C’era una volta la moda. | E i grandi fotografi

di - 1 Settembre 2014

Dalle diagonali Op Art in bianco e nero, che rompono la linearità di pagine di riviste patinate, ai giochi tipografici, un clin d’œil alla poesia visiva di Apollinaire o Mallarmé, ai molteplici tocchi di umorismo che controbilanciano l’eleganza di capi che hanno fatto la storia della moda. Ecco Peter Knapp (1931- Bäretswil, Svizzera), fotografo, grafico e direttore artistico, che ha rivoluzionato la rivista di moda mettendola alla portata di tutti.
“Elles, 101 photographies sur les femmes”, titolo della mostra (Musée des Suisses dans le Monde, fino al 15 novembre) che presenta foto, disegni e filmati, vede una prima parte con immagini realizzate tra gli anni ’60 e gli ’80, tra cui le mitiche copertine  della rivista francese Elle e servizi fotografici di moda per stilisti vari. Bella e trasgressiva, tra le foto in bianco e nero di Knapp, ecco la modella Ulla, che indossa un insieme dello stilista franco-italiano Ungaro in uno scatto del 1970, un grandangolo che accentua la svasatura del pantalone aggiungendo quello che solo i grandi fotografi sanno restituire e cioè un universo, che nell’artista svizzero si traduce in gioco di contrasti tra struttura e scomposizione degli elementi che compongono la foto e l’impaginazione della rivista, il tutto assemblato con naturalezza e leggerezza. Knapp infatti non si limita a ritrarre il bell’abito, ma lo fa vivere attraverso le movenze disinvolte della modella che ne rivelano, tra l’altro, effetti di chiaroscuro.

Ma facciamo un salto indietro, negli anni ’60, anni rivoluzionari, quando il mondo della moda e non solo, impazziva per il cosmo. Siamo nel 1960 e la Nasa annuncia il programma Apollo che porterà l’uomo sulla Luna nel 1967, mentre Gagarin nel 1961 sarà il primo essere umano ad aver orbitato intorno al pianeta. In questo contesto si inserisce il servizio fotografico, pubblicato su Elle nel 1965, per André Courrèges, quello che lanciò pantaloni a ogni ora del giorno e della notte e la mitica minigonna (paternità che condivide con la stilista londinese Mary Quant). La nota casa di moda chiede a Knapp di realizzare un reportage sulla scia della sua collezione The Moon Girl ispirata al cosmo. Per Knapp l’idea era quella di annullare la forza di gravità, così fa salire le modelle su alte biciclette e chiede loro di assumere posizioni a dir poco acrobatiche. La foto finale non vedrà ovviamente le biciclette, ma solo modelle che fluttuano nello spazio. Il risultato visivo? Spettacolare! Prima di Photoshop, Knapp ci mostra che si deve osare per rivelare la propria creatività! «Credo che la foto attuale si trovi in un momento difficile. Fino a pochi anni fa per fare foto si dovevano avere delle conoscenze chimiche, fisiche e ottiche, insomma era un mestiere. Senza dimenticare che il limite del bianco e nero ci ha dato grandi maestri della fotografia. Ma tra l’avvento del colore, vedi Saul Leiter, il pioniere della foto a colori, colui che ha padroneggiato l’ektachrome, e l’inizio dell’era digitale non è passato molto tempo. Nel numerico non siamo ancora arrivati ai livelli di Leiter. Siamo in una fase sperimentale, me compreso. Le vaste possibilità e la precisione delle tecniche odierne ci ha gettati in uno spazio vasto, e ad oggi non vedo molti artisti che dominano le nuove tecnologie, ma non dispero. Vedi Thomas Ruff o Andreas Gursky, anche se trovo le sue foto a volte troppo strutturate», sottolinea Knapp.

La seconda parte dell’esposizione ci fa scoprire un Knapp più contemporaneo e a volte più intimo, come con la serie di foto intitolate Femmes griffées e La couleur de ma peau (2005). Quest’ultimo lavoro è parte di un progetto artistico tra la città di Cergy, nella periferia parigina, luogo in cui Knapp ha il suo atelier, e la città di Brasilia. Si tratta di una serie di ritratti di giovani, ognuno dei quali è accompagnato da un codice colore Pantone che corrisponde al loro colore della pelle. Insieme a questa celebrazione delle differenze vengono presentate alcune maschere africane e acquerelli parte della sua collezione personale e dipinti. Pittura? Ma che posto ha questa nell’atelier di Knapp? «Da giovane mi sentivo trasportato dall’espressionismo di Kandinsky, poi c’è stato Klee, mentre i classici non m’interessavano molto, oggi invece amo Leonardo da Vinci e Rembrandt. Per dirvi, sto scrivendo un film che parla del modello nell’arte. Da Leonardo da Vinci, che usava i suoi assistenti, fino a Kate Moss, che mostra come la modella spesso sia più nota di chi crea l’immagine. Per ritornare alla pittura, quelli sono momenti in cui siamo soli con il tempo, in cui veniamo coinvolti dalla prima idea, con l’immagine che avanza e indietreggia. Ma in fondo ho sempre saputo che non mi sarei mai dedicato completamente alla pittura. Amo fare le cose da solo ma preferisco lavorare in équipe, gli altri per me contano molto», risponde Knapp.

Ispiratissimi gli acquerelli che rintracciano i menabò della rivista Elle. È nel 1959 che diventa direttore artistico del settimanale Elle, posizione che ha tenuto fino al 1978, anche se non in maniera consecutiva. Knapp ridisegna il logo, fa lavorare fotografi del calibro di Oliviero Toscani, Sarah Moon, Jeanloup Sieff, Robert Frank e Paolo Roversi, insomma la rende popolare, Elle diventa la rivista che non si sfoglia, ma che si legge come un libro. La prima parte della mostra si chiude con dei superbi filmati, che vedono l’occhio di Knapp in movimento, quasi tutti realizzati per l’emissione televisiva sulla moda Dim Dam Dom. Qui, la camera insegue le modelle che a loro volta escono ed entrano dal campo visivo, a cui si alternano brevi interviste a noti stilisti dell’epoca, il tutto in un movimento eccentrico che sembra riprendere il ritmo pop di rigore in quegli anni.

Per questa mostra, presentata al Musée des Suisses dans le Monde, sito nella zona geografica di Penthes vicino alla sede europea delle Nazioni Unite, Peter Knapp ha eseguito un lavoro specifico, dal titolo L’avvenire di Ginevra. Dove ha fotografato otto donne ginevrine di origini diverse, tutte rigorosamente nude e all’ottavo mese di gravidanza, che per l’artista sono l’espressione più alta della donna, «è il momento in cui sono le più belle», dichiara Knapp. Materializzando in un cliché la Ginevra contemporanea, Knapp ci restituisce la sua visione sulla città del futuro in cui la parola differenza si uguaglia al termine identità.

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