Vi ponete come osservatorio sull’arte italiana delle nuove generazioni, vi siete ispirati a qualche modello?
Il modello può essere messo vagamente in relazione con le fondazioni americane e inglesi in cui vengono proposti dei giovani artisti a dei collezionisti e a delle persone interessate.
Quale è il vostro target?
Avvicinare persone del mondo dell’economia e in particolare della finanza. Per ora abbiamo scelto come settore di intervento gli artisti italiani delle ultime generazioni, dalla fine degli anni ‘80 fino ad oggi, una scelta di campo ben precisa che riguarda appunto il fatto che gli artisti italiani contemporanei hanno relativamente ancora poca visibilità nel nostro paese, quindi anche una scelta per valorizzare il proprio patrimonio.
Cosa significa essere uno studio di consulenza rivolto ai nuovi collezionisti?
Il nostro progetto è quello di creare delle collezioni, cioè non semplicemente comprare delle opere d’arte, ma creare un insieme di opere d’arte che tra loro abbiano un senso e un filo conduttore. E’ questa la mission della fondazione: dare vita a nuove collezioni.
E’ interessante questa “vocazione pubblica” delle collezioni private. E’ solo una virtù o anche una necessità? Avete qualche rimprovero per le istituzioni?
Entrambe le cose. Nel senso che il collezionismo privato in Italia è ancora poco diffuso, o meglio, è ancora poco diffuso a livello pubblico, è un patrimonio ancora in parte nascosto e molti collezionisti comprano arte straniera e molto meno arte italiana, noi invece vogliamo puntare il dito su alcuni artisti molto giovani, proprio per creare questa proposta culturale di sostegno a delle generazioni che invece non hanno sostegno soprattutto in relazione a dei loro coetanei in altri paesi: inglesi, americani, tedeschi. Gli italiani sono penalizzati proprio perché nel nostro paese non esiste questo sistema di corporations e di aziende, musei e fondazioni che sostengono gli artisti.
Crede che in Italia il futuro dell’arte contemporanea sia riposto soprattutto a privati, gallerie e fondazioni? Come vede gli spazi pubblici?
In realtà non c’è una contrapposizione, il sistema dell’arte è un “sistema”. In altri paesi questo sistema esiste da venti, trenta quarant’anni. Ci sono una serie di soggetti che interagiscono tra loro per portare avanti e per promuovere l’arte più interessante.
Ma ad esempio in una città come Milano, gli artisti più interessanti si trovano poi nelle gallerie o comunque negli spazi privati…
Certo, ma proprio perché in Italia non esiste questo sistema. Noi siamo ancora molto indietro sul contemporaneo da questo punto di vista, abbiamo artisti molto attivi, ma ci manca il network, ci manca questo sistema. Adesso, seppure un po’ in ritardo, si sta creando. Ci sono nuovi musei, c’è la nuova associazione di direttori di musei, l’idea insomma è quella che gli sforzi dovrebbero essere tesi a creare in tempi brevi questo sistema, dove ci sono tutti: i musei, le gallerie, gli artisti, i critici, i collezionisti, le riviste ecc.
Come vede la tendenza di molte grandi società (estere soprattutto) che investono nel contemporaneo per costruirsi una immagine ed un profilo culturale?
E’ un fenomeno molto positivo direi. Da questo punto di vista il paese più simile all’Italia era la Spagna. Ma ora le grosse banche spagnole come la Caja de Pensiones a Madrid e Barcellona, non solo ha una collezione di artisti internazionali strepitosa, ma da poco tempo ha aperto a Barcellona, di fronte al museo d’arte catalana, uno spazio culturale gratuito dove c’è la collezione e una serie di mostre a livello internazionale. Non vedo nulla di simile in Italia, non c’è una sola banca in Italia che abbia una collezione forte di questo tipo, almeno di arte contemporanea.
Nelle collezioni private si tende spesso a privilegiare solo alcune delle forme del contemporaneo: ovvero tutte quelle esperienze che si possono immediatamente “vendere”, pittura, scultura fotografia. Eppure, il panorama nazionale è ricchissimo di forme diverse di sperimentazione, performance, installazioni e moltissimo video. Come crede sia possibile scambiare, vendere, quindi di fatto “conservare” queste esperienze nel mercato?
In realtà il panorama è effettivamente molto ricco, ma di fatto però gli artisti di qualità non sono tantissimi in Italia. Evidentemente la Fondazione Gustalla ha cercato di fare una selezione degli artisti che dalla fine degli anni ‘80 in poi hanno dato una buona resa a livello nazionale e internazionale. Diciamo che abbiamo tentato di scegliere i migliori. Abbiamo preso tutte opere bidimensionali perché di fatto questo è un ufficio. Penso che però sia una direzione verso cui andare, Poi c’è da dire che l’italiano è abituato al “quadro”, quando pensa all’arte pensa al quadro, probabilmente perché abbiamo un patrimonio antico molto importante.
Come si esce da questo automatismo?
Bisogna andare per gradi. Per fare arrivare le persone verso nuove forme, più complesse, magari più difficili da conservare, ma assolutamente interessantissime. Però forse per quelle particolari forme il luogo giusto è il museo e non la collezione privata.
E per finire ci fa qualche nome dei giovani artisti che sono entrati o entreranno nella vostra scuderia?
Ci sono molti ottimi artisti, diciamo che tra quelli che sto guardando ci sono ad esempio Paolo Chiasera, Micol Assael, Lara Favaretto. Per ora questa fondazione vuole documentare la fascia generazionale che abbiamo individuato, poi c’è ovviamente l’idea è quella di passare a raccogliere lavori di artisti italiani ancora più giovani.
riccardo conti
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Facile parlare.....
Ma avete visto che cosa chiedono per i giovani artisti??? non parliamo poi di quelli delle galleria più "in" .Oramai trovare qualcosa che costa meno di 2.500/3000 € è una impresa!!
E parlo di artisti alle primissime uscite in pubblico!
Mi chiedo: come fà un ragazzo giovane a comprare arte, a collezionare, a prendere il "vizio"???
Se non sono loro (gli artisti-galleristi) a venirci incontro prima o poi questo circo sparirà.....
1) Che tristezza, che squallore l'immagine dell'ufficio riunioni con appesi gabellone e toderi... Una volta erano i musei ad ammazzare l'arte, adesso gli uffici riunioni...
2) Non è buon segno che le banche investano in arte contemporanea. Era meglio la chiesa.
La unicredit ha una buona collezione, fatta un po' sulle riviste, ma buona.
Beh, quelli che scelgono l'opera in base al prezzo sono considerati collezionisti o mecenati con la voglia di fare l'affare?!?!?!
Fammi qualche nome di artisti e galleria che propongono opere a "buon mercato".
Troppo facile dire che ce ne sono....
fammi i nomi!!!!
Bè! pero dopo se costano troppo poco i giovani collezionisti pensano che non valgano e che non cresceranno mai di valore.
Di artisti economici in giro ce ne sono. Io per esempio vendo a mooltoo meno di quelle cifre, eheh :D