Se si parte dalla fine, da quel “
pensiero laterale” citato da Francesco Casoli (presidente
di Elica e vicepresidente della Fondazione Ermanno Casoli) nella
videointervista di Anton Giulio Onofri presentata in occasione
dell’inaugurazione dell’omonimo premio dedicato a suo padre Ermanno, tutto
acquista un senso. E si comprende come, nella sede del marchio Elica, l’arte
possa convivere non solo fisicamente negli spazi dove si progettano cappe
aspiranti per cucina, ma si sposi anche con l’anima delle persone che vi
lavorano, mettendone alla prova lo spirito creativo.
In che modo? Attraverso il coinvolgimento diretto dei
dipendenti dell’azienda nella realizzazione delle opere degli artisti invitati
di volta in volta al programma di workshop
E-Straordinario, volto a offrire a entrambi un
momento di formazione e crescita professionale.
Ed ecco inserirsi in questo contesto il lavoro di
Francesco
Arena (Mesagne, Brindisi, 1978; vive a Cassano delle Murge,
Bari), che ha portato a termine il proprio progetto dopo quasi sei mesi
di assidua frequentazione della realtà industriale di Elica. Così, nel corso di
cinque incontri racchiusi sotto il titolo di
E-Straordinario #3. Ricordare è
conoscere,
l’artista ha potuto prendere
confidenza sia con la storia del luogo che con i materiali, le tecnologie, le
singole competenze dei lavoratori di Fabriano.
Fino a illustrargli, a sua
volta, la propria poetica legata all’esplorazione dei meccanismi espressivi
della memoria, per arrivare a formulare insieme un’ipotesi di opera d’arte
finale, sulla base di un quesito di fondo: come può un artista concepire oggi
un monumento senza rischiare di trasformarlo in un’imposizione calata
dall’alto, in un corpo estraneo al territorio?
Il risultato è stato la realizzazione di
Teste, sei crani scolpiti in argilla
cruda a grandezza naturale, riprodotti con le fattezze di altrettanti
personaggi importanti per la storia delle Marche: gli artisti
Gino De
Dominicis e
Osvaldo
Licini;
Giambattista Miliani, esploratore, alpinista, speleologo e innovatore
industriale cartario, nonché Senatore del Regno d’Italia; Maria Montessori,
pedagogista, filosofa, medico, scienziata, educatrice e volontaria; Padre
Matteo Ricci, gesuita, matematico, cartografo; e infine il soprano Renata
Tebaldi.
Disseminati un po’ ovunque intorno allo stabilimento, i
ritratti esprimono bene non solo il concetto di memoria, ma anche di dimenticanza
che inevitabilmente il passato si porta dentro, grazie a un particolare
accorgimento tecnico. Ogni testa, infatti, collocata all’aperto sulla parte
estrema di una cappa da cucina Elica e sottoposta quindi agli agenti
atmosferici, una volta irrorata dalla pioggia, incanalata da un tubo sospeso
sopra di essa ma agganciato con dei tiranti alla struttura ospitante, subirà la
progressiva consunzione dei tratti del volto fino alla loro sparizione e totale
oblio.
“
La memoria è di diversi tipi”, ha spiegato Arena in merito alla
natura del proprio progetto. “
Ne esiste una personale, quella che ognuno di
noi si porta dietro dall’infanzia. C’è una memoria storica, il racconto corale
dei grandi avvenimenti. C’è infine la memoria condivisa, che è legata alla
memoria storica”.
Con questo leitmotiv l’artista ha dunque condotto la serie di incontri
formativi, arrivando a definire, tramite un lento processo di costruzione e poi
di distruzione, l’identità del luogo. Naturale e industriale insieme.