotella, illustre cittadino catanzarese- la programmazione prevede esposizioni temporanee, che in questa prima fase si concluderanno il 28 settembre.
Quanto al passato, sono le sale al piano terra a ospitare le collezioni della pinacoteca e della gipsoteca, circa duecento tra sculture e dipinti provenienti dal Museo Provinciale, inaugurato a Catanzaro nel 1879.
Uno sguardo sull’arte antica che testimonia il fiorire di una raffinata tradizione locale, sia di artisti che di committenti. Tra i pezzi esposti, la preziosa croce-reliquiario lignea del 1535; un documento del 1519 con cui Carlo V e Giovanna d’Austria costituivano il Consolato delle Arti a Catanzaro; gli oli di
Battistello Caracciolo,
Andrea Sacchi e
Mattia Preti, per proseguire con la vasta produzione di
Francesco Jerace e del garibaldino
Andrea Cefaly. Intensa la grande tela
Verso l’ignoto (1906), dipinta da
Gaele Covelli con quei colori sul grigio e sul marrone che accompagnano il drammatico viaggio in un vagone di terza classe.
A
Mimmo Rotella, felice interprete nostrano della Pop Art, il giusto riconoscimento di portavoce dell’avanguardia italiana. Nelle sale luminose e spaziose del primo piano -ineccepibili i lavori di ristrutturazione e allestimento- sono esposte per la prima volta opere dell’ultimo ventennio, insieme a
L’ora della lucertola (2004), il documentario di
Mimmo Calopresti dedicato all’artista. Curata da Alberto Fiz, la mostra
Mimmo Rotella. Lamiere vede il coinvolgimento della Fondazione Mimmo Rotella, che ha sede nell’abitazione dell’artista, in vico delle Onde. Un luogo suggestivo, che conserva piccoli tesori degli anni ’50 e ’60 -come
Naturalistico, décollage del 1953, raro esempio di impiego del vetro insieme alla juta e alla carta- nonché i cappelli: una cascata di toque, turbanti, calotte di piume, paglia, velo, velluti che la signora Teresa, madre dell’artista, realizzava per la clientela locale.
Tornando al Marca, un’accattivante
Come Gilda uno (1997),
Attenti (2004), lo straordinario e austero
Senza titolo (1981) completamente bianco. “
Dopo tante versioni dello strappo e tante interpretazioni della fenomenologia lacerante”, scriveva Pierre Restany nel 1987, “
Mimmo Rotella ci propone oggi un nuovo concetto operativo di intervento fisico sul manifesto strappato. Sulle lamiere metalliche destinate all’affissione pubblicitaria in città e ricoperti di frammenti di carta -avanzi della memoria dei messaggi tipografici anteriori- l’intervento grafico di Rotella segna il marchio vitale del discorso urbano”.
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Alberto Fiz smentisce Cristoforo Colombo e afferma che la vera America l'ha scoperta lui a Catanzaro, sbarcando alle foci del Corace, presso le coste adiacenti ai ruderi dell'antica Scolacium, con le tre caravelle:la Ferro,il Traversa e il Rubino.
un'altra cattedrale nel deserto,
un museo che non tiene conto delle persone disabili, e che si contrappone con il complesso museale del s.giovanni,(quasi fallito)la casa di rotella, vorrei sapere cosa fanno gli amministratori per gli artisti locali (li evitano e non rispondono alle email)
BLAVI rubino argiro BLAVI