La mostra SALVE presso il Museo Civico Luigi Varoli a Cotignola (RA), rappresenta per Christian Holstad (1972, California) la prima personale in Emilia Romagna, nell’entroterra romagnolo a lui ormai caro. L’esposizione si sviluppa in due spazi differenti e due atti di presentazione hanno scandito il processo di allestimento. Nonostante i due momenti temporali distinti – il primo atto A flutter of butterflies atop debris to reach our gentle heights inaugurato il 9 marzo e il secondo lo scorso 12 aprile dal titolo HELLO – il percorso espositivo risulta fortemente coerente, offrendo una panoramica sulla ricerca passata, attuale, e plausibilmente futura, dell’artista. Lo stesso curatore Gioele Melandri specifica come i due atti abbiano segnato un omaggio e un dialogo con le tradizioni e la storia locale nel primo caso, e il riconoscimento dell’artista e del suo corposo lavoro di 30 anni, nel secondo.
Il coinvolgimento di Holstad da parte di Melandri avviene all’interno di un programma più ampio che quest’ultimo cura per il Museo Civico Luigi Varoli. Il programma prevede una mostra all’anno dedicata alla riattualizzazione del materiale prediletto da Varoli qual è la cartapesta, in ottica economica e paritaria, coinvolgendo artisti contemporanei che possono, o meno, già aver introdotto il materiale nella propria pratica artistica.
Holstad, in effetti, nei primi anni 2000, presso la Daniel Reich Gallery di New York presentò una serie di piccoli palloncini realizzati in cartapesta. Per tale affinità al materiale povero e per la sua assidua presenza sul territorio, l’artista risponde positivamente alla chiamata con la volontà di presentarsi alla comunità: da qui il titolo della mostra.
“Salve” è il saluto di rispetto con cui ci si rivolge agli anziani e l’artista, affascinato dal termine, ne sottolinea l’etimologia augurale nella sua forma originale di salvēre, augurare buona salute, così come in inglese salve indica una pomata curativa. Il saluto amichevole e accogliente, inteso a questo punto come catalizzatore della mostra, si materializza davanti agli occhi dell’artista su un pavimento alla veneziana che attraversa in casa di un amico del luogo. La scritta “salve” compare in diversi appartamenti storici nella forma di pavimentazione a imitazione del mosaico e l’artista la traduce in un piccolo mosaico installato a parete realizzato con gusci d’uovo, primo lavoro pensato per questa mostra.
Entrance (2023-2024) si fa portavoce della pratica peculiare di Holstad ovvero risemantizzare la materia. Lo scarto, infatti, costituisce un’attitudine necessaria all’artista per conferire valore altro a rifiuti e residui. Gli stessi elementi costitutivi dei suoi lavori sono veri e proprio oggetti abbandonati e insigniti di nuova forma e nuovi significati, in una formula estetica che assorbe le riflessioni concettuali. Il riutilizzo contro lo spreco dilagante e capitalista in ottica egualitaria fra tutta la materia – dalla cuticola dell’uovo alla foglia d’oro – è la narrazione perseguita attraverso una sua personale e visionaria legge del contrappasso.
Criticando velatamente la nostra società dei consumi, Holstad propone la gentilezza come atto di resistenza. Gentle parade (2023-2024) mostra tale possibile alternativa al consumo (di merci, di paesaggi..): da un carrello della spesa ritrovato deforme e ulteriormente increspato emergono farfalle in membrana testacea essiccata. Il carrello totem di una parata consumista si fa edulcorato, colorato, leggero e sollevato dall’arrivo delle farfalle, emblema di delicatezza e gentilezza. Per Herman Hesse le farfalle sono essenza di animali votati solo all’amore in un mirabile abito, ci ricorda il curatore, e queste, insieme ai palloncini sono leitmotiv dell’intera mostra.
I Balloons in cartapesta che si elevano sullo spazio e si raccolgono in un angolo della sala sono gli originali, quelli dei primi anni duemila, e di nuovi, in entrambi casi realizzati con fogli di giornale sui quali l’artista appunta il monito, “life is a gift”, e che in questo caso sovrastano i bidoni dei rifiuti in gres con cottura all’esterno, ritratto dell’umanità.
Il secondo atto ha inaugurato la sezione dedicata alla corposa produzione di Holstad che va avanti dalla fine degli anni 90. Una serie di lavori in carta di giornale come supporto per il disegno – utilizzando la foglia d’oro come materiale contrastante a quello più povero della carta – completa l’esposizione presso il Museo Varoli che si amplia in un secondo spazio, la Chiesa del Pio Suffragio, presente a pochi metri. In questa sede l’artista presenta una serie di sculture che riprendono il soggetto del carrello in multipli dalle sembianze di meduse in un mare governato dalle più grandi e note corporate, circondate da vasi modulari ammiccanti alla sfera del design.
Una recensione di Roberta Smith per il New York Times definì Holstad «a one-artist collective», fa notare Gioele Melandri e SALVE, in effetti, ci mostra approfonditamente il carattere poliedrico dell’artista che invita alla resistenza gentile.
La mostra sarà visitabile fino al 30 giugno.
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