Un terreno fertile si coltiva a
Forlì. Fiorito e fruttato, questo
hortus secretus affonda le sue radici fin dal
Quattrocento, con il prezioso giardino creato da Caterina Sforza, per assumere
un carattere più scientifico con gli studi del botanico Cesare Majoli nell’Ottocento.
In questo percorso profumato, il museo di San Domenico apre i suoi spazi per
ospitare
Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh, grande mostra dedicata alla
pittura di fiori.
I fiori, assoluti protagonisti o
partecipanti comprimari di dipinti che attraversano la storia fino ad arrivare
all’inizio del Novecento, si affacciano numerosi in questa esposizione curata
da un comitato composto da Antonio Paolucci, Daniele Benati, Fernando Mazzocca
e Alessandro Morandotti, che ha selezionato circa duecento opere, giunte in
prestito da musei italiani e stranieri, oltre che da collezioni private. L’allestimento
è curato invece dagli Studi Wilmotte et Associes di Parigi e Lucchi &
Biserni di Forlì.
Punto focale della mostra è la
Fiasca
fiorita presente
nelle collezioni del museo forlivese, un’opera che affascina ancor oggi per la
qualità della sua fattura –
un incredibile recipiente di vetro con un delicato
mazzetto di fiori, arricchito da particolari naturalistici come le gocce d’acqua
cadute sul tavolo e gli sfilacciamenti del rivestimento in vimini, posto su una
tavola di legno con effetto
trompe l’oeil – e per l’incognita legata al suo autore.
Caravaggio e
Guido Cagnacci risultano i nomi finora più
accreditati per stabilire la paternità del dipinto, ma in ogni caso, come
sottolineano i curatori, è l’alta qualità dell’opera a indicare la mano di un
artista che esce fuori dalla categoria di “pittore di natura morta” per
partecipare in pieno a quella considerata nel Seicento come la più prestigiosa,
dedicata ai soggetti sacri, agli episodi di storia e al ritratto.
A conferma dell’interesse per un
soggetto così delicato, saranno esposte le interpretazioni più prestigiose come
la
Flora di
Rembrandt, celebre ritratto della moglie,
una
Madonna con Bambino in una ghirlanda di fiori di
Jan Brueghel il Vecchio, un
Agave gigante di
Crespi e ancora tele dipinte da
Antoon
Van Dyck,
Guercino,
Dolci,
Carlo Cignani,
Orazio Gentileschi e il
Maestro di Hartford.
Bartolomeo Bimbi, artista fiorentino con i suoi
Garofani
giganti e il
Girasole testimonia
di un particolare collezionismo,
quello mediceo, che andava fortissimo nel XVIII secolo.
Autore di fiori ma anche di frutta
rigogliosa come angurie, cedri e ortaggi, conduce verso l’Ottocento, periodo
che segna la ripresa dell’attenzione per la varietà che consente questo
soggetto, ma nell’interpretazione di grandi autori come il
Boldini del
Braccio con vaso di fiori, le
Ninfee con rami di salici di
Monet e ancora
Appiani,
Runge,
Delacroix,
Courbet,
Bazille e
Fantin-Latour.
Un lungo elenco che comprende
anche
Manet,
Cézanne e
Renoir,
De Nittis,
Zandomeneghi,
Böcklin,
Klimt,
Van Gogh,
Previati e l’esotico
Hayez del
Vaso di fiori sulla
finestra di un harem,
per assistere in chiave moderna alla sostituzione dei valori del contenuto con
quelli della forma, immettendo nuovi valori simbolici alla rappresentazione. Perché
una rosa non è (solo) una rosa!