27 settembre 2024

Città Foresta, i mondi fantastici di Italo Calvino per riscoprire Roma

di

Benedetta Carpi De Resmini ci racconta la terza edizione di Città Foresta – Le Cosmicomiche, il festival diffuso e all'insegna della creatività e della condivisione, che ha attraversato cinque quartieri di Roma

Maria Angeles Vila Tortosa_Città Foresta_2022_Courtesy Latitudo Art Projects © Marina Pietrocola

16 giornate di attività laboratoriali e artistiche, itineranti e partecipate, che da giugno a settembre hanno attraversato cinque quartieri di Roma – Corviale, Labaro, Trullo, Laurentino e Tufello – trasformando gli spazi pubblici in luoghi di creatività condivisa, dialogo e partecipazione attiva: parliamo di Città Foresta – Le Cosmicomiche, il festival diffuso, a cura di Latitudo Art Projects, volto a costruire una nuova narrazione ambientale e aumentare la consapevolezza sull’importanza delle aree verdi nelle comunità urbane, attraverso la collaborazione con artisti, artiste e associazioni.

Oggi, 27 settembre, dalle ore 18 alle ore 21, si svolgeranno, presso la Biblioteca Laurentina – Piazzale Elsa Morante, la mostra e il dibattito a chiusura della terza edizione del Festival, un viaggio tra arte e comunità attraverso l’immaginario fantastico di Italo Calvino, ispirato alle sue celebri Cosmicomiche, in cui il concetto di città si è rivelato centrale nel ridisegnare il rapporto tra spazio urbano e comunità. Un modo per riflettere sul tema della costruzione delle relazioni interosciali e della città sostenibile, con Andrea Cortellessa e Giuseppe Garrera. Per l’occasione abbiamo intervistato Benedetta Carpi De Resmini, curatrice del progetto.

Gaia Scaramella_Città Foresta_2024_ Courtesy Latitudo Art Projects © Paola Farfaglio

Qual è l’obiettivo principale di un Festival come Città Foresta?

«Il Festival Città Foresta ha come obiettivo principale quello di stimolare una riflessione partecipata sul rapporto tra natura, arte e spazio urbano, promuovendo una fruizione della città reticolare e rizomatica. Attraverso un’analisi del rizoma, che ha una struttura diffusiva e reticolare, anziché arborescente, il festival in questi tre anni ha cercato di valorizzare, nella varietà delle esperienze, nella eterogeneità del modo in cui produciamo le opere, negli infiniti modi in cui produciamo i nostri scambi, il punto di origine della creatività.  Gli artisti stessi sono esseri trans ed extraterritoriali, che vivono nella costante ibridazione. Questa condizione porosa produce una forza “comune” che rende tutti noi soggetti collettivi.

Attraverso una combinazione di diversi laboratori che offrono una visione trasversale su diverse tecniche e metodologie, il festival invita le comunità locali a ripensare e reinterpretare gli spazi urbani, valorizzandone l’unicità del singolo territorio e degli spazi verdi. In definitiva Città Foresta non è solo un festival artistico laboratoriale, ma un vero e proprio processo di rigenerazione urbana, che realizza con le diverse comunità, opere e interventi artistici che alcune volte vengono donati ai singoli territori.  Quest’anno, ad esempio, l’artista franco-lituana Ilona Miknevičiūtė, in residenza con noi con la piattaforma Magic Carpets, ha realizzato un giardino modulare, un’installazione che in occasione dell’evento finale verrà donata alle Biblioteche di Roma».

L’intero progetto ha preso forma a partire dall’immaginario calviniano, concentrandosi sul concetto di città. Puoi raccontarci qualcosa di più di questa suggestione e di come si è manifestata all’interno del festival?

«L’anno scorso ricorreva il centenario dalla nascita di Italo Calvino, uno scrittore che personalmente amo moltissimo e ritengo che i suoi romanzi siano davvero formativi. Se andiamo ad analizzare l’opera di Calvino può essere riletta come un vasto laboratorio di riflessione sulla città, la natura, l’uomo e il loro possibile equilibrio, invitando alla creatività e all’immaginazione e nel ripensare il nostro rapporto con l’ambiente che ci circonda. L’edizione del 2023 del festival si concentrava maggiormente sulla raccolta Le Cosmicomiche andando a fondere scienza e fantasia, i suoi racconti hanno creato un ponte tra la realtà scientifica e il nostro vivere quotidiano. Partendo da fatti scientifici e cosmologici – teorie sull’origine dell’universo, sulla formazione dei pianeti, sull’evoluzione biologica – Calvino costruisce una serie di narrazioni in cui questi dati oggettivi diventano lo sfondo per esplorare temi umani e universali come il tempo, l’amore, la solitudine, la memoria, e la percezione del cambiamento.

Uno dei temi centrali delle Cosmicomiche è proprio la relazione tra tempo cosmico e tempo umano. I protagonisti di queste storie, pur vivendo un tempo cosmico vivono esperienze e sentimenti che appartengono al quotidiano: l’attesa, la paura, la speranza, la gioia. Così abbiamo tradotto storie personali apparentemente insignificanti, dei singoli partecipanti, su scala immaginifica.

Mi riferisco ad esempio all’opera di quest’anno di John Cascone, Jacopo Natoli e Danilo Innocenti, in cui i buchi neri diventano un pozzo entro cui far confluire elementi della quotidianità che riportati ad una dimensione cosmica acquistano un’aura mitica e apocalittica. La fredda denominazione scientifica, di black hole si carica di senso per ciò che dice e ciò che non dice, per creare uno spazio che fa entrare lo spettatore in una dimensione sospesa e visionaria.

Nelle opere realizzate nei due anni di Festival, corrono in filigrana non solo i racconti delle Cosmicomiche ma anche altre opere dello scrittore, tutte che in qualche modo legate alla tematica multiforme della città. Il concetto di molteplicità che ricorre in Calvino potrebbe essere esteso al processo iniziato con Città Foresta che non si limita alla trasformazione fisica degli spazi, ma coinvolge anche la capacità di immaginare nuove forme di vita, nuove modalità di relazione tra le persone e l’ambiente urbano».

Quale pensi sia stato l’impatto che ha avuto il festival sulla comunità locale e sull’ambiente urbano?

«Città Foresta credo abbia avuto un impatto significativo sia sulle comunità locali, che sulla città in generale. Devo premettere che durante ciascuna edizione del festival sono stati somministrati dei questionari che ogni anno vengono rielaborati in modo da avere una prospettiva più amplia della ricaduta di ciascuna attività. L’approccio partecipativo adottato, ha favorito la coesione sociale, la riappropriazione creativa degli spazi pubblici, ma soprattutto quello che mi emoziona di più, è la creazione e la condivisione di nuovi spazi di immaginazione.

Gli artisti sono stati il motore creativo e con i partecipanti sono diventati, nel corso del festival, un unico essere dal respiro multiforme. Un’esperienza che cambia la visione, i modi di giocare e ricchissima di incontri. Si è resa evidente l’esigenza dell’altro e di immaginare un altrove. Ogni quartiere periferico della città è diventato per ciascuna tappa, luogo di mescolanza e co-creazione, una zona ibrida e al contempo unica e aperta all’inatteso.

Il filo conduttore certamente è stato il green e la valorizzazione delle singole aree verdi. Questo ha stimolato una maggiore consapevolezza ambientale tra i partecipanti, invitandoli a percepire la città non solo come un luogo da abitare, ma come un vero e proprio ecosistema da rispettare e rigenerare. Anche la merenda è stata occasione per far provare ai più piccoli le potenzialità dei cibi sani, soprattutto della frutta».

Durante l’ultima giornata del Festival, il dibattito con Andrea Cortellessa e Giuseppe Garrera esplorerà il concetto di città e comunità, sempre attraverso la lente di Calvino. In che modo queste riflessioni possono influenzare la percezione contemporanea degli spazi urbani e quale ruolo ritiene che l’arte partecipativa, come quella sviluppata durante il festival, possa avere nel costruire una città più sostenibile e coesa?

«Gli interventi di Andrea Cortellessa e Giuseppe Garrera rappresentano un momento chiave per riflettere sulla città come uno spazio che va oltre la sua fisicità, diventando un luogo simbolico costruito attraverso le storie, le interazioni e la memoria collettiva, seguendo l’immaginario di Italo Calvino. La rete delle Biblioteche di Roma da questo punto di vista è esemplare, avendo un sistema reticolare diffuso in ciascuna circoscrizione, ha un’offerta variegata di attività culturali, legate maggiormente al mondo letterario. Abbiamo pensato fosse fondamentale poter restituire in uno spazio come quello della Biblioteca, un momento di riflessione letteraria e non solo.  La città non è solo un agglomerato urbano, ma un sistema vivo, in costante evoluzione, modellato dalle esperienze e dalle narrazioni molteplici. Questo tipo di considerazioni possono cambiare profondamente la percezione contemporanea degli spazi urbani, non come luoghi da subire, ma piuttosto paesaggi dinamici da plasmare, campi espressivi dove si può agire.

L’arte partecipativa, gioca un ruolo centrale in questo processo. L’arte diventa un mezzo di azione che può generare nuove traiettorie e vie di fuga, per poi percorrere altri sentieri del rizoma e attivare nuovi processi. Le stesse opere co-create prendono altre forme e seguono altri sentieri. Ad esempio per la prima edizione di Città Foresta è stata realizzata un’opera con l’artista María Ángeles Vila Tortosa e i diversi partecipanti, che ora si trova esposta nella mostra Corpus Naturae al Mattatoio».

Ci puoi anticipare qualcosa sulla prossima edizione?

«Innanzitutto spero che riusciremo a vincere la prossima edizione dell’Estate Romana. Ma qualora riuscissimo a portare avanti questo progetto, vorremo fare un focus completamente al femminile, con un omaggio ad un’altra figura letteraria importante. Vorremmo ripensare la figura della donna non come genere ma come essere dell’accoglienza, un po’ come una grande Madre».

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